La mappa del tesoro – E ora qualcosa di completamente diverso

La mappa del tesoro – E ora qualcosa di completamente diverso

Di Roberto Recchioni

Nei giorni del lockdown (speriamo ormai alle nostre spalle) è emersa con forza la necessità delle persone di distrarsi e riempire le lunghe giornate di ritiro casalingo forzato. Per questo motivo in tanti si sono spesi non solamente per creare contenuti nuovi in grado di distrarre e intrattenere, ma anche per consigliare quanto di valido già esisteva e che era pronto per essere fruito attraverso le ormai numerose piattaforme online. Con la fine della quarantena, questa necessità si è affievolita ma, oggi, ci troviamo davanti ad un nuovo problema: l’apparente scarsità di nuove opere. Il Covid, infatti, ha chiuso tanti set, bloccato tante produzioni e rimandato a data da destinarsi un gran numero di uscite importanti e oggi sembra quasi che non ci sia più nulla da vedere.

È un’impressione sbagliata. Sia perché nuovi film stanno continuando ad uscire, anche se non accompagnati da imponenti (e costosi) lanci stampa, sia perché esistono intere cinematografie che in Italia sono rimaste per lungo tempo lontane dai riflettori e che oggi abbiamo il tempo di scoprire.

Questa serie di articoli vi fornirà a ogni appuntamento due titoli da provare, sperando di rendere questo periodo ugualmente ricco di storie, spunti ed emozioni.

E ORA QUALCOSA DI COMPLETAMENTE DIVERSO

Questa volta di occupiamo di due opere che sembra una cosa ma che, invece, sono tutt’altro.

Transformers: War for Cybertron – Siege (2020)

Per alcuni, i Transformers sono un media franchise nato dalla collaborazione tra le aziende americane della Hasbro, della Marvel Comics e della giapponese Takara. Una intelligente operazione di rebranding e fusione di varie linee di giocattoli trasformabili nati nel paese del Sol Levante e mai distribuiti fuori di esso, reinventate in forma nuova dai talenti della Casa delle Idee di Stan Lee e commercializzati a livello planetario dal papà e dalla mamma dei G.I. Joe.

Per altri, i Transformers sono dei giocattoli venduti grazie a una serie di cartoni animati e fumetti di scarsissima fattura.
Per altri ancora, i Transformers sono quelli dei film più fracassoni ed esagerati di Michael Bay (e Steven Spielberg).
Infine, per una piccola parte della popolazione mondiale, i Transformers sono una cosa su cui non si scherza e da trattare con la massima serietà possibile.
La nuova serie animata prodotta da Hasbro, Allspark, Rooster Teeth, Polygon Pictures e Netflix si rivolge esattamente a questo ultimo gruppo, cosa che rende la trilogia animata di War For Cybertron (di cui Siege è solo il primo arco narrativo), abbastanza inaspettata per chi è convinto che i Transfomers siano solamente una roba per bambini.

La storia in brevissimo: sul pianeta di Cybetron ci sono due razze di esseri viventi: gli Autobot, la classe dominante e sorta di aristocrazia di creature cybernetiche che si trasformano, per la maggior parte, in pacifici veicoli terrestri (nel senso che non volano) e i Decepticon, sottoposti e schiavi che si trasformano, principalmente, in macchine da lavoro o da guerra.
Una situazione iniqua a cui un Autobot illuminato chiamato Alpha Trion decide di opporsi, dando vita una ribellione contro quel sistema oppressivo costruito da membri della sua stessa razza. Accanto a lui, tre allievi: Optimus Prime, Ultra Magnus e Megatron. Dopo una feroce guerra, la fazione di Trion ha la meglio sugli schiavisti e il leader si appresta a creare un nuovo sistema più giusto. Ma Megatron, uno schiavo liberato e desideroso di feroce rivalsa, non si accontenta: lui non vuole un nuovo equilibrio ma un rovesciamento dei ruoli, con i Decepticons a dominare e gli Autobot a servire. Alpha Trion e i suoi due fratelli in armi cercano di farlo ragionare ma Megatron non è intenzionato a cedere: uccide il maestro, si dichiara leader massimo dei Decepticons e muove guerra contro tutti gli Autobot, che si riuniscono sotto la guida di Optimus e di Magnus e guidano una disperata resistenza. E qui è dove inizia la storia di Siege, primo arco narrativo (composto di sei episodi animati in digitale) di una nuova rifondazione della mitologia dei Transformers che si pone il compito di raccontare tutta la loro storia da capo, questa volta in una maniera coerente e matura.

