In un momento in cui l’horror a basso budget sembra avere trovato nuova e potente linfa vitale, proponendo al pubblico soluzioni estetiche e narrative capaci di rinvigorire il genere fin dalle proprie radici, tornare a cimentarsi con un franchise come The Grudge era un’idea tutt’altro che sicura di aver successo.
Eppure il regista e sceneggiatore Nicolas Pesce (The Eyes of MY Mother, Piercing) ha vinto la propria scommessa puntando proprio sugli elementi che hanno rappresentato la carta vincente di molti lungometraggi dello stesso genere, a partire ovviamente da The Conjuring.
Il suo film infatti trova la propria forza visiva principalmente nell’ambientazione, una cittadina nella provincia della Pennsylvania dove tutto sembra polveroso, fatiscente, pronto a cedere sotto il peso dell’orrore incombente. E qui Pesce ambienta una storia che si svolge in diversi piani temporali, tra il 2004 e il 2006.
L’idea di esportare The Grudge in America funziona soprattutto perché ad essere messa in scena è la disperazione dei personaggi principali, tutti già sfiorati dalla perdita ancor prima di confrontarsi con le presenza oscure che tormentano la casa infestata. Dietro la cornice dell’horror, comunque fondamentale, Pesce costruisce un puzzle umano di anime spezzate, il cui dolore apre le porte all’infiltrarsi del Male.
Se a livello narrativo The Grudge spesso adopera alcuni elementi del melodramma, a livello estetico invece si spinge esplicitamente dentro il territorio del gore. Rispetto ai precedenti capitoli che lavoravano maggiormente sull’aspetto psicologico dell’orrore rappresentandolo in maniera tutto sommato stilizzata, Pesce opta invece per scene e momenti visivamente grafici, pieni di sangue ed effetti di trucco artigianali capaci di colpire nel segno.
Alla produzione c’è la Ghost House di Sam Raimi, autore che di certo non si tira indietro quando si tratta di realizzare horror-gore, e Pesce abbraccia la sua poetica visiva senza esitazioni. Il risultato è un film funereo nell’atmosfera e malato nelle immagini, una rivisitazione in chiave più espressiva del franchise di successo.
A contribuire alla riuscita di The Grudge anche il cast di attori, capitanato da un’inedita Andrea Riseborough che si cala nel personaggio del detective Muldoon con notevole aderenza fisica e psicologica, dotandolo do un’aura di dolore e sfinimento che lo rendono giustamente vulnerabile. È lei il cuore di un film che vede la partecipazione efficacissima anche di Lin Shaye (Insidious), Demián Bichir (The Nun), John Cho (Searching).
In conclusione The Grudge è un horror capace di spaventare ma soprattutto di immergere lo spettatore in un universo desolato, autunnale, contaminato dalla presenza della morte. Questa nuova versione promette di resuscitare il franchise e al tempo stesso dotarlo di una profondità introspettiva prima soltanto a tratti esplorata.