È arrivato nelle sale americane il cinecomic fortemente voluto da Vin Diesel, il quale ha portato sul grande schermo il fumetto della Valiant. Diretto dall’esordiente David F.S. Wilson, Bloodshot è un esperimento produttivo e cinematografico abbastanza interessante nelle premesse: un budget medio – 45 milioni di dollari – una star di livello assoluto come Diesel, un gruppo di comprimari più o meno conosciuti e l’intenzione precisa di costruire il prodotto come un videogioco. Tutte queste componenti mescolate più o meno con cura hanno portato a un film piuttosto difficile da interpretare, che punta tutto o quasi sull’idea della “giocabilità” di storia e personaggi.
Lo spunto iniziale che permette alla trama di riavvolgersi in continuazione regala a Wilson la possibilità di organizzare la messa in scena all’insegna dell’iper-tecnologia: Bloodshot di conseguenza risulta un film in cui spesso la visione diventa più importante dello sviluppo delle psicologie dei vari personaggi. In particolar modo Ray Garrison/Bloodshot in più di un’occasione viene percepito come una marionetta nelle mani del “mastermind” Guy Pearce, e questo non permette al personaggio di sviluppare il necessario status epico per diventare un supereroe sulla scala di quelli targati Marvel o DC. Pur potendosi gustare lo spettacolo di un prodotto volutamente hi-tech Bloodshot non arriva mai o quasi a possedere il respiro e l’ampiezza dei cinecomic contemporanei, mentre sembra costantemente risultare una “scaramuccia” tra il super-soldato costruito al computer e i suoi creatori che vogliono utilizzarlo per i propri, opportunistici scopi.
Ma come scritto all’inizio, il lungometraggio di Wilson non possiede le dimensioni produttive di un blockbuster, e l’idea di contenerne le pretese è tutt’altro che sbagliata. Ci sono momenti poi in cui ci si diverte a seguire le gesta dell’eroe impossibile da fermare: merito che deve essere attribuito principalmente ai personaggi di contorno, interpretati ad esempio da un Lamorne Morris piuttosto spiritoso e da una carismatica Eiza González, probabilmente la sorpresa migliore del film. Come sempre un discorso a parte merita il talento di Guy Pearce, il quale dipinge un “villain” manipolatore ma anche ansioso, fragile, umano nelle sue sfaccettature. Vin Diesel è sicuramente in parte nel ruolo di Bloodshot e vedendo il film si capisce che deve essersi divertito un mondo a interpretarlo. La star però sfrutta eccessivamente l’icona che si è costruito con la saga di Fast and Furious, e non perde mai l’occasione di sfoderare la canottiera bianca che ha appunto reso iconico Dominic Toretto. Il fatto è che addosso ad altri personaggi rischia di ottenere un risultato parodico…
Pop-corn movie che punta tutto su un’idea di visione/videogioco di fruizione veloce e indolore, Bloodshot è un ibrido squilibrato ma abbastanza interessante: può questo tipo di produzione essere un’alternativa valida ai budget sempre più incontenibili dei grandi cinecomic moderni? Vin Diesel e il suo film provano almeno a indicare la via per un tipo di cinema di puro intrattenimento – non autoriale come Joker, tanto per intenderci – che potrebbe senz’altro essere seguita da altri. Aspettiamo e vedremo…