Promare è uno spettacolo visivo | Recensione del film Trigger

Promare è uno spettacolo visivo | Recensione del film Trigger

Di Marlen Vazzoler

Dopo Gurren Lagann e Kill la Kill, il regista Hiroyuki Imaishi e lo sceneggiatore Kazuki Nakashima tornano a lavorare insieme nel film Promare, il primo lungometraggio animato prodotto dallo Studio Trigger.

Un trionfo dell’intertestualità, con continue citazioni alle due serie animate citate prima.

La pellicola introduce diversi temi importanti, primo fra tutti la segregazione razziale, ma anche l’oppressione dei più deboli, la necessità di distruggere l’ordine attuale, temi cari alla coppia, ma che non vengono mai approfonditi. E proprio questa mancanza di sostanza tende a diventare sempre più evidente durante le visioni ripetute.

Questo non implica che solo i fan della coppia e della Trigger potranno apprezzare appieno questa pellicola. Come le precedenti opere d’Imaishi, la parola d’ordine è l’intrattenimento. Ci troviamo dunque di fronte a un ‘crowd-pleasing movie’ dalla trama semplice che punta tutto sulla spettacolarizzazione.

In casi come questi le reazioni della sala impattano particolarmente la visione. Ad Annecy e al Scotand Loves Anime, con un pubblico letteralmente pompato nel primo caso, ho potuto godere appieno il film.

Al Japan Expo invece con una sala ‘più variegata’, debbo ammettere che mi sono annoiata fino a quando il pubblico non ha cominciato a reagire a quanto visto sul grande schermo.

Attenzione, la recensione contiene degli spoiler, che potete leggere evidenziando il testo.

La storia

Un flashback ci spiega come trent’anni fa sono comparsi all’improvviso degli esseri umani mutanti, chiamati Burnish. Quando si trovano in situazioni di stress e pressione il loro corpo emette delle fiamme.

Non si tratta di semplici casi di combustione umana spontanea, perché non uccidono l’oste. In compenso seminano morte e distruzione in tutto il mondo. Il caso ambientato a San Francisco porta subito alla mente Un giorno di ordinaria follia di Joel Schumacher.

Nascono casi di segregazione seguiti dalla formazione di un gruppo radicale terroristico chiamato Mad Burnish. Ma la situazione degenera quando si crea un gigantesco incendio che avvolge il mondo intero.

L’azione si sposta ai giorni nostri, nella città di Promepolis. All’improvviso la Burning Rescue, la squadra di vigili del fuoco nata per estinguere gli incendi causati dai Burnish, riceve una chiamata.

Sul posto il gruppo si trova ad affrontare i Mad Burnish, che vengono presi di petto dal nuovo membro della squadra Galo Thymos, uno stupido spericolato dal cuore ardente, con una passione per i ‘matoi’ una sorta di bandiera usata durante il periodo Edo, in Giappone.

Ma il suo scontro contro il trio guidato da Lio Fotia, fa nascere i primi dubbi in Galo che va a chiedere spiegazioni al governatore della città Kray Foresight, l’uomo che ha salvato la sua vita e che ammira.

Chi già conosce Gurren Lagann e Kill la Kill, noterà il ripetersi di alcuni elementi sia della trama sia della caratterizzazione di alcuni personaggi. Assistiamo quindi all’alleanza tra Galo e Lio, mentre Kray si rivela il vero cattivo del film.

Personaggi e doppiaggio

Guardando Galo non possiamo fare a meno di pensare a Kamina di Gurren Lagann, sopratutto per il design. Caratterialmente possono sembrare simili, entrambi sono chiassosi, dei sempliciotti e si, stupidi ma Galo è molto più sfaccettato e approfondito.

In questa ora e mezza assistiamo a una sua evoluzione così come a quella di Lio. All’inizio i due personaggi sono presentati come uno l’opposto dell’altro, non solo visivamente ma anche figuratamente, ma man mano che la storia prosegue, vediamo come si influenzano a vicenda. Fino al culmine finale quando sembrano diventare una cosa sola, l’uno la metà dell’altro. E se vi verranno in mente Ryūko e Satsuki negli ultimi episodi di Kill la Kill, non è un caso.

La caratterizzazione di Kray Foresight è ben gestita, sopratutto i colpi di scena che lo riguardano sono ben dosati all’interno della storia.

Anche se lo spettatore attento noterà subito i vari indizi che rivelano la sua vera natura. Il rovesciamento dei ruoli all’interno della struttura narrativa è un classico della coppia Imaishi-Nakashima, e Masato Sakai fornisce un’ottima prova di doppiaggio.

Heris la sorella di Aina è l’ultimo personaggio ad avere un approfondimento decente nel film anche se decisamente minore rispetto ai precedenti.

Fortunatamente il personaggio di Aina non si riduce a una macchietta come il colonnello Vulcan o a un personaggio funzionale alla trama come Varys, Remi, Lucia e Ignis dei Burning Rescue.

