Perché La notte del giudizio riflette il mondo in cui viviamo

Perché La notte del giudizio riflette il mondo in cui viviamo

Di Marco Triolo

Nel panorama del cinema di genere americano, la saga de La notte del giudizio, alias The Purge, è una sorta di anomalia. Una saga che è cominciata nei confini dell’horror, e del sottogenere home invasion, per altro, e si è evoluta verso l’action-thriller mantenendo una sua coerenza. Ciò è dovuto al fatto che tutti i capitoli sono stati scritti dalla stessa persona, James DeMonaco, che ha anche diretto i primi tre e creato la serie TV The Purge, con cui ha approfondito l’universo narrativo della saga cinematografica.

Si tratta, insomma, di una saga d’autore, con cui DeMonaco ha voluto esprimere un chiaro giudizio sull’America di oggi – come sempre, quando parliamo di narrativa distopica, il focus non è il futuro, ma il nostro presente – e sulle derive che la violenza che la pervade può avere. Il discorso può essere esteso un po’ a tutto il mondo, nonostante alcuni tratti siano tipicamente americani (la diffusione delle armi tra la gente comune, ad esempio).

In attesa dell’uscita de La notte del giudizio: Per sempre, ultimo capitolo della saga diretto da Everardo Gout in uscita l’8 luglio per Universal, scopriamo perché quella di The Purge è una saga che parla del mondo in cui viviamo.

Innanzitutto, The Purge prende spunto da un collasso economico, avvenuto nel 2014 secondo la timeline della serie (iniziata con La notte del giudizio nel 2013). La crisi porta all’elezione dei cosiddetti Nuovi Padri Fondatori, un partito politico che stabilisce un nuovo emendamento alla costituzione americana, il 28°, con cui viene instaurata la Notte dello Sfogo. Dodici ore, dalle 19:00 del 21 marzo alle 7:00 del 22, durante le quali ogni crimine è legalizzato e i servizi di soccorso e polizia sono sospesi. Un “piccolo” prezzo da pagare per una società apparentemente ideale: la criminalità e la disoccupazione crollano ai minimi storici e l’economia galoppa. Ma ne vale la pena? Come si può tornare a vivere normalmente quando le persone che ci circondano, i nostri vicini, domani potrebbero ucciderci in maniera sadica?

Una questione che riflette la situazione americana di oggi, specialmente dopo l’era Trump. Chiaro, nel 2013, in piena presidenza Obama, DeMonaco non poteva prevedere quanto gli Stati Uniti sarebbero stati divisi oggi. Ma lo ha immaginato, e bisogna dargliene atto. Dopo la presidenza più discussa e criticata della storia, in USA è sempre più difficile la convivenza tra Repubblicani e Democratici. La destra si è estremizzata per allinearsi con il controverso ex Comandante in Capo, e l’assalto al Campidoglio dello scorso gennaio pareva uscire direttamente dalla pagina di un copione scritto da DeMonaco. E invece era reale.

Lo stesso DeMonaco, intervistato da ComicBook.com, ha parlato di questa bizzarra coincidenza. Rivelando di aver ricevuto telefonate di amici e colleghi, come Joe Carnahan, che gli chiedevano come avesse fatto a prevedere tutto questo. Lo stesso pubblico della prima proiezione test del film, avvenuta, come spiega il regista, circa un paio di mesi dopo l’assalto del 6 gennaio, credeva che il film fosse una risposta a quegli eventi:

Non posso avercela con loro per questo. Pensavano che avessimo girato il film dopo il 6 gennaio. Davano per scontato che lo avessimo basato su quanto era successo. E io: “No, no, lo abbiamo girato un anno e mezzo fa”. Parte di me si rattrista molto per il fatto che il nostro paese rispecchia ciò che ho scritto in questi film cupi e nichilisti. Mi piacerebbe poter dire che sono fantascienza totalmente ridicola. Preferirei dire così piuttosto che ammettere la loro rilevanza e natura preveggente. Vorrei non fosse vero, ma credo non si possa negare che questo è il mondo in cui viviamo ora. È un’epoca di discordia.

In questo clima tesissimo, la diffidenza verso il vicino permea la società a livelli mai visti. La paranoia è all’ordine del giorno, fomentata dalle più bizzare teorie di complotto. Sembra di essere tornati negli anni ’70, con l’aggravante che le crisi economiche, sanitarie e climatiche ci stanno più che mai alle calcagna.

Ed è proprio questa paura per tutto ciò che non rientra nella nostra visione del mondo, nel nostro orticello recintato, siano essi migranti, ricchi, avversari politici, a dare fiato ai nuovi estremismi. La tendenza alla chiusura, il bisogno di leader populisti che ci rassicurino sul futuro e sul mantenimento del nostro stile di vita e dei nostri privilegi, è ben al centro della saga di DeMonaco. È ciò che conduce all’elezione dei Nuovi Padri Fondatori, che altro non sono se non tutti quei politici che proclamano la loro intenzione di far tornare il proprio paese ai fasti di un tempo, mal celando il vero scopo, ovvero trovare nel diverso un facile capro espiatorio per ottenere i favori degli elettori. La fasulla retorica patriottica e nazionalista che nasconde ragioni ben più grette e personali.

Succede anche in La notte del giudizio, dove lo Sfogo è, sulla carta, un pegno da pagare per ottenere un mondo ideale. Una valvola di sfogo, appunto, per far sì che i cittadini siano poi tranquilli e appagati per il resto dell’anno. Nella realtà, come viene spiegato nella saga, lo Sfogo è un mezzo per controllare la popolazione e sbarazzarsi degli “indesiderati”, le classi meno abbienti, che spesso coincidono con le minoranze etniche. I Nuovi Padri Fondatori sono i nuovi suprematisti bianchi che, se potessero, eliminerebbero tutti i non bianchi dalle strade.

Ma l’utopia ottenuta con il sangue non può mai essere davvero un’utopia. Un’utopia in cui per sopravvivere si devono costruire muri e barriere – per tenere fuori gli altri e vivere in un falso senso di sicurezza artificiale – non può durare. Perché nega la complessità del mondo e vuole controllarla semplicemente cancellandola.

Eppure la beffa de La notte del giudizio è che la strategia funziona. L’economia va a gonfie vele, i cittadini si fanno poche domande e passano i restanti 364 giorni probabilmente bingiando qualcosa su Netflix e proseguendo con le proprie vite, con i propri lavori dalle 9 alle 5, senza chiedersi quale sia il prezzo. Ed è così anche nelle nostre vite: non ci chiediamo mai, e non ci siamo mai chiesti, quali siano le conseguenze del nostro stile di vita, l’impatto sul resto del mondo. Altrimenti non saremmo arrivati dove siamo, in questo mondo in cui tutto è a portata eppure le nuove destre xenofobe stanno guadagnando terreno, e in cui un’apocalisse climatica incombe ogni giorno di più.

Sono pensieri inquietanti che DeMonaco ha colto benissimo, riuscendo per fortuna a incanalarli in una saga che, per il resto, punta sull’intrattenimento, sulla suspense e l’azione, riuscendo così a divertirci anziché deprimerci. Ma l’urgenza del messaggio si annida al di sotto della superficie e lì resta, a tormentare i nostri sonni.

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