Jupiter’s Legacy: chi sono i nuovi super-eroi di Netflix (e perché siete già fan del Millarworld, anche se non lo sapete)

Jupiter’s Legacy: chi sono i nuovi super-eroi di Netflix (e perché siete già fan del Millarworld, anche se non lo sapete)

Di DocManhattan

Giusto ieri, Netflix ha mostrato in un trailer cosa c’è da aspettarsi da Jupiter’s Legacy: e cioè super-vecchietti arzillissimi e nostalgici arrivati al passaggio di testimone con un’altra generazione. Il che significa a sua volta, pare, super-giovani in crisi, auto sportive lanciate in giro, cazzotti al rallentatore (anche a un tizio con un’armatura come quelle di Iron Man prima della verniciata) e il concetto che, nonostante il titolo, nessuna tradizione, nessuna “legacy” dura per sempre. E fin qui.

Ora, che Jupiter’s Legacy sia tratto da un fumetto di super-eroi è cosa nota, e che l’autore di quel fumetto sia il Mark Millar di Kick-Ass e Kingsman altrettanto – a scanso di equivoci, lo ricorda un cartello a tutto schermo nel trailer – ma magari non tutti sanno quanta importanza questo cinquantenne scozzese abbia avuto e continui ad avere nel mondo del fumetto. E nel modo in cui guardiamo oggi ai super-eroi.

jupiter's Legacy Mark Millar Millarworld Netflix wanted kick-ass

WE ARE SPIRITS IN THE MILLARWORLD 

Facciamo un passo indietro. Il 7 agosto del 2017, Netflix annuncia di aver acquisito il brand Millarworld. “Cos’è il Millarworld?”, si chiedono tanti, e la risposta è un’etichetta editoriale creata da Mark Millar nel 2004, per fungere da contenitore alle sue serie creator-owned. Cioè fumetti dei quali sono gli autori, e non le diverse case editrici che li pubblicano, a detenere i diritti. Nei diciassette anni seguenti, Millarworld diventa nota non solo per i ritardi a volte abissali tra un’uscita e l’altra di quelli che avrebbero dovuto essere teoricamente degli albi mensili, ma anche e soprattutto perché da quella fucina di idee saltano fuori fumetti destinati al travaso sul grande schermo e alla popolarità di massa, anche al di fuori del giro delle fumetterie.

La seconda serie del Millarworld, Wanted (disegnata da J.G. Jones e pubblicata da Top Cow nel 2004) diventa quattro anni dopo il film omonimo con Angelina Jolie, James McAvoy e Morgan Freeman, e tra una cosa e l’altra porta a casa alla fine incassi pari a cinque volte il suo budget. Il fumetto successivo del Millarworld, Kick-Ass (disegni di John Romita Jr, pubblicato dalla Marvel nella linea Icon) dà vita a due film estremamente popolari che conoscete tutti, Kick-Ass e Kick-Ass 2.

Comunque briciole in confronto ai soldi che fa Kingsman: Secret Service nel 2015, tratto dal fumetto del Millarworld dallo stesso titolo (lanciato nel 2012, con ai disegni il Dave Gibbons di Watchmen) e primo capitolo di un franchise arrivato già a contare quattro pellicole. Serve spiegare perché Netflix si sia interessata a questa macchina sforna-IP già pronte per lo schermo – piccolo, grande, medio, whatever – e stampadollari? No, immagino di no.

Ma Millar esisteva già prima di diventare ricco con il Millarworld, e per i lettori di fumetti USA era già un idolo da tempo.

Kingsman_-_Il_cerchio_d'oro

I NUOVI MOSTRI SACRI

Se chiedi a chi non legge fumetti di farti un paio di nomi di sceneggiatori che hanno rivoluzionato il fumetto statunitense, facile ti vengano snocciolati quelli di grandi mostri sacri come Stan Lee, Alan Moore, Frank Miller (quando era ancora Frank Miller) e al limite Robert Kirkman. Tutto giusto. Ma chi i fumetti li legge o li ha letti per anni è facile che a quei nomi ne affianchi anche altri, citando i vari Grant Morrison, Kurt Busiek, Jeff Lemire, etc.

E Mark Millar.