Ma con qualche scena diversamente gestita sarebbe stato un personaggio decisamente più interessante.

Per quanto riguarda il doppiaggio, il cast giapponese è stato ben diretto. Kenichi Matsuyama, L nei film di Death Note, dopo un inizio un pochino incerto riesce a fare completamente suo Galo. Mentre avrei preferito qualche nuance in più nell’interpretazione di Taichi Saotome (Lio).

La recitazione over the top di Taiten Kusunoki per Vulcan, è perfetta.

Colori e forme

Uno dei punti di forza di questo film è la scelta dei colori, opera di Shigeto Koyama e Yukiko Kakita. Interessante la decisione di realizzare i flashback utilizzando il bianco e il blu invece del classico bianco e nero, in questo modo il fuoco dei Burnish (prevalentemente rosa), ottiene maggior risalto.

Uno schema di colore che tende a ripetersi durante i combattimenti con i Burnish, dove il blu e il nero diventano predominanti.

La storia si svolge principalmente a Promepolis, caratterizzata da colori sgargianti e freddi, ma con il proseguire della narrazione anche la temperatura del colore tende a spostarsi dall’azzurro al giallo, regalandoci così dei colori caldi e qualche rara sfumatura.

Dicevamo che il fuoco dei Burnish è prevalentemente rosa, con inserti azzurri, gialli e bianchi. Un’altra sua caratteristica è la sua forma triangolare, che viene mantenuta per quasi tutto il film, fino all’atto finale.

Quando nelle ultime battute Galo salva la vita a Lio e i due si uniscono per combattere Kray, il colore delle fiamme di Lio diventa verde dal cuore bianco così come quello degli altri Burnish. Sembrando così più una massa d’acqua che un fuoco ardente. Ma non solo, anche la sua forma cambia, il triangolo diventa una sorta di stella a tre punte.

Fin dalle sue prime battute Promare gioca con le forme: nei titoli di testa vediamo un triangolo ingabbiato in un quadrato, e poi la creazioni di cerchi. Il triangolo in questo caso rappresenta i Burnish vittime della segregazione che provano a ribellarsi.

Quando finisce il flashback, e poco prima di vedere la città di Promepolis, vediamo sullo schermo una serie di quadrati e rettangoli, che si rivelano poi essere le cime dei palazzi. Ma anche i mezzi della Burning Rescue e i vari robot si distinguono tutti per la preponderanza di queste forme.

Inoltre possiamo notare che il fuoco emesso da Kray è di colore giallo e di forma quadrata, quindi possiamo dire che ha costruito la città a sua immagine. Nei titoli di testa è così racchiuso il canovaccio del film.

Gli occhi più attenti noteranno che anche i raggi del sole, si adattano a seconda dell’ambiente, triangoli nelle scene con i Burnish, quadrati nelle altre. E i cerchi?

Questi vengono introdotti nella scena del lago, quando Lio e Galo scoprono la base, dalla forma semi-sferica creata dal professor Deus Prometh.

La costruzione è caratterizzata dalla presenza di curve, sfere, forme cilindriche e cerchi, stesso discorso per Deus X Machina. E alla fine del film, al sorgere del sole, gli effetti di luce assumono forma circolare.

Animazione

Gli ambienti, realizzati prevalentemente in 3D dal SANZIGEN Animation Studio, sono relativamente semplici, potremmo definirli minimalisti. In molti casi questa è stata una scelta puramente funzionale per permettere alla camera di poter fare quei virtuosismi tipici della regia d’Imaishi.

Alle carrellate verticali si aggiungono diversi movimenti più complessi che spesso tendono a occupare tutto lo schermo, se gli ambienti fossero più dettagliati risulterebbe molto più difficile seguire alcune sequenze.

Il 3DCD è discreto nella maggior parte del film, anche se ci sono delle scene dove la qualità dei modelli è davvero bassa. A parte questo l’animazione 2D e 3D è ben integrata, e lo spettatore non viene estraniato nel corso della visione.

Nel caso di Lio, Kray e Galo, Koyama sembra lasciare piena libertà agli altri animatori. In determinate scene chiave, dove le emozioni dettano i comportamenti dei personaggi, tendono a seguire meno il design ufficiale.

Musica

La colonna sonora di Hiroyuki Sawano si distingue particolarmente per le canzoni, usate durante le scene d’azione. Anche se le BGM (background music) non sono altrettanto coinvolgenti, riescono ad accompagnare molto bene la pellicola.

Questo perché si rivelano anonime e ripetitive. Per quanto riguarda il comparto sonoro, siamo negli standard del genere mecha.

Conclusione

In conclusione, se non siete fan dello Studio Trigger non sarà questo film a farvi cambiare idea perché incorpora tutto quello che definisce le loro opere.

Per tutti gli altri si tratta di un film che tende a premere l’acceleratore sulla spettacolarità, dando poca importanza ai dettagli, che intrattiene senza far pensare troppo lo spettatore.

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