Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban: una corsa contro il tempo… attraverso il tempo!

Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban: una corsa contro il tempo… attraverso il tempo!

Di Marco Lucio Papaleo

Continua la rassegna potteriana su Italia 1: questa sera, in prima serata, l’appuntamento è con Il prigioniero di Azkaban, terzo capitolo della saga e, in assoluto, uno dei più amati e significativi, soprattutto per la controparte filmica.
Innanzitutto, proprio a livello di lore, è con il terzo capitolo che il Mondo Magico comincia ad espandersi davvero oltre i confini di Hogwarts e di Diagon Alley, popolandosi di luoghi, convenzioni e nuovi amatissimi personaggi e creature magiche.
Harry e i suoi amici sono oramai al terzo anno e devono affrontare il misterioso Sirius Black, pericoloso mago oscuro evaso dal carcere magico di Azkaban: la risoluzione finale dell’intrigo è affidata ad una corsa contro il tempo… nel tempo! Grazie ad un artefatto magico, la GiraTempo, i nostri torneranno indietro nel recente passato per cambiare alcuni piccoli dettagli… che faranno la differenza.

Harry Potter e l’adattamento mutaforme

È qui che inizia la leggenda dei Malandrini, è qui che sentiamo parlare per la prima volta dei Dissennatori.
L’adattamento cinematografico ha fatto molto parlare di sé anche per l’approccio adottato nella sua realizzazione, parecchio distante, a livello tecnico e stilistico, dai primi due capitoli realizzati da Chris Columbus. Columbus aveva settato un tono dark ma al contempo fiabesco e “classico” al setting delle avventure del maghetto occhialuto: il nuovo regista, Alfonso Cuarón (all’epoca ancora ben poco noto e lontano dai successi di Gravity e Roma), non era interessato a seguirne pedissequamente le orme, anzi. Al di là di alcuni cambi “obbligati” o fortuiti (Michael Gambon al posto del defunto Richard Harris nel ruolo di Dumbledore, o il nuovo look del professor Flitwick) Cuarón contestualizza gli anni ’90 all’interno di quel setting, rendendolo più moderno ma non per questo meno ‘dark’. Cambia la fotografia, cambiano i costumi, cambiano molte scenografie e cambia anche l’approccio alla storia, portando anche a uno script che si concentra su una tematica principale sfrondando molta della mitologia che rendeva, tuttavia, la storia più ricca: lo sceneggiatore Steve Kloves venne a lungo rimproverato dai fan per non aver inserito dettagli fondamentali, come tutta la side story legata ai Malandrini, che sarebbero andati a chiarire (se non spiegare direttamente) i rapporti tra il padre di Harry e gli altri alunni della scuola di stregoneria britannica avvenuti oramai più di quindici anni prima.

Potter in time

Appare più che mai chiaro che il core della narrazione voleva e doveva essere uno: il viaggio nel tempo, e il tempo in senso lato. Il film è costellato di orologi e segnatempo di varia fattura, senza contare il cameo del musicista Ian Brown nei panni di un mago intento a leggere ‘A Brief History of Time‘ dello scienziato babbano Stephen Hawking. Un elemento, quello temporale, precedentemente assente in una saga che sembrava quasi “atemporale” e inserito dall’autrice J.K. Rowling per aggiungere pepe al tutto e poter narrare le stesse scene da angolature diverse, inserendo gustose rivelazioni con una tecnica narrativa arzigogolata ma di sicuro impatto. Quello dei viaggi nel tempo è un argomento cardine della narrativa fantascientifica, sebbene sia uno dei più complessi: le opere che lo usano (e, spesso, abusano) sono tantissime, spesso amate, a volte però anche spernacchiate per via della macchinosità e aleatorietà delle trovate interne.

