In un editoriale pubblicato sul Financial Times, il regista Sam Mendes (1917) ha scritto che la pandemia del coronavirus ha presentato:
“La più grande sfida della vita culturale britannica sin dallo scoppio della seconda guerre mondiale”,
ed ha aggiunto che il teatro e l’intrattenimento dal vivo si trovano in grave pericolo.
I teatri del Regno Unito, tra cui quelli del Southampton, Southport e Leicester, stanno già fallendo mentre altri sono sull’orlo delle consultazioni in materia di licenziamenti, con la maggior parte del loro staff.
Il teatro dal vivo solo nel 2018 ha raccolto 34 milioni di spettatori, e spiega Mendes è stato:
“Essenziale per l’industria cinematografica e televisiva multimiliardaria del Regno Unito lanciando la carriera di letteralmente migliaia di attori, scrittori, produttori e registi”, tra cui lo stesso filmaker.
Altri settori sono stati in grado di riaprire mantenendo la distanza sociale, me i cinema e le performance dal vivo:
“Con una performance al giorno e posti vendibili ridotti in media dell’80%, semplicemente non riescono a rimanere a galla” ha continuato Mendes.
Mendes ha così proposto un pacchetto di misure per aiutare a salvare il settore:
“È necessario proseguire lo schema di conservazione del lavoro per il personale fidelizzato e deve essere creato un pacchetto che supporti l’esercito di liberi professionisti e artisti autonomi che creano gran parte dell’opera stessa”.
“Chiediamo che l’aliquota dello sgravio fiscale venga aumentata dal 20% al 50% per i prossimi tre anni, e che si applichi ai costi di gestione correnti della produzione e al rimontaggio delle produzioni sospese”.
“Compensare le perdite di produzione rispetto ai profitti della pr
oduzione, un semplice sgravio attualmente non possibile ai sensi della legislazione fiscale esistente”.
“La stessa formula per restituire gli investimenti e condividere gli utili degli spettacoli di successo, una volta che tali spettacoli avranno recuperato i loro costi iniziali”.
“Mentre un’enorme percentuale di lavoratori ha sofferto negli ultimi tre mesi, ci sono anche molti (sussurralo) che si sono arricchiti con il Covid-19. Sarebbe profondamente ironico se i servizi di streaming – Netflix, Amazon Prime etc. – dovessero fare milioni con la quarantena dei nostri migliori attori talenti nella recitazione, produzione, scrittura e regia, mentre alla stessa cultura artistica che ha alimentato quel pool di talenti è permesso morire.
C’è qualcuno tra queste persone disposto a usare una frazione della loro manna da Covid-19 per aiutare coloro che sono stati feriti a morte? In tal caso, spero che stia leggendo questo e che sia in grado di pensare al panorama artistico come qualcosa di più di un semplice “fornitore di contenuti”, ma piuttosto a un ecosistema che ci supporta tutti”.
Fonte Financial Times