Loki, dio dei reietti: la recensione dell’episodio 5

Loki, dio dei reietti: la recensione dell’episodio 5

Di Lorenzo Pedrazzi

Journey Into Mystery: così s’intitola il quinto episodio di Loki, e i lettori marvelliani riconosceranno subito la citazione. Journey Into Mystery è infatti il titolo della storica rivista antologica che ospitò gli esordi di Thor e Loki nell’universo Marvel, pubblicata dal 1952 al 2013. Un riferimento quantomai adatto, non solo perché rievoca le radici dei personaggi, ma anche perché l’episodio stesso è proprio un “viaggio nel mistero”, e prepara il terreno per il gran finale della prossima settimana.

Oltre il Vuoto

Che Loki non fosse morto, lo avevamo già scoperto nella scena mid-credits della scorsa puntata. Ora, però, grazie alle rivelazioni che Sylvie estorce a Ravonna, emergono maggiori dettagli: siccome non è possibile eliminare una Variante in modo completo, esse vengono spedite nel Vuoto, una dimensione ai limiti del tempo. È proprio qui che si risveglia il Dio dell’Inganno. Purtroppo, il Vuoto è funestato da Alioth, una gigantesca nube viola senziente, intenta a consumare tutto ciò che incontra. Il nostro (anti)eroe viene però salvato da quattro Varianti: Classic Loki, Kid Loki, Boastful Loki e l’adorabile Alligator Loki. Non sono una novità, ma vederli interagire è una delizia. Lo sceneggiatore Tom Kauffman li caratterizza decentemente con poche battute, e Richard E. Grant ha l’aria di divertirsi un mondo: tra monologhi sentenziosi e “gloriose” esclamazioni, ricorda proprio il Loki originale, non solo per il costume.

È una puntata ricchissima, dove persino le inquadrature di raccordo brulicano di easter egg. Molte sono strizzatine d’occhio che faranno sorridere i fan (come Throg e il Thanos-cottero), mentre altri potrebbero avere ripercussioni più ampie sul Marvel Cinematic Universe. La situazione diventa ancora più surreale quando il rifugio dei Loki viene invaso da altre Varianti, compreso il Loki candidato presidenziale. Le conseguenze sono davvero spassose, perché un Loki è pur sempre un Loki: cercherà sempre di pugnalare alle spalle gli alleati, facendo il triplo gioco e reclamando tutto per sé. Era chiaro fin dall’inizio che la serie sarebbe stata una lunga seduta psicanalitica del Dio dell’Inganno, e vedere il proprio comportamento proiettato negli altri consente a Loki di diventare più autoconsapevole.

Il fratellastro di Thor vede il disincanto della sua versione più anziana («Loki è il dio dei reietti!» esclama quest’ultimo), ma nel rapporto con Sylvie – giunta nel Vuoto dopo essersi auto-falciata – trova finalmente uno spirito affine. D’altra parte, la solitudine è sempre stata al centro delle sue scorribande nel MCU: è il desiderio di essere notato, amato, anche a costo di soggiogare il prossimo per ottenerlo. Journey Into Mystery segna la fine del suo isolamento esistenziale, anche per merito dell’amicizia ormai fraterna con Mobius. Anche lui è nel Vuoto, ma torna alla sede della Time Variance Authority per distruggerla: il toccante abbraccio finale è il culmine di una bromance conflittuale ma affettuosa.

Loki

Dentro il mistero

L’operazione di scavo e recupero nella storia dei fumetti Marvel non si limita agli easter egg, ma è evidente anche nella scelta di Alioth, entità creata da Mark Gruenwald e Mike Gustovich su Avengers: The Terminatrix Objective #1. Il “mistero” che si cela dietro la sua nube rende ancora più intrigante il prossimo episodio, e molti indizi puntano effettivamente verso Kang il Conquistatore. Certo, l’esperienza con Mefisto è ancora molto fresca, quindi è meglio non caricare troppo le proprie aspettative. Talvolta i colpi di scena reali sono meno soddisfacenti di quelli partoriti dalla fantasia dei fan.

Comunque, Journey Into Mystery è senza dubbio l’episodio più ricco e divertente tra quelli visti finora. Deve moltissimo all’ambientazione e ai personaggi di contorno, ma non sarebbe altrettanto efficace senza la crescita personale di Loki. Tom Hiddleston è bravo come al solito, ma ormai gli viene naturale: il Dio degli Inganni fa parte di lui, si vede in ogni sua reazione sarcastica o emotiva.

Si sentono le influenze di Rick and Morty e Doctor Who, con i loro parossismi spazio-temporali e i personaggi variopinti, ma Loki trova anche una sua personalità: merito del protagonista e del contesto più ampio in cui si svolgono le sue avventure. Una serie che, come al solito, non ha paura di cambiare forma, e in questo riflette l’identità fluida del Dio degli Inganni.

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