He-Man and the Masters of the Universe, la recensione

He-Man and the Masters of the Universe, la recensione

Di DocManhattan

C’è questo fenomeno noto e perverso per cui i fandom vogliono le novità, ma poi le odiano, grosso modo tutte. Perché qualunque cosa si discosti da quello che è stato, oggi filtrato dalle lenti rosa della nostalgia, viene percepita come un tradimento. E questo a prescindere da concetti fondamentali alla base di ogni produzione, come, tanto per iniziare, il target a cui quella nuova iterazione del franchise si rivolge. E così la pioggia di lamentele per She-Ra e le principesse guerriere, tre anni fa, da parte di fan dei Masters of the Universe quarantenni, per una serie destinata a un pubblico teen (e, col senno di poi, coraggiosa e scritta molto bene). E pioggia di critiche pure quando è saltato fuori il primo trailer della nuova e qui presente He-Man and the Masters of the Universe, un remake in CGI per degli spettatori ancora più giovani, i bambini di oggi. Sì, è la seconda serie sul brand dei Masters of the Universe e su He-Man che Mattel Television e Netflix tirano fuori nel giro di due mesi, ma questa non è Masters of the Universe: Revelation. Non è un “sequel spirituale” del vecchio cartoon Filmation dell’83, è una riscrittura totale della storia. Non per i vecchi fan oggi cresciuti, ma per i ragazzini che hanno guardato su Netflix, metti, Trollhunters di Guillermo Del Toro. E se a guardarla è anche un vecchio fan, magari con la prole che nel frattempo sta scoprendo i Masters? Beh, c’è caso che questa He-Man and the Masters of the Universe – una prima stagione di dieci episodi, sbarcata oggi su Netflix – piaccia pure a lui.

Basta lasciare da parte il paraocchi e l’astio di default per le novità. E guardare quello che scorre sullo schermo per quello che è, ricordando per chi è.

He-Man and the Masters of the Universe 2021 recensione

JUNGLE LIFE, I’M FAR AWAY FROM NOWHERE

Sì, He-Man è alla guida dei Dominatori dell’Universo, che devono sconfiggere Skeletor e i suoi sottoposti, che vogliono il potere, che viene dal Castello di Grayskull, che al mercato mio padre comprò. No, in realtà il Castello mio padre lo comprò alla Standa, ai tempi, ma non divaghiamo. Solo che questi non sono i Masters degli anni 80. Pur presentando i temi e molti dei nomi dell’incarnazione classica dei MOTU, questa nuova serie in CGI mescola le carte. Adam non ricorda da principio il suo passato da principe, non sa di essere il figlio di Re Randor, di provenire da Eternos, la capitale di Eternia; vive in una tribù di tigri parlanti, insieme a un’incarnazione femminile di Krass, ovvero del vecchio Ram Man. Teela è una giovane maga al servizio della strega Evelyn. Duncan è l’apprendista del malvagio Kronis. Cringer ha un passato oscuro e una mole già enorme e minacciosa, anche se gli hanno portato via gli artigli. I giovani, grazie alle loro armi imbevute del potere del Castello di Grayskull, diventeranno rispettivamente He-Man, Ram Ma’am, Sorceress, Man-At-Arms e Battle Cat, perché qui il potere e la trasformazione che garantisce non sono più una faccenda privata di Adam, ma vengono condivisi. Alla banda si unisce dopo un po’ anche Orko, che è un robot convinto di essere un trollan come il “Grande Orko”… e si fa chiamare Ork-O.

La storia, scritta per sette episodi su dieci da Bryan Q. Miller (Smallville, il fumetto di Batgirl), si prende il suo tempo per far evolvere i personaggi. Keldor appare sin dal primo episodio, ma ci vorrà il quarto per vederlo diventare Skeletor. La trasformazione di Kronis, Evelyn e R’Qazz in Trap Jaw, Evil-Lyn e Beast Man richiede ancora più tempo.

He-Man and the Masters of the Universe 2021 recensione

I CAVALIERI DELLO ZODIACO DI GRAYSKULL

Ma il tutto progredisce in modo armonioso e costante, rallentando solo negli episodi 7-9, scritti da altri sceneggiatori ma comunque funzionali a raccontare il passato di alcuni personaggi. Quanto a He-Man e i suoi, la scoperta del potere di Grayskull innesca la trasformazione non più di un singolo eroe, ma di un intero gruppo di personaggi, dicevamo, allo stesso modo in cui il potere del Caos trasformerà in seguito i lacchè di Skeletor. È la classica suddivisione di ruoli da squadra di eroi, così come classica è la struttura del cartoon, che segue il mix, da serie per ragazzi, di umorismo, crescita personale ed epicità. E funziona. In molte cose forse anche, pur tenendo conto del target diverso, della natura da remake e tutto il resto, meglio che in Revelation. Soprattutto dopo le prime due-tre puntate che He-Man and the Masters of the Universe impiega per carburare.

La confezione visiva – con la pre-produzione curata dalla House of Cool di Trollhunters, appunto, e la CGI dai taiwanesi di CGCG – è quella delle tante serie in CGI per ragazzi che affollano le piattaforme di streaming, con quello stesso livello medio senza acuti e con qualche scivolone, ma il character design è interessante. Fatto il callo con lo stile caricaturale dei personaggi, le soluzioni adottate per calare in questo contesto Battle Cat o Trap Jaw, Skeletor o Sorceress, o la Snake Mountain e tutto quel suo verde fluo che fa pure un po’ Slime Pit, sono molto azzeccate. Può far sorridere che gli eroi abbiano i loro colpi speciali, urlati su un campo di stelle come sfondo, come nei Cavalieri dello Zodiaco, ma qui ha tutto un senso. E infatti alla seienne di casa è piaciuto un casino, e ne era rimasta ipnotizzata sin dal trailer.

He-Man and the Masters of the Universe 2021 recensione

GENERAZIONI

Al quarantacinquenne che scrive, invece… beh, pure. Quando una serie per ragazzi piace anche a un pubblico adulto vuol dire, in linea di massima, che è scritta bene (la formuletta magica Disney e Pixar, sì). Qui succede lo stesso. Non sarà magari la fine del mondo, He-Man and the Masters of the Universe, ma diverte, scorre in modo piacevole, spingendoti a guardare una puntata dopo l’altra, grazie a una trama orizzontale consistente. Dote che a tanti altri prodotti televisivi, di ogni genere, ancora clamorosamente manca.

Per un vecchio fan la ciliegina sono le mille citazioni al lore dei MOTU. Dalle identità “da civili” dei servitori di Skeletor al background dello stesso faccia di teschio, la parentela con Adam ripresa dalla serie animata del 2002. Dagli Snake Men ai tanti nomi noti agli appassionati e ai nostalgici dei Masters (Wind Raider, Fright Zone, Battle Bones…) e ora assegnati a nuovi oggetti, creature, contesti. Quando ho visto com’erano riusciti a citare Panthor, pur non avendo Panthor, mi è partito un sorriso che non vi dico. Non si fosse capito, promossa, con una discreta dose di curiosità per una seconda stagione a cui il finale, qui, spalanca letteralmente le porte.

Se avete dei giovani mini-me per casa con cui guardarla, anche meglio. Ma se non ce li avete, e il vostro cuore batte ancora per i MOTU, potrebbe piacervi lo stesso: ché, accantonando un attimo la nostalgia, avercele avute delle storie così ai tempi dei cartoon Filmation.

Ricordate solo che non è una serie che è stata pensata per voi, e soprattutto che nessuno vuole “rovinarvi l’infanzia”. Davvero.

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