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Woody Allen attacca gli attori che lo hanno rinnegato in una nuova intervista

Pubblicato il 30 maggio 2020 di Marco Triolo

Woody Allen ha toccato ancora una volta l’argomento delle accuse di molestie contro la figlia adottiva Dylan Farrow in una nuova intervista rilasciata a The Guardian. Il regista ha prima di tutto attaccato gli attori che hanno scelto di rinunciare ai soldi guadagnati girando i suoi film e lo hanno pubblicamente rinnegato. Allen ha detto di aver trovato la cosa “stupida”:

Gli attori non hanno idea dei fatti e si attaccano a una posizione egocentrica e sicura. Chi mai non è contrario alla violenza sui bambini? È così che sono fatti gli attori e le attrici, e [attaccarmi] è diventata una cosa di moda, come mangiare le verze.

Allen in passato aveva già commentato la presa di posizione di Timothée Chalamet, protagonista di Un giorno di pioggia a New York, sostenendo che lo aveva accusato per avere una chance agli Oscar.

Convivere con le accuse

Il regista poi affronta la questione dell’onta che ormai si porta dietro:

Do per scontato che per il resto della mia vita molta gente penserà che sono stato un molestatore. Tutto quello che dico suona egocentrico e difensivo, perciò è meglio che me ne stia per i fatti miei e lavori.

In effetti Woody Allen ha continuato a lavorare nonostante in America sia persona non grata. Il suo ultimo film, Rifkin’s Festival, con Christoph Waltz, Gina Gershon e Louis Garrel, lo ha girato in Spagna. Nel precedente, Un giorno di pioggia a New York, ha inserito un flirt tra un regista di mezza età (Liev Schreiber) e una giovane studentessa (Elle Fanning). Allen ha detto però che rifiuta di lasciare che quello che la gente pensa di lui influenzi i suoi film. E che pensava che il pubblico avrebbe capito subito l’inconsistenza delle accuse. Lui stesso afferma di non averle “mai prese seriamente”. “Voglio dire, è come essere accusati di aver ucciso sei persone con un mitra”.

Gli mancano i figli

La cosa che gli brucia di più? Non aver potuto vedere crescere i figli:

Non parlo con i ragazzi da oltre 25 anni e sono stati cresciuti nella convinzione che io sia una persona orribile. Questo certamente mi faceva rabbia. Ma, professionalmente, non ho sofferto per niente. Le cose stanno così e tutto quello che posso fare è tenere la testa bassa e sperare che a un certo punto la gente capisca la verità. Ma se così non sarà, amen. Ci sono tante ingiustizie al mondo ben peggiori di questa. Tocca conviverci.