The French Dispatch: la recensione del nuovo film di Wes Anderson

The French Dispatch: la recensione del nuovo film di Wes Anderson

Di Andrea D'Addio

Muore l’eccentrico direttore della sede francese di un fantomatico giornale statunitense del XX secolo e così i suoi giornalisti decidono di dedicargli un numero speciale ripubblicando alcuni degli articoli più particolari apparsi sulla rivista. È un espediente narrativo per rivivere tre differenti storie (Il Capolavoro di cemento, Revisioni a un manifesto e La sala da pranzo privata del commissario di polizia), ognuna a suo modo davvero fuori dal comune e ricca di personaggi. Basta del resto scorrere il cast per rendersene conto: Benicio del Toro, Adrien Brody, Tilda Swinton, Léa Seydoux, Frances McDormand, Timothée Chalamet, Jeffrey Wright, Mathieu Amalric,, Bill Murray, Owen Wilson, Liev Schreiber, Edward Norton, Willem Dafoe, Saoirse Ronan, Elisabeth Moss e Jan e Anjelica Huston.

The French Dispatch è un film così denso che andrebbe visto almeno due volte per capirne tutti i sottotesti dei dialoghi, dei monologhi o visivi, non a caso prima del montaggio finale si parlava addirittura di dividerlo in parte 1 e 2 da far uscire separatamente. Il risultato finale è di 108 minuti, ma gira voce che ci sarà una director’s cut in futuro. Ciò non toglie che già così la pellicola risulti Wes Anderson all’ennesima potenza, iper studiato, una sorta di sublimazione di tutto ciò che si è già visto in passato nei suoi lavori. Se si ama visceralmente il suo cinema, questo probabilmente lo si amerà ancora di più. Vi è la sua capacità di unire colori e geometrie, costumi e recitazioni disincantate, come se tutto ciò che accade tocchi i suoi personaggi, ma mai oltre a un certo limite, mai in maniera completa.

Se da una parte Anderson ha parlato del suo film come di un omaggio al giornalismo, andandole a vedere nel dettaglio le tre storie raccontate spaziano, e sembrano strizzare l’occhio, al cinema stesso, dalla Nouvelle Vague alle trasposizioni sul grande schermo dei libri di Agatha Christie. Se stanno assieme è per la capacità di Anderson di creare un mondo a parte dove tutto è possibile, sia in termini visivi (con la fiction che diventa all’occorrenza cartone animato) che narrativi, tra improbabili coincidenze e giochi di parole degni delle ultime pagine della Settimana Enigmistica. Chi ha voglia di stimoli non potrebbe scegliere film più adatto.

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