Appassionati di True Crime potete gioire: il 30 settembre è arrivato su Netflix il docufilm American Murder: La Famiglia della Porta Accanto.
Il film diretto da Jenny Popplewell, ripercorre la storia dell’omicidio di Shan’ann Cathryn Watts (incinta di 15 settimane) e dei suoi bambini: le figlie di 4 e 3 anni Bella e Celeste e il figlio Niko che portava in grembo. La strage è avvenuta nell’agosto del 2018 a Frederick, Colorado.
American Murder, racconta la vita di Shan’ann e Christopher Watts attraverso interviste, video postati sui social e messaggi scambiati fra la coppia fino al tragico epilogo.
Se non conoscete il caso, leggendo oltre saprete che la giustizia ha fatto il suo corso e l’assassino di questo efferato crimine è stato trovato; il mio consiglio è quindi andare a vedere il documentario e poi tornare a leggere l’articolo.
Fin da subito, i filmati e i messaggi rendono chiaro che il rapporto fra Shan’ann e Christopher era tutt’altro che idilliaco come era presentato sui social. Le indagini durano relativamente poco e dopo un test della verità fallimentare Christopher confessa di aver posto fine alla vita della moglie.
Inizialmente addossa a Shan’ann la colpa della morte delle figlie e, anzi, dichiara di aver ucciso la moglie proprio per rabbia per quello che aveva fatto alle bambine. Ma da tutto quello che ci viene mostrato nell’arco del documentario è chiaro a tutti, come lo sarà poi anche agli agenti, che la donna non avrebbe mai compiuto un atto del genere.
Infatti, più avanti verrà fuori la sconcertante verità: Christopher ha ucciso moglie e figlie dopo una discussione riguardo la sua volontà di separarsi dalla moglie.
Quello che rende particolare questo crimine è che spesso chi commette questi omicidi, per i sensi di colpa cerca il suicidio. Lo stesso Watts ha ammesso di averci pensato. Invece, per scelta anche della famiglia di Shan’ann, l’uomo è stato graziato dalla condanna a morte, ma condannato a 5 ergastoli, senza condizionale.
American Murder: La Famiglia della Porta Accanto racconta la storia da un punto di vista, molto più esterno di quello a cui ci hanno abituati altri documentari. Non cerca di spiegare le motivazioni dell’omicida né dipinge le vittime sotto una luce reverenziale.
Non prova di far empatizzare lo spettatore con una o l’altra parte e forse proprio per questo ti lascia con un senso di vuoto e una domanda che non troverà forse mai risposta: cosa può portare un uomo a compiere un gesto del genere verso le persone che ama?