L’incipit di un film o di una serie tv ha spesso il compito di stabilirne il tono, e le prime inquadrature di The Falcon and the Winter Soldier sono quasi una dichiarazione programmatica. Siamo abituati a vedere soprattutto il lato eccezionale dei supereroi, ma i personaggi Marvel hanno sempre avuto un’umanità di fondo che li porta a confrontarsi con gli sviluppi storico-sociali del presente (il “mondo fuori dalla finestra” di cui parlava Stan Lee) e con la banale quotidianità che tutti noi conosciamo bene. Anche per questo, fa un certo effetto vedere Sam Wilson (Anthony Mackie) che si stira la camicia per partecipare a una cerimonia. Lo sceneggiatore Malcolm Spellman e la regista Kari Skogland impostano così un’atmosfera intimista, riportando i nostri eroi sulla Terra. Un posto molto diverso, ora che i membri fondatori degli Avengers sono morti, sono partiti o si sono ritirati.
The Falcon and the Winter Soldier sarebbe dovuta essere la prima serie dei Marvel Studios ad arrivare su Disney+, nonché il primo capitolo della Fase 4 ambientato dopo Endgame. L’emergenza Covid-19 ha stravolto i piani della Casa delle Idee, dando la precedenza all’ipnotico esperimento di WandaVision, con le sue argute soluzioni metanarrative e la focalizzazione sul lutto individuale. The Falcon and the Winter Soldier, dal canto suo, getta invece uno sguardo più ampio sul contesto globale. Sam è tornato a lavorare per l’aviazione, Bucky Barnes (Sebastian Stan) ha ottenuto la grazia in cambio di una costante sorveglianza psicoterapeutica: entrambi sono legati alle istituzioni, e quindi agli scenari sociopolitici internazionali.
Non fraintendiamo, però. La delicatezza delle prime inquadrature lascia presto spazio a una spettacolare scena d’azione in volo, dove la Marvel dimostra che queste serie non hanno nulla da invidiare ai film sul piano produttivo. Una sequenza di grande impatto, calcolata al millesimo di secondo, che ci ricorda anche la sostanziale durezza del lavoro di Sam: è un soldato, e non si fa problemi a uccidere. Non è la prima volta che lo vediamo (anche altri supereroi del MCU si sono sporcati le mani), ma qui c’è un clima diverso, più vicino al cinema d’azione degli anni Ottanta e Novanta. Guarda caso, la serie trae ispirazione dai buddy cop di quell’epoca, anche se per ora non si nota.
Questo primo episodio, in effetti, ha una funzione preparatoria. Seguiamo le vicende parallele di Sam e Bucky per scoprire ciò che i film non hanno mai avuto il tempo (o la volontà) di raccontare. Di Sam vengono approfonditi non solo i dubbi sull’eredità di Capitan America, ma anche l’ambiente familiare. Le difficoltà economiche della sorella Sarah (Adepero Oduye) ci ricordano che la discriminazione degli afroamericani esiste anche nel MCU, fino a creare una profonda spaccatura culturale. Lo scudo di Cap è legittimamente nelle mani di Sam, che lo dona al memoriale di Steve Rogers perché non si sente all’altezza di un retaggio così gravoso. Il governo, però, se ne appropria e lo consegna a un nuovo Capitan America (il John Walker di Wyatt Russell), convenientemente bianco e biondo: non sia mai che un Nero rappresenti i “valori americani”. È un contrasto molto significativo, anche perché ricorda l’isolazionismo trumpiano dell’«America first». Nei film, Steve Rogers è sempre stato il paladino di un mondo globalizzato e di un sistema di valori condiviso, più che il campione del Sogno Americano. Eppure, il governo decide di riappropriarsi di Capitan America come eroe “autarchico”, reazione impaurita nei confronti di uno status quo sempre più incerto.
Intanto, Bucky è perseguitato dagli spettri del suo passato violento. Se WandaVision ci ha permesso di entrare realmente in contatto con il dramma di Wanda, The Falcon and the Winter Soldier fa lo stesso con l’ex Soldato d’Inverno: il suo tormento interiore è ben percepibile, soprattutto nei silenzi e negli sguardi di Sebastian Stan. Così, per la prima volta riusciamo davvero a empatizzare con questi personaggi, e il loro percorso acquisisce uno spessore che prima non aveva.
Per il resto, la puntata semina i primi riferimenti ai conflitti che verranno: la minaccia dei superterroristi Spezzabandiera e l’introduzione del sopracitato John Walker all’opinione pubblica. Se fosse un film, ci troveremmo ancora nei primi 20/30 minuti, ma la serialità permette di andare più a fondo nelle vite dei protagonisti. Speriamo che le loro strade si incrocino già dal prossimo episodio.