SerieTV Recensioni Cinecomic

WandaVision, dietro le maschere: la recensione dell’episodio 6

Pubblicato il 12 febbraio 2021 di Lorenzo Pedrazzi

La cavalcata di WandaVision prosegue nel suo nuovo “formato”, dove le vicende metanarrative di Westview si alternano alle indagini dello S.W.O.R.D., con Monica Rambeau, Jimmy Woo e Darcy Lewis in prima linea. Un’impostazione che diventa sempre più soddisfacente: siamo talmente avvinti che ogni finale arriva troppo presto.

Giù le maschere

A sorpresa, l’excursus della serie salta un decennio: dopo gli anni Ottanta della scorsa puntata, ora passiamo direttamente ai primi Duemila. In effetti, le sit-com “familiari” degli anni Novanta hanno molto in comune con quelle degli anni Ottanta, e le innovazioni dell’epoca coincidono invece con prodotti come Friends o Will & Grace, che lavorano sulle amicizie nel caos vibrante di New York. Passare ai primi anni Duemila consente quindi di variare la formula e giocare con i codici narrativi di Malcolm in the Middle, compresa la sigla in finto VHS e le battute che oltrepassano la quarta parete. Se in quel caso era Malcolm a rivolgersi direttamente al pubblico, qui si tratta invece dei piccoli Tommy e Billy.

La grande novità è però il Pietro di Evan Peters. La sua origine non è chiara, ma pare proprio che non sia lo stesso Quicksilver di X-Men: Giorni di un futuro passato. In ogni caso, Pietro incarna alla perfezione lo stereotipo dello zio “fico” e immaturo, che porta scompiglio nel nucleo familiare. Siamo ad Halloween, e ogni personaggio replica i costumi dei fumetti con adorabile goffaggine, compresi i due gemelli (le cui identità supereroistiche, Speed e Wiccan, potrebbero avere un futuro nel Marvel Cinematic Universe). I dialoghi tra Pietro e Wanda sono i primi in cui l’eroina parla candidamente di ciò che ha fatto a Westview, pur non ricordandosi come sia accaduto. Il fratello, però, ne rimane impressionato, ed è consapevole del ruolo che Wanda voleva per lui.

In generale, questo è l’episodio in cui la “funzione” dell’eroina diventa ancora più esplicita. È chiaramente la showrunner di Westview, assegna un personaggio e delle mansioni a ogni cittadino, e tiene tutto sotto controllo. È per questo che reagisce con stupore quando Visione esce dalla parte, e decide di fare per conto suo. L’androide sa che la popolazione è tenuta prigioniera, e il suo tentativo di avvertire lo S.W.O.R.D. è uno dei momenti più dolorosi della serie. Almeno finora.

Qualcosa di sinistro sta per accadere

Come al solito, WandaVision rimedia accuratamente i tratti distintivi delle sit-com, variando di epoca in epoca. Oltre alla rottura della quarta parete, qui c’è anche l’utilizzo dei repentini flashback comici, una pratica introdotta dalle serie animate (I Simpson e I Griffin) e poi approdata al live-action proprio negli anni Duemila. Il contrasto con la realtà esterna è sempre delizioso, ma il mondo felice di Wanda è ormai contaminato, e l’inquietudine è di casa.

La commistione di toni è sempre bilanciata con abilità, ma sorprende anche la scioltezza con cui gli autori riescono a porre le basi per il futuro del MCU. Non solo Billy e Tommy cominciano a manifestare i loro poteri, ma potremmo aver assistito alla genesi di Monica Rambeau, che diverrà la supereroina nota come Spectrum: WandaVision è una storia di origini anche per lei.

L’episodio fa un notevole salto in avanti anche sul piano della trama, grazie alle doti informatiche di Darcy. Tale snodo è forse l’unico punto debole della sceneggiatura (da anni, ormai, Hollywood sfrutta l’hackeraggio come una facile scappatoia narrativa), ma ci permette di scoprire la misteriosa sorveglianza di Hayward su Visione, e l’esistenza di un’enigmatica arma dal nome suggestivo. La peculiare impostazione della serie, senza un antagonista esplicito né l’azione tipica dei cinecomic, rende gli sviluppi narrativi ancora più imprevedibili, e alimenta il piacere di farsi spiazzare da ogni episodio. Ne mancano tre, e l’esperimento dei Marvel Studios può già dirsi vincente. Attraverso il ribaltamento “morale” di una delle sue eroine, e la marginalizzazione del lato più “fisico” dei supereroi, WandaVision offre un’alternativa ai soliti schemi. Il genere, insomma, ha ancora qualcosa da dire.