Il film di Gundam: la seconda (ma in realtà terza, e pure quarta) sortita live action del Mobile Suit Bianco

Il film di Gundam: la seconda (ma in realtà terza, e pure quarta) sortita live action del Mobile Suit Bianco

Di DocManhattan

La storia la scrivono i vincitori, e poco importa come abbiano vinto. Se l’abbiano fatto subito, o se quel trionfo l’abbiano afferrato solo in due o tre tempi, come un portiere dai guanti viscidi. La saga di Gundam è un variopinto multiverso che avanti da quarantadue anni e che ha generato in questi decenni decine di produzioni animate (serie televisive, OAV, film per il grande schermo), miliardi di telaietti di plastica dei modelli da assemblare noti come gunpla e varie altre amenità, tra cui due diversi modelli a dimensioni naturali che si sono alternati davanti a un centro commerciale di Odaiba, Tokyo, e ora pure un gigantesco robot in grado di muoversi a Yokohama.

E tutto ha avuto inizio da quello che aveva tutta l’aria di essere un flop, l’ennesimo nella carriera di un uomo chiamato Yoshiyuki Tomino.

Ho avuto il piacere di intervistare Tomino, qualche anno fa. Non ha provato neanche lontanamente a sfatare la fama che lo precedeva, quella di un autore dissacrante, dallo sguardo severo. Uno che se gli chiedi dell’importanza di Gundam, questa icona pop nota in tutto il pianeta, ti risponde che Gundam alla fine non conta niente. Che i suoi lavori più importanti sono altri. Come quel cavolo di Toriton.

GUNDAM, UN FLOP DI SUCCESSO

Quando Kidō Senshi Gandamu (“il fante mobile Gundam”), serie poi universalmente conosciuta con il titolo internazionale Mobile Suit Gundam, va in onda per la prima volta in Giappone, è la primavera del ’79. Il 7 aprile, se vogliamo essere precisi. Gli ascolti sono bassi, così come lo erano stati quelle delle due serie robotiche precedenti dirette da Tomino per la Sunrise, Zambot 3 e Daitarn 3. Messi da parte il super robot della luna e quello dell’attacco solare, Tomino e il resto dello staff si erano concentrati su una serie decisamente più ambiziosa, quello che verrà ricordato come il primo passo nel sottogenere dei Real Robot. Niente più mostro della settimana, ma una guerra con personaggi positivi anche tra i nemici e i robot (mobile suit) trasformati in macchine da battaglia. Pezzi di ferro che potevano essere sostituiti, danneggiati, decapitati. E che gettavano via il fucile una volta rimasti senza munizioni. Un milione di chilometri lontano dal Mazinga Z triste per la morte di Minerva X o dalle faccine del Daitarn.

È una serie meravigliosa sin da subito, Gundam. L’avventura di Amuro (da noi Peter) Rei mescola temi fantascientifici intriganti come le colonie orbitanti, bambini guerrieri, genitori assenti, figure eroiche e carismatiche, villain nazisti odiosissimi, buoni da prendere a schiaffi (come il protagonista, spesso e volentieri). Ma in patria non viene capita. Non subito, almeno.

I dati deludenti spingono gli sponsor a chiedere una chiusura anticipata, e alla fine ne vengono realizzati solo 43 episodi. A trasformare Gundam in un fenomeno sono i modellini. I gunpla non solo raccolgono l’interesse dei modellisti di aerei e navi, ma si creano di fatto un nuovo mercato tra gli appassionati di fantascienza. Il fenomeno gunpla trascina in alto gli ascolti delle repliche televisive della serie animata, questo porta a tre film compilation per il cinema, e il successo di Gundam continua a crescere.

Serie dopo serie, dimensione dopo dimensione, linea temporale dopo linea temporale, ne nasce negli anni un affresco incasinatissimo, pieno di versioni alternative, nuove iterazioni, rivisitazioni e prequel amanti del retcon (come Origini) del primo Gundam. In mezzo a nuovi anime, videogiochi, manga e riviste di settore per gli appassionati, i gunpla diventano talmente tanto il motore e la ragione del tutto, che vengono create varie serie interamente incentrate su giovani modellisti e i loro combattimenti tra gunpla custom.