Anche troppo matura, a dire il vero.
Perché tranne il vile Starscream e il perverso Shockwave, che sono le solite macchiette cartonistiche senza redenzione o approfondimento di sempre, tutti gli altri personaggi hanno le loro ragioni e i loro torti. E certe volte gli eroi hanno più torto dei cattivi.
Perché se è vero che, dopo parecchi tentennamenti morali, Megatron è disposto a fare un genocidio pur di trionfare, non è che che Optimus Prime sia molto meglio, visto che ricorre a mezzi a dir poco discutibili pur di assicurarsi la vittoria (sul serio, roba che creerebbe dei dubbi etici persino a Jack Bauer) e che è disposto a condannare a morte il suo pianeta natale pur di non permettere a Megatron di trionfare. In questo scenario politicamente e moralmente complesso, sono pochi i personaggi che ne escono decentemente mentre tutti gli altri sono malamente compromessi.
Il concetto di “eroismo” in Siege quasi non esiste e fa strano vedere uno come Optimus Prime, generalmente raccontato come il migliore degli Autobot, venire messo in discussione non solo dai suoi compagni ma dalla storia stessa. Insomma, lo avrete capito a questo punto, non una storia leggerissima, anche perché non mancano situazioni abbastanza cupe a livello visivo e narrativo (varie scene di torture più una sequenza particolarmente horror) e perché l’azione propriamente detta è poca, mentre le chiacchiere politiche tante. A conti fatti, Siege è la serie animata che non ti aspetti, che piacerà alla fanbase dura e pura di quaranta-cinquantenni che non vuole sentirsi stupida nel guardare i Transformers e a chi dal franchise non si aspetta nulla ma è solamente alla ricerca di una buona storia di fantascienza adulta. Se, invece, siete alla ricerca della giocosità dei Transformers della vostra infanzia o se volete qualcosa da far vedere ai vostri bambini, rivolgetevi ad altre incarnazioni del marchio perché questa non fa per voi, ve lo assicuro.
La serie è disponibile su Netflix.

Jallikattu (2019)

Film indiano indipendente diretto da Lijo Jose Pellissery, tutto incentrato sulla disperata caccia condotta da parte degli abitanti di uno sperduto villaggio ai danni di un bufalo fuggito e imbizzarrito. La pellicola è stata presentata al Toronto International Film Festival e ha ricevuto un plauso critico internazionale. In Italia, i pochi siti che se ne sono occupati lo hanno descritto certe volte come una specie di Squalo sulla terraferma, altre volte come un Rambo con un bufalo indiano al posto del noto reduce del Vietnam. Quelli con la memoria più lunga hanno citato Razorback, il film d’esordio di quel talento visionario e perduto di Russell Mulcahy e qualche spericolato ha tirato in ballo il Moby Dick di Melville o Il Vecchio e il Mare di Hemingway.

Con queste premesse, è inevitabile approcciarsi al film aspettandosi determinate cose, che il film disattende completamente. La pellicola, infatti, non racconta di una creatura che trascende la carne per farsi simbolo universale. E non racconta nemmeno della battaglia dell’uomo contro un leviatano che rappresenta la forza della natura tutta. E non è nemmeno uno scarno film essenziale che mette in scena un conflitto eterno. Il film è, semplicemente, la storia di un normalissimo bufalo che tale è e tale resta per tutta la durata del film, e la storia (molto più interessante) di quelli che lo cacciano: una comunità di uomini bercianti che, attimo dopo attimo, diventa sempre più brutale e selvaggia, fino a regredire alla sua forma primordiale, cosa che la pellicola si premura poi di spiegarci anche con una didascalica, goffa e assolutamente non necessaria scenetta finale (che quasi rovina il buon esito dell’opera tutta, che è altrimenti molto meritevole). La pellicola che più si avvicina a Jallikattu per intenti e metodi è lo splendido Parasite di Bong Joon-ho, tenendo ben presente la differenza di mezzi (e quindi, ambizioni) che intercorrono tra la ricca produzione sudcoreana e la poverissima produzione indiana. Per il resto, se non teniamo conto del suo pessimo controfinale, Jallikattu è un film scritto molto bene, girato ancora meglio (mirabili gli eleganti piani sequenza), fotografato in maniera suggestiva, montato straordinariamente, con buone intepretazioni e una colonna sonora tribale e martellante. Una sospresa sotto tutti i punti di vista assolutamente consigliata. Lo trovate su Amazon Prime Video.

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