Effetto Farfalla

Basilarmente, i viaggi nel tempo sono finalizzati a risolvere un problema creatosi nel passato o nel futuro, e l’obiettivo è di tornare al “presente” una volta operato il cambiamento necessario: è molto raro che il protagonista resti nell’epoca in cui è capitato, in modo più o meno fortuito. Si tratta dell’espediente più utilizzato, da Ritorno al Futuro a Terminator. Esiste, tuttavia, un filone che è caratterizzato dal cosiddetto loop temporale, in cui il viaggiatore è costretto a rivivere lo stesso periodo di tempo all’infinito fino a quando non riesce a spezzare la catena temporale tramite il giusto Butterfly Effect, in modo più o meno drammatico (pensate a Ricomincio da capo o Edge of Tomorrow).
Si tratta di una narrazione avvincente, ma spesso difficile da seguire e anche solo da architettare, perché ricca di insidie e paradossi che possono confondere, destabilizzare o infastidire il lettore/spettatore.
La prima scelta che l’autore deve prendere è decidere se il viaggio nel tempo crea una realtà alternativa (e quindi universi paralleli a se stanti, come ad esempio nel film degli X-Men Giorni di un futuro passato) o la linea temporale è unica e viene di volta in volta riscritta dagli avvenimenti, proprio come in Il prigioniero di Azkaban.

La magia del viaggio nel tempo

Ma come funziona il viaggio del tempo, nel Mondo Magico? È un elemento controverso, tant’è vero che la Rowling stessa ha affermato su Pottermore “Ho affrontato l’argomento del viaggio del tempo decisamente troppo a cuor leggero ne Il Prigioniero di Azkaban. Non me ne pento, ma mi ha creato diversi problemi.”
L’espediente della GiraTempo è stato stigmatizzato e preso spesso bonariamente in giro, come ad esempio in questo divertente cartoon di How should It Have Ended:

Oltre alla difficoltà di rendere tutto narrativamente coerente, si trattava di un deus ex machina potenzialmente fuori scala anche in un’ambientazione del genere, tant’è vero che, mentre nel libro si parla di generiche “conseguenze catastrofiche” da cui Hermione viene messa in guardia dalla professoressa McGonagall, successivamente la Rowling si è premurata di retconizzare e creare situazioni in grado di minimizzare il problema che lei stessa aveva creato. Come? Sottolineando che l’“Incanto di reversione oraria” alla base del funzionamento dell’artefatto funzionasse ‘in sicurezza’ su base oraria, per un massimo di cinque ore, scongiurando dunque un utilizzo simile a quello visto nelle parodie, e che ogni utilizzo diverso avrebbe portato a conseguenze terribili, alcune delle quali ben note al massimo esperto mondiale dell’argomento, il funzionario dell’Ufficio Misteri Saul Croaker. Ad esempio, nel 1899, la strega Eloise Mintumble tentò un esperimento instabile di viaggio nel tempo, rimanendo bloccata nel 1402 per cinque giorni. Al fortuito ritorno alla sua epoca, invecchiò istantaneamente di cinque secoli, creando inoltre un’alterazione temporale in cui, di fatto, venticinque linee genealogiche erano state modificate.
E ancora: tutte le GiraTempo rimaste, compresa quella temporaneamente utilizzata da Hermione Granger, erano conservate presso l’Ufficio Misteri, ma sono finite fuori uso in seguito alla battaglia presso il Ministero della Magia in L’Ordine della Fenice.
Sembrava la fine di un gimmick divertente ma fin troppo audace, almeno fino all’arrivo del sequel teatrale della saga, La maledizione dell’erede, dove non solo l’espediente viene riutilizzato, ma le carte in tavola vengono ulteriormente moltiplicate e spartite, con la presenza di ben due Time-Turner dal funzionamento, ad ogni modo, diverso da come era stato finora affrontato l’argomento nella saga. Il nuovo dispositivo, messo a punto dall’incantatore Theodore Nott per la famiglia Malfoy, permette di viaggiare nel tempo anche di diversi anni, per poi tornare al presente dopo appena cinque minuti: una versione perfezionata permetteva di restare nell’epoca desiderata ad libitum, per poi tornare, a comando, nel proprio futuro. Un funzionamento decisamente diverso dalla prima GiraTempo, che di fatto riportava al proprio presente una volta trascorse le ore “recuperate”. Un sistema potenzialmente ancora più pericoloso, che di fatto alterava le regole stesse imposte precedentemente dalla Rowling, portando i protagonisti Albus e Scorpius a creare vere e proprie linee alternative e disastri di proporzioni epiche, in un canovaccio per certi versi simile a quello di Ritorno al Futuro – Parte II.
Un azzardo, senza dubbio, ma anche un espediente che permette agli autori della pièce teatrale di giocare deliberatamente con personaggi vecchi e nuovi.

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