Sognando a New York – In the Heights: La recensione del film di Jon M. Chu tratto dal musical di Lin-Manuel Miranda

Sognando a New York – In the Heights: La recensione del film di Jon M. Chu tratto dal musical di Lin-Manuel Miranda

Di Andrea Suatoni

Dopo una lunga attesa è in arrivo anche nei cinema italiani (domani 22 Luglio) Sognando a New York – In the Heights, libera interpretazione cinematografica dell’omonimo e amatissimo musical di Broadway di Lin-Manuel Miranda (che interviene anche nella pellicola in veste di produttore ed attore). La regia del film è curata da Jon M. Chu (Crazy and Rich), mentre fra i protagonisti troviamo Anthony Ramos (A Star is Born, Hamilton), Corey Hawkins (The Walking Dead, Kong: Skull Island), la cantante Leslie Grace, Melissa Barrera (Vida), Stephanie Beatriz (Brooklyn Nine-Nine), Dascha Polanco (Orange is the New Black) e Jimmy Smits (Star Wars).

WASHINGTON HEIGHTS

Come nel musical originale, la storia è ambientata nel quartiere di Washington Heights a New York, una zona di Manhattan che negli ultimi decenni si è distinta per la forte concentrazione di popolazione latina (principalmente dominicana). Negli anni ’80 Washington Heights venne funestata da un’ondata di criminalità senza precedenti, che spinse le autorità ad intervenire in maniera massiccia; il quartiere fu teatro quindi di una evoluzione rapida e radicale, una gentrificazione che ebbe i suoi pro ed i suoi contro. Il musical di Broadway è ambientato proprio all’alba di tale iniziale cambiamento del quartiere, fra dubbi e perplessità dei protagonisti, mentre il film riporta al presente le stesse atmosfere e trasporta quindi i suoi protagonisti in una realtà già ben (ri)definita. I personaggi di Sognando a New York – In the Heights sono quindi parte di quel processo di gentrificazione ormai avvenuto: sia quelli più anziani, che ricordano i vecchi tempi e sono in grado di ricordarne le differenze, che i loro figli, cresciuti costantemente nel cambiamento, fino ai giovanissimi, la cui realtà attuale possono solamente “subire” ed accettare.

Questa lunga premessa è in realtà essenziale per comprendere al meglio il film di Chu e Miranda: se per gli spettatori americani questo piccolo tassello di storia ed il retaggio culturale che ne deriva fanno parte della cultura pop contemporanea, lo stesso non è per quelli italiani, che potrebbero vedersi catapultati in un mondo che sembra fantasioso e quasi sopra le righe, tanto è lontano dall’idea di New York che invece la nostra stessa cultura pop ci ha educati ad immaginare. Sognando a New York – In the Heights ci porta quindi alla scoperta di un lato del “sogno americano” per moltissimi di noi del tutto inedito, presentato fra coreografie e musiche appositamente studiate che ne rendono la rappresentazione totalmente vivida ed immersiva.

IL SUEÑITO

Raggiungere i propri sogni, cercando di dare il tutto per tutto: un tema carissimo al cinema, che abbiamo visto declinato ormai in tutte le salse. Eppure un tema che rimane costantemente affascinante, e la cui presa sul pubblico è innegabile: fin da subito in Sognando a New York – In the Heights ci ritroveremo ad empatizzare con Usnavi, giovane proprietario di un negozio che sogna di tornare nel proprio paese (la Repubblica Dominicana), con Vanessa, che spera di riuscire a sfondare come fashion designer, o con Sonny, che vorrebbe semplicemente riuscire a continuare gli studi (ma gli esempi potrebbero continuare).

Piccolo o grande che sia, ognuno a Washington Heights ha un sogno da realizzare, ma il grande senso di comunità degli abitanti del quartiere trasforma le ambizioni individuali in “battaglie” collettive: tutti sono pronti a battersi non solo per i propri sogni, ma anche (e a volte, anche di più) per aiutare le persone a cui vogliono bene a raggiungere i propri. Non c’è una vera e propria morale di fondo nel film e le tematiche sono affrontate in maniera per nulla didascalica: tutto è perfettamente naturale, costruito solo per riflettere i caratteri di una comunità coesa e solidale.

 

MUSICHE E ATTUALITA’

Il film è composto di continue canzoni e coreografie dall’inizio alla fine: sono davvero rarissime le scene “parlate” che uniscono le varie sequenze, spesso naturalmente unite fra uno “show” e l’altro da un semplice cambio d’inquadratura o di ambientazione. Purtroppo per i meno ferrati nell’inglese, i testi delle canzoni non sono tradotti e vanno letti nei sottotitoli, che potrebbero finire per distogliere l’attenzione dalle movimentatissime scene d’ensemble; ma si tratta di un rovescio della medaglia sicuramente affrontabile ed anzi necessario, che salvaguarda l’originalità dell’opera e di rimando anche la cultura che ne è alla base.
Alcune delle canzoni del musical di Broadway (comprese anche alcune delle più amate, come Inùtil o Sunrise) non trovano spazio nel prodotto cinematografico, legato come accennato sopra agli stessi temi ma affrontati in un’epoca diversa.

Incindentalmente il film si scontra anche, pur non accennando minimamente ad essa, con la attuale emergenza sanitaria mondiale. Terminato a livello produttivo appena prima dell’inizio della pandemia, e rimandata la sua uscita fino ad ora proprio a causa della stessa, il film finisce per essere (come ammesso anche da molti dei membri del cast in svariate interviste) una parabola sulla speranza, un inno alla vita che nei tempi attuali sarà sicuramente sentito come ancor più caldo e rassicurante: dalle elaborate coreografie piene di persone nelle strade ad un’abbondanza di colori al neon raramente vista altrove, Sognando a New York – In the Heights “rischia”, senza nemmeno volerlo, di diventare uno dei maggiori e più sentiti esempi della rinascita del cinema post-covid.

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