DA GUNDAM WING A G-SAVIOUR, IL TERRIBILE PRIMO FILM LIVE ACTION

E se in patria, grazie anche all’RX-78-2 (e poi al Gundam Unicorn) a dimensioni naturali di Odaiba, Gundam diventa un simbolo del “cool Japan”, degli anime come mezzo di colonizzazione dell’entertainment internazionale su cui il Giappone ha puntato tantissimo sin dagli anni Duemila – esattamente quanto Hello Kitty, Doraemon, Neon Genesis Evangelion e le guerriere Sailor, con cui Gundam troverà il modo di ibridarsi in un modo o nell’altro, in varie iniziative commerciali – succede che a un certo punto anche gli USA scoprono il robot bianco. Solo che succede tardi, molto tardi. Se da noi il primo Gundam si concede una fugace ma tempestiva apparizione sulle reti locali nel 1980, in una delle pochissime sortite della serie originale al di fuori del Giappone, perché una serie di Gundam venga trasmessa dalla TV USA bisogna aspettare Gundam Wing (1995), nel 2000. Mandato in onda su Cartoon Network, diventa però per tanti americani il portale d’ingresso verso questo mondo. Sono gli anni del boom di anime e manga Oltreoceano, e accanto a Ghost in the Shell, Akira e altri capisaldi di quell’invasione pacifica, ci sono i Mobile Suit con le ali di Wing.

Di ritorno, questo riporta Gundam anche in Italia a inizio anni Duemila. Wing e poi la serie originale, il vecchio e mai dimenticato Gundam. E i suoi robot di plastica – già assemblati e non – riempiono gli scaffali dei negozi di giocattoli nostrani.

Ah, sì, tutto questo porta anche a un orribile film live action, proprio in Nord America.

Non tutti lo conoscono, e chi non ne sapeva nulla è sostanzialmente fortunato, ma nel ’99, per celebrare il ventennale della saga, Sunrise collabora con la canadese Polestar Entertainment per realizzare un film live action di Gundam, parte di un ambizioso progetto multimediale. Nasce così il terrificante G-Saviour, con un Gundam in CGI e ambientato nell’Universal Century, cioè la linea temporale principale del Gundamverso (serie originale, Z Gundam, 0083, Unicorn, Thunderbolt, etc). Il budget è quello che è, visto che si tratta di un prodotto per la TV, la storia fa tenerezza, la prova degli attori è da recita scolastica. E la parola “Gundam” non solo non è presente nel titolo dell’opera, ma non viene mai menzionata in tutto il film.

IL CUGINO (ALLA LONTANISSIMA) DI CHAR AZNABLE E RPO

G-Saviour non è peraltro la prima volta in cui vediamo dei tizi in carne e ossa calati nel mondo di Gundam. Giusto due anni prima è uscito in Giappone su varie piattaforme (PC, Mac, PlayStation, Bandai Pippin) il videogioco Gundam 0079: The War for Earth, un’infilata di sequenze video interattive in cui c’è uno Char Aznable credibile quanto il più improvvisato dei cosplayer svogliati. Un mito comico, tra i fan della saga.

E poi sì, certo, c’è stato il Gundam di Ready Player One, piazzato nel film di Spielberg nella battagliona finale, al posto del robot Leopaldon dello Spider-Man giapponese. Il che ci porta alla notizia di qualche giorno fa sul film di Gundam prodotto da Legendary per Netflix, e diretto dal Jordan Vogt-Roberts di Kong: Skull Island.

La notizia, in realtà, sono l’annuncio del regista e dell’approdo del progetto su Netflix, perché che Legendary e Sunrise stessero collaborando per sfornare un film di Gundam lo sapevamo da almeno un paio d’anni. Lo sceneggiatore Brian K. Vaughan, da tempo associato al progetto, dovrebbe rimanere a bordo – pare – anche come produttore. Non c’è ancora un titolo, non c’è ancora una data d’uscita.

Quanto a Jordan Vogt-Robert, mira chiaramente a diventare il re – o il bersaglio di mille meme – del mondo nerd, visto che gli verrà affidato anche il film di Metal Gear Solid. con Oscar Isaac nei panni (e con la bandana) di Solid Snake.

Ma torniamo a Gundam. A questa cosa di un film di Gundam in mani americane. I giapponesi sono capaci di trarre bei film live action dai loro anime di successo? No, quasi mai. A meno che non si chiamino Miike. Gli yankee hanno saputo fare di meglio? Ghost in the Shell e – parere personale – Alita non sono degli esempi incoraggianti. Perciò non resta che fare quello che va fatto sempre in questi casi: posare torce e forconi, aspettare il risultato, giudicare quando (e se) il film sarà pronto. Con la pazienza di un newtype tranquillone e con tutte le dita di mani e piedi incrociate.

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