Fra i film più acclamati al Festival di Venezia 2020, arriva su Netflix Pieces of a Woman, pellicola prodotta da Martin Scorsese che è valsa alla sua protagonista, la Vanessa Kirby di The Crown (dove ha interpretato nelle prime due stagioni la giovane principessa Margaret), la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile.
Il film racconta l’intima storia di una famiglia colpita da un terribile lutto: Martha, subito dopo il parto, perde prematuramente la figlioletta appena nata, probabilmente a causa di un errore dell’ostetrica venuta ad assisterla a casa, Eva. Suo marito marito Sean cerca di starle vicino come può, anche se il rapporto fra i due non era già idilliaco prima della tragedia, mentre l’invadente madre di Martha. Elizabeth, trova sfogo al proprio dolore per la perdita della nipote in una forsennata lotta legale tesa ad evidenziare i probabili errori di Eva, l’ostetrica (forse) negligente.
Il film ruota interamente attorno al dolore di Martha e dei suoi cari, in una indagine psicologica poggiata interamente sull’interpretazione di Vanessa Kirby. L’attrice dà voce a tutti gli aspetti della quotidianità di una donna che, spezzata dal dolore e completamente impreparata ad affrontarlo, cerca pian piano, pezzo dopo pezzo (proprio come da titolo), di riconquistare una normalità che appare però sempre più lontana. L’elaborazione del lutto di Martha (ma anche quello di Sean e di sua madre Elizabeth) sembra quasi impossibile: la perdita di un figlio è infatti qualcosa cui è difficilissimo essere preparati, e gli autori hanno voluto focalizzare la sceneggiatura del film su quello che è considerato ancora oggi “Una sorta di tabù, del quale si evita spesso di parlare e che la società attuale spinge quasi a voler nascondere” (come affermato dalla sceneggiatrice Kata Wéber, che ha basato la storia su dei fatti realmente accaduti all’interno della sua famiglia).
Vanessa Kirby interpreta la protagonista Martha, scelta proprio all’indomani della sua interpretazione della principessa Margaret in The Crown poiché la produzione aveva visto fra i due personaggi una sorta di connessione. La Kirby accettò immediatamente il ruolo: si trattava di una parte che in realtà la “terrorizzava”, ma allo stesso tempo di una storia che non aveva precedenti per la profondità con la quale voleva affrontare le proprie tematiche e della quale l’attrice voleva assolutamente far parte.
La madre di Martha, Elizabeth, è invece interpretata da Ellen Burstyn, pluripremiata attrice aggiudicatasi sia un Oscar (Miglior Attrice nel 1975 per Alice non Abita più qui) che un Emmy (Miglior Guest Star per Law & Order – Unità Vittime Speciali nel 2010). La Burstyn ha accettato il ruolo principalmente per l’opportunità di lavorare accanto a Vanessa Kirby, che considera una delle star in ascesa da tenere d’occhio nei prossimi anni. Elizabeth è un personaggio controverso: vedova e sopravvissuta all’olocausto, disapprova praticamente in toto qualsiasi scelta compiuta da sua figlia Martha, finendo per risultare crudele anche quando le sue azioni sono mosse dalle migliori intenzioni.
Shia Lebouf interpreta invece Sean, marito di Martha, che vive il proprio dolore in maniera opposta alla moglie. Le differenze fra i due, che sembravano aver raggiunto un equilibrio se non perfetto comunque “adeguato”, verranno esaltate dalla tragedia, allontanandoli l’uno dall’altra sempre di più.
Infine, Molly Parker, star della serie Lost in Space (vista anche in House of Cards – Gli Intrighi del Potere) è il volto di Eva, l’ostetrica che aiuta Martha a mettere al mondo la piccola Yvette, mentre Sarah Snook (Succession) interpreta Suzanne, l’avvocatessa che aiuta la famiglia di Martha nella causa contro Eva.
La sceneggiatrice Kata Wéber aveva messo insieme alcuni appunti iniziali riguardanti il progetto che riassumevano alcuni dialoghi fra una donna e sua madre in seguito alla tragedia della perdita di un bambino. Tali appunti erano basati su fatti realmente accaduti alla Wéber, che aveva inizialmente deciso di tenerli per sé: solo casualmente suo marito, il regista Kornél Mundruczó, arrivò a leggerli, proponendole di ampliarli per arrivare a ricomprendere un intero lungometraggio.
I due decisero quindi di lavorare insieme al progetto (Mundruczó è infatti il regista di Pieces of a Woman), per dare voce ad un tema, quello della perdita di un figlio, quasi mai toccato dalla cinematografia e sul quale invece speravano di iniziare un dialogo.
Wéber e Mundruczó si sono avvalsi delle testimonianze di molte donne che nella realtà hanno vissuto esperienze simili a quella di Martha, la protagonista del film, arrivando a modificare moltissimo il soggetto iniziale per portare il film verso lidi il più possibile realistici e toccanti. Mentre si affronta un’esperienza del genere, osserva la Wéber, il mondo intero sembra voler dire a quelle donne di “Andare avanti, di scendere a patti col proprio dolore… ma come si può pensare di rimanere la stessa persona di un tempo?” Raccontando la storia di Martha, Wéber e Mundruczó hanno voluto catturare al meglio il senso di isolamento, di impotenza, senso di colpa e rabbia che colgono una donna nella stessa situazione della loro protagonista, nella speranza che alcune di loro, riconoscendosi in essa, possano sentirsi, almeno un poco, comprese.
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