La censura cinematografica in Italia è stata abolita con un decreto molto atteso del ministro della cultura Dario Franceschini. Dopo la firma del decreto, Franceschini ha dichiarato che è stato “definitivamente superato quel sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti”.
Il decreto istituisce inoltre la Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche presso la Direzione Generale Cinema del Ministero della Cultura. La commissione avrà il compito di verificare la corretta classificazione delle opere cinematografiche “proposta dagli operatori nel settore cinematografico”, come spiega all’Ansa Nicola Borrelli, direttore della Direzione generale Cinema e Audiovisivo. Ovvero, d’ora in poi ci sarà “una sorta di autoregolamentazione” da parte di produttori e distributori. Saranno loro stessi “ad autoclassificare l’opera cinematografica”, mentre la commissione avrà “il compito di validare la congruità”. Naturalmente questo varrà per i film distribuiti in sala, mentre per le opere in streaming vige ancora il parental control.
La commissione sarà composta da 49 membri incluso il presidente, e resterà in carica tre anni. Vedrà al suo interno sociologi, pedagogisti, psicologi, studiosi, esperti di cinema educatori, magistrati, avvocati, rappresentanti delle associazioni di genitori e ambientalisti. Alla presidenza è stato nominato il Presidente emerito del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno.
I vecchi divieti ai minori di 14 e 18 anni restano, ma saranno integrati in un nuovo sistema. Al centro dell’attenzione ci sono la protezione dell’infanzia e la tutela dei minori. Ecco dunque le nuove classificazioni:
La censura cinematografica in Italia ha una storia lunga. Fu istituita per la prima volta con il Regio Decreto n. 532 del 31 maggio 1914. Da allora non hanno ricevuto il nullaosta 274 film italiani, 130 film americani e 321 da altri paesi su 34.433 opere sottoposte a censura. Un terzo del totale, 10.092 film, è stato invece ammesso dopo modifiche. Tra i casi più eclatanti, quello di Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, condannato alla distruzione (ma salvato dalla Cineteca Nazionale, che ne conservò delle copie), e quello di Totò che visse due volte di Ciprì e Maresco.