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Martin Scorsese difende le sale: “Il cinema è molto più che un contenuto”

Pubblicato il 17 febbraio 2021 di Marco Triolo

In un lungo articolo su Federico Fellini pubblicato da Harper’s Magazine, Martin Scorsese ha detto la sua sulla situazione attuale dei cinema e sul ruolo sempre più centrale che le piattaforme stanno giocando. Scorsese non ha criticato ovviamente le piattaforme – come potrebbe? Ha realizzato The Irishman per Netflix e il prossimo Killers of the Flower Moon andrà su Apple TV+ – quanto il fatto che si dia meno peso all’esperienza in sala e che i produttori abbiano molta più paura a investire su un certo tipo di cinema d’autore. Un vuoto che viene colmato appunto dalle piattaforme streaming.

Per Scorsese, oggi “l’arte del cinema sta venendo sistematicamente svalutata, accantonata, umiliata e ridotta al suo minimo comune denominatore”. Ovvero: “contenuto”. Proprio questa parola diventa centrale nell’argomentazione del regista. Martin Scorsese scrive:

Fino a quindici anni fa, il termine “contenuto” era usato solo quando la gente discuteva del cinema a un livello serio, e veniva opposto e valutato in base a “forma”.

Poi, però, ha assunto un altro significato:

“Contenuto” è diventato un termine aziendale per tutte le immagini in movimento: un film di David Lean, il video di un gatto, una pubblicità del Super Bowl, il sequel di un film di supereroi, l’episodio di una serie. Ha iniziato a essere collegato, ovviamente, non solo all’esperienza cinematografica ma anche alla visione casalinga, sulle piattaforme streaming che hanno via via preso il posto delle sale, così come Amazon ha preso il posto dei negozi fisici. Da un lato è stata una buona cosa per i filmmaker, me incluso. Dall’altro ha creato una situazione in cui ogni cosa è presentata allo spettatore sullo stesso piano, che suona come un’idea democratica ma non lo è. Se le visioni successive sono “suggerite” da algoritmi basati su ciò che abbiamo già visto, e i suggerimenti sono basati solo su un argomento o un genere, questo cosa fa all’arte del cinema?

Scorsese suggerisce che avere un curatore, al posto di un algoritmo, che selezioni i contenuti, come avviene su Criterion Channel e MUBI, non è un’idea “elitaria”:

È un atto di generosità: condividi quello che ami e quello che ti ha ispirato […]. Gli algoritmi, per definizione, sono basati su calcoli che trattano lo spettatore come un consumatore e nient’altro.

Al contrario:

Il cinema è sempre stato molto più che contenuto, e lo sarà sempre.

E conclude:

A questo punto, non possiamo dare nulla per scontato. Non possiamo dipendere dall’industria del cinema, per come è ora, affinché si prenda cura del cinema. Nell’industria del cinema, che ora è l’industria dell’intrattenimento visivo di massa, l’enfasi è sempre sulla parola “industria”, e il valore sarà sempre determinato dalla quantità di denaro ottenibile da una determinata proprietà […]. Credo che dobbiamo anche affinare la nostra nozione di cosa sia e cosa non sia il cinema. Federico Fellini è un buon punto di partenza. Si possono dire molte cose sui film di Fellini, ma una cosa è incontestabile: sono cinema.

Su Federico Fellini

Nel resto dell’articolo, Martin Scorsese parla di Fellini in dettaglio, film per film. E rivela come i suoi preferiti, quelli che lo hanno toccato e ispirato maggiormente, siano I vitelloni e . Del primo dice: “Sentii di riconoscere quei ragazzi come parte della mia vita, del mio quartiere” e rivela che fu “una fonte d’ispirazione fondamentale per Mean Streets“. Di dice che “ridefinì la mia idea di cosa il cinema fosse, cosa potesse fare e dove potesse condurci”. E conclude: “ è la più pura espressione di amore per il cinema che io conosca”.