L’attesa per The Suicide Squad, il rilancio del franchise supereroistico targato Warner/DC ad opera di James Gunn, è sempre più spasmodica. Nonostante le riprese siano appena finite. Forse perché attorno al progetto è stata abilmente costruita un’aura di mistero. Molti degli attori presenti nella pellicola, infatti, interpretano ruoli non ancora resi noti. Tra i tanti, spicca anche Nathan Fillion, interprete di fortunate serie televisive e grande favorito dei fanta-casting per il ruolo di Nathan Drake nel film di Uncharted (poi finito nelle mani di Tom Holland).
Proprio Nathan Fillion getta luce sull’enorme potere che risiede nelle mani del regista James Gunn. Un potere tale da convincere un attore a prendere parte al film da lui diretto senza neppure leggere la sceneggiatura. Ad avere attirato Fillion, infatti, non sono state le sirene dei cinecomic, né il personaggio che si troverà ad interpretare. La chiave di volta, per l’attore, è stata l’occasione di lavorare nuovamente con Gunn, già incontrato in precedenti esperienze cinematografiche.
James Gunn è una di quelle persone a cui non posso fare a meno di rispondere, laddove chiamato: “Sì a qualsiasi cosa tu stia per dire. La risposta è sì”. James Gunn è un narratore fantastico. Capisce le storie, e adora raccontarle. Quando ha intenzione di fare qualcosa, sai già che sarà divertente e soddisfacente.
La convinzione di Nathan Fillion è condivisa da moltissimi spettatori. Sembra che James Gunn non possa sbagliare. La sua regia costituisce un fiore all’occhiello per il progetto The Suicide Squad, visto con sospetto prima della sua nomina. Eppure Gunn, per molto tempo, ha militato nelle fila del cinema indipendente, poco noto alla massa. La sua gavetta si è consumata nella Troma, casa di produzione nota per produzioni dalle forti tinte horror/splatter e dall’umorismo irriverente e provocatorio.
Proprio il tipo di umorismo che mise James Gunn nei guai, causando la sua momentanea dipartita dai Marvel Studios. L’oggetto del contendere furono alcuni tweet al vetriolo, poco in linea con lo stile di condotta tipicamente disneyano. Eppure, Gunn è riuscito a sopravvivere allo scandalo. Grazie al supporto dei fan, certo, ma soprattutto grazie all’appoggio incondizionato degli attori con cui aveva lavorato. I Guardiani della Galassia lo hanno difeso con passione, Dave Bautista in primis.
Sono bastati proprio i lungometraggi dedicati al super-gruppo spaziale targato Marvel a consacrare James Gunn come una delle menti creative più promettenti di Hollywood. Adorato dal pubblico, venerato dai suoi collaboratori. Un rispetto incondizionato che il cineasta ha coltivato anche sui social. The Suicide Squad costituisce uno snodo cruciale per la sua carriera. Se riuscisse a risollevare le sorti del franchise Warner/DC, potrebbe diventare davvero un novello Re Mida. Forse, a quel punto, il genere dei cinecomic potrebbe cominciare a risultare un pò stretto per le sue ambizioni.
Fonte: HeroicHollywood.com