Mark Millar è essenzialmente l’uomo a cui si devono tanti aspetti del super-eroe moderno, tanti volti e spigoli dell’MCU, e in particolare uno – non saprei come altro dirlo, perciò vado dritto al punto – svecchiamento di tante logiche narrative che nel fumetto USA di supertizi cominciavano a diventare negli anni 90 molto, molto, molto asfittiche. Tutto ciò che non s’incanalava in una dorata nostalgia che, dannazione, funziona sempre (le meraviglie, di ogni tipo, di Busiek), rischiava di aderire ai soliti topoi triti, ritriti e ripassati al minipimer. Con Millar, no. Neanche per idea.

jupiter's Legacy Mark Millar Millarworld Netflix 3

CAMBIARE GLI EROI (ANCHE CAMBIANDO FACCIA A NICK FURY)

È stata la generazione dei Morrison e dei Millar a cambiare marcia, come i Moore e i Miller avevano fatto dieci anni prima. Non è un caso che Mark Millar si sia messo in testa di fare il fumettista dopo un’intervista da ragazzo a Grant Morrison, e che da lì in poi non si sia più fermato. Dopo essersi fatto le ossa nel mercato inglese, scrivendo tra le altre cose anche dei fumetti di Sonic the Hedhehog, Millar va a lavorare negli USA per la DC Comics, scrivendo dei numeri di Swamp Thing insieme a Morrison. Una serie resa grande proprio dal genio di Alan Moore. Un caso? No, ovviamente no.

Nel 2000, Millar prende le redini di una rivoluzionaria serie creata da Warren Ellis, The Authority, e la trasforma nella sua visione di quello che dovrebbe essere un team di super-eroi nel nuovo millennio. Una visione talmente tanto senza peli sulla lingua, che quei peli arriva a metterceli l’editore, la DC Comics, censurando ed editando tutta una serie di scelte di Millar, compresa la presenza in una scena dell’allora presidente George W. Bush.

Dopo aver scritto l’ottimo Superman: Red Son, Millar lascia la DC e passa alla Marvel, dove si dedica al neonato universo alternativo, giovane e fresco, della Casa delle Idee, l’Universo Ultimate. È lì che con Bryan Hitch dà vita nel 2002 agli Ultimates, la versione estrema degli Avengers. Tosti, determinati, scalciaculi come pochi, e visto che si poteva, perché quelli non erano d’altronde i veri Avengers, anche stronzi. Pure tanto stronzi, a partire da un Capitan America che non conosce la resa, non esita a prendere tutti a calci in faccia e non conosce la resa, perché quella A cucita sulla sua fronte non “sta mica per Francia”.

Sono gli Ultimates a ispirare per tanti versi gli Avengers del grande schermo dieci anni dopo. A cominciare dal fatto che se Nick Fury è passato dall’essere un tizio caucasico con i capelli brizzolati a Samuel L. Jackson è proprio perché nel loro remake a fumetti degli Avengers classici è così che lo immaginano Millar e Hitch.

Succede e succederà di tutto, negli Ultimates, e quel carattere così edgy, tagliente dei personaggi tracimerà anche nell’universo Marvel tradizionale.

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JUPITER’S LEGACY

E arriviamo a Jupiter’s Legacy, una delle tante IP del Millarworld che Netflix ha messo in cantiere per un salto sulla sua piattaforma, sotto forma di film, serie o serie animata (è il caso di Supercrooks). Pubblicata da Image Comics a partire dal 2013, Jupiter’s Legacy segue appunto varie generazioni di super-eroi, spostandosi avanti e indietro nel tempo, dagli anni Trenta a oggi. Al di là dei summenzionati ritardi accumulati tra le uscite, la serie, disegnata da Frank Quitely, è un mix di mitologia, grandi poteri, grandissime responsabilità e temi che a Millar sono sempre interessati, come le diverse reazioni di differenti generazioni di americani alle condizioni economiche del loro paese, dalla Grande Recessione in poi.

I super-eroi della Golden Age dei comics, cioè quelli nati tra gli anni 30 e 50, non rappresentano del resto la moderna mitologia di un paese con poca storia come gli USA?, si chiede Millar. E come incarnano gli ideali e il sogno di un popolo che ama seguire simboli e bandiere? E che peso mostruoso può mai avere, soprattutto, essere tipo il figlio di Superman, e destinato a prendere il suo posto? Temi che saranno evidentemente centrali per la famiglia Sampson del canuto Utopian e tutti gli altri nello show di Jupiter’s Legacy. I primi otto episodi arrivano su Netflix il 7 maggio: fate un nodo al fazzoletto del nonno super-eroe.

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