La musica “divide”, e va bene così: Trolls World Tour – La Recensione

La musica “divide”, e va bene così: Trolls World Tour – La Recensione

Di Andrea Suatoni

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A distanza di 4 anni dal successo del primo Trolls, arriva (cliccate il link qui sopra per approfondire!) Trolls World Tour, seconda – e probabilmente non ultima – avventura di Poppy, Branch, Cooper e tutti gli altri personaggi basati sulle bambole create da Thomas Dam negli anni ’60 e che negli ’90 ebbero grande popolarità. Musica, colori e psichedelia la fanno da padroni anche in questo nuovo capitolo, che scava più a fondo del primo e getta le basi per un franchise a tutto tondo!

LA “LORE” DEI TROLLS

Se il primo episodio evitava una vera e propria contestualizzazione del mondo dei Trolls, con Trolls World Tour la casa di produzione di Shrek e Dragon Trainer (Dreamworks Animation) si concede il lusso di creare una vera e propria cosmologia attorno ai coloratissimi esserini protagonisti del franchise.
Legatissimi alla musica ancor più che in passato, i Trolls scoprono di essere solo una una di tante “tribù”, divise fra loro in tempi ancestrali a causa di diversi interessi musicali.

Accanto ai Pop Trolls che abbiamo già conosciuto in passato troviamo quindi i Tecno Trolls, i Funk Trolls, i Classic Trolls, i Country Trolls e infine i villain della pellicola, i Rock Trolls, decisi ad imporre il loro stile di vita su tutte le altre popolazioni. Il lavoro fatto attorno ad ognuna delle diverse categorie di Trolls è stupefacente: ogni diverso genere musicale è fedelmente riprodotto e trasposto non solo in una ponderata scelta delle canzoni (spesso volutamente didascalica, per esaltarne appieno i lati più divertenti), ma anche nelle diverse ambientazioni, nei colori, nello stile e nel look dei personaggi, addirittura anche nel carattere degli stessi, che finiscono per rispecchiare gli stereotipi più ironici di ogni diversa categoria. Lavoro che si allarga poi anche ad alcuni personaggi secondari che gettano nel grande universo dei Troll anche generi musicali più di nicchia, come il K-Pop, il Reggaeton, fino allo Yodel o allo Smooth Jazz.
Ogni personaggio, ogni musicalità riceve caratteristiche ben distinte e pensate fin nei minimi particolari: il lavoro di pre-produzione dietro il film animato è ben visibile e sembra voler costruire un incipit sul quale costruire svariati possibili spin-off in futuro.

IL VIAGGIO DI POPPY

In Trolls assistevamo alla rocambolesca avventura della protagonista Poppy, principessa del suo popolo, impegnata nel mostrare ad un popolo di orchi “nati tristi”, i Bergen cosa fosse la felicità, in una parabola sull’autoaccettazione che culminava con la sua incoronazione a regina.
In Trolls World Tour il personaggio viene approfondito e condotto verso un viaggio di ricerca personale: Poppy, un tempo spumeggiante principessa senza alcun problema se non una vera e propria ossessione per le feste, il ballo e la musica (…e gli abbracci), è oggi una regina che deve far fronte alle responsabilità verso i suoi sudditi che il titolo comporta. Per far fronte alla minaccia della regina della Rock Music, la nostra protagonista si imbarca quindi in un viaggio insieme agli amici di sempre che diventa tanto metaforico quanto fisico, e che riesce incredibilmente bene a trasmettere tale dualismo sia allo spettatore più giovane che ad un pubblico più adulto, grazie alla immancabile doppia lettura che ormai i prodotti animati di questo tipo ci hanno abituato a cercare.

—–ATTENZIONE: DA QUI IN POI L’ARTICOLO POTREBBE CONTENERE SPOILER—–

LE DIVISIONI INTERNE

Il messaggio di Trolls World Tour è chiarissimo quanto malizioso: lo spettatore segue infatti fin dall’inizio gli intenti della ingenua Poppy tesi ad una “unificazione universale” dei generi musicali: la musica è per antonomasia un filo che unisce i popoli, e mai come per i Trolls dovrebbe rivestire un ruolo di riunificatrice universale.

Ma gli intenti della protagonista difettano di realismo, poiché la diversità esiste e può essere intesa in senso positivo: cancellare le differenze, sia pacificamente (come intende fare Poppy) che con la forza (l’intento della regina dei Rock Trolls) significherebbe cancellare anche tutto ciò che di caratteristico ed unico vive in ognuno degli innumerevoli diversi personaggi che il film presenta. Trolls World Tour finisce quindi per essere un film che esalta la diversità: sia in senso macroscopico, quando investe intere tribù totalmente differenti fra loro, che rispetto al singolo individuo, che sia esso un outsider, un freak o un neonato ricoperto di glitter dalla voce fortemente baritonale.
Il segreto sta nell’accettazione della diversità e in una visione cosmopolita del futuro: non più un numero imprecisato di diverse tribù di Trolls autoghettizzate nel loro piccolo mondo, ma un unico popolo di Troll tutti diversi fra loro, capaci di fare festa insieme in un mondo che ne sa gestire le diverse individuali peculiarità.

Dreamwork Animation si prende quindi in definitiva la libertà di accennare ad una critica sociale attuale ed efficace, soprattutto alla luce del target di riferimento cui il film è indirizzato. Ed un’altra ironica critica è nascosta fra le righe, per chi la sa cogliere: la musica? E’ stata rovinata dal Pop!

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