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Il produttore esecutivo Tomasz Baginski, lo scenografo Andrew Laws e il costumista Tim Aslam ci hanno parlato della realizzazione di The Witcher a Lucca Comics & Games.
Dalla creazione dei costumi a quella dei mostri, all’integrazione degli effetti speciali. Come hanno interagito a livello logistico i dipartimenti e quali idee non sono state realizzate perché in contrasto con la direzione dello show
Tomasz Baginski: Incredibile, al momento ci sono qualcosa tipo 4.6 milioni di visualizzazioni solo su YouTube se non sbaglio. C’è stato un feedback molto positivo.
Andrew Laws: Sì, ho sentito reazioni molto positive, c’è molta anticipazione.
Tomasz Baginski: La reazione più importante per me era quella di Andrzej [Sapkowski]. Il mio rapporto con Andrzej risale a molti anni fa, abbiamo discusso di questo progetto per nove anni. E adesso siamo qui. È stato un momento davvero speciale.
Non lo so, è una domanda da fare a lui, non voglio parlare dei video game. Conosco chi ci ha lavorato e sono un grande fan, ma la nostra serie è un adattamento diverso. Ci siamo basati sui libri.
Andrew Laws: Un mix di tecniche, CGI, green screen, al giorno d’oggi i risultati finali sono sempre un’integrazione di tutte questi elementi. Fin dall’inizio abbiamo cercato di creare un mondo più reale possibile, e non affidarci costantemente a un mondo animato creato con gli effetti visivi, perché crediamo sia troppo alienante per il pubblico.
È un modo per raccontare alcune storie, ma non questa, la nostra è una storia più concreta e viscerale. I personaggi sono molto importanti, e volevamo che il pubblico avesse la sensazione di essere in loro compagnia. Quindi la fisicità dell’ambiente era qualcosa di fondamentale.
Ci sono ovviamente dei elementi, come i mostri e altri personaggi, per cui ci siamo affidati al dipartimento degli effetti speciali, ma abbiamo cercato di incorporarli.
Lo stesso discorso vale per gli ambienti, volevamo assicurarci che fossero reali, che permettessero al pubblico di orientarsi e che non fossero frutto di una creazione digitale.
Volevamo fosse comprensibile e magari anche piacevolmente in contrasto con le loro aspettative, per permettere al pubblico di immergersi completamente nella storia ed non renderli spettatori passivi.
Tomasz Baginski: Penso che per noi sia stato fondamentale rendere il tutto il più organico possibile, dai costumi ai set agli effetti speciali. Non volevamo che avesse un aspetto digitale, volevamo ci fossero interazioni con persone vere.
Anche nel caso dei mostri, di solito c’era sempre qualcuno con indosso il mocap suit per dare agli attori qualcosa con cui interagire.
Tim Aslam: Anche a livello di costumi. Ovviamente devi essere all’altezza del genere fantasy, quindi abbiamo dovuto trovare un equilibrio tra il realismo e l’eccentricità.
Devi comunque creare qualcosa d’impatto a livello visivo, di interessante, ma al tempo stesso sembrare reale, credibile, e non una sorta di cosplay sopra le righe.
Tomasz Baginski: Penso che una grande scoperta che ha fatto Lauren nel corso dello show è che a volte semplificare alcuni elementi dei costumi aiuta molto. Non è importante solo il design dei costumi ma anche chi li indossa.
Tim Aslam: Non vuoi far passare il personaggio in secondo piano, l’obiettivo non è mettere in evidenza il costume.
Andrew Laws: E lo stesso vale a livello scenografico, non vuoi far sparire i personaggi. Vuoi che il pubblico si senta in loro compagnia e che il mondo che li circonda accentui quest’aspetto.
E questo è stato un aspetto fondamentale del nostro impegno nei confronti della storia.
Andrew Laws: Tutto parte dalla collaborazione con Lauren, la showrunner, e dall’interpretazione della storia impostata dagli sceneggiatori. Poi dobbiamo filtrare queste informazioni al team creativo.
Ovviamente lavoriamo insieme per assicurarci che l’ambiente che stiamo creando, e le interazioni tra quest’ultimo ed i personaggi, siano coerenti. In pratica tutto si riduce a delle lunghe conversazioni nella fase iniziale.
Tim Aslam: È un costante avanti e indietro, in ogni fase del processo di sviluppo ci siamo relazionati con Lauren, che è l’elemento chiave per mantenere un collegamento tra tutti noi. Si assicura che tutti siano sulla stessa lunghezza d’onda.
A volte succede che faccia un design che è un po’, diciamo che non segue la direzione giusta per quel personaggio. Ovviamente lei è una maggior esperta di me sul mondo di The Witcher.
Quindi ci sono degli elementi che potrei disegnare per il mondo di The Witcher che non seguono la corretta direzione e lei mi fa tornare sulla strada giusta e me li fa cambiare. Cosa che ho fatto. Lavoriamo tutti insieme per creare questo mondo nel modo più equilibrato ed armonioso possibile.
Andrew Laws: Si tratta sia di considerare la visione d’insieme che i dettagli, che poi si rivelano la ciliegina sulla torta.
Dobbiamo stare attenti ai colori di un ambiente e ai colori dei costumi del personaggio che entra in scena. Dobbiamo fare in modo che i momenti drammatici nascano dai contrasti di colore.
Tim Aslam: È bellissimo rendersi conto che hai a disposizione un bellissimo costume che crea un meraviglioso contrasto con la scenografia che Andrew ha creato, così facendo lo risalti.
Non puoi avere una parete rossa e un vestito rosso, vedresti solo una faccia. Per fortuna non è mai successo, abbiamo lavorato insieme per fare in modo che tutto filasse liscio.
Tim Aslam: Sarebbe ottimale, sì.
Andrew Laws: Non voglio parlare a nome di tutti, ma per quanto mi riguarda tutti i processi di design comportano dei compromessi di qualche tipo. Possono riguardare limitazioni a livello fisico, ci possono essere limiti di budget, di tempo.
Come dice il vecchio proverbio, si fa di necessità virtù; spesso ti poni un obiettivo che pensi sia l’ideale e che poi si rivela irrealizzabile, ma a volte nel tentativo di trovare un’alternativa scopri qualcosa di meglio.
Per esempio, per quanto riguarda le location: è facile stare seduti ad un computer, trovare un’immagine e pensare “questo sarebbe perfetto”, ma poi devi fare i conti con la realtà, con quanto sia effettivamente fattibile, quanto sia a servizio della storia.
In molti casi si tratta di fare in modo che la location non impedisca agli attori di raccontare la storia, di non inserirli in un ambiente che si può rivelare troppo ostile.
Nel nostro caso abbiamo visto delle località nelle isole Canarie, dove abbiamo girato, che in fotografia erano mozzafiato ma che in realtà non avrebbero aiutato gli attori a raccontare la storia.
A volte è troppo rischioso, a volte troppo dispendioso a livello di tempo, ma alla fine l’unione fa la forza e insieme cerchiamo di trovare una soluzione a questo problema. Il punto della questione è che quando tutti i pezzi del puzzle lavorano insieme si crea un clima migliore, invece che seguire il desiderio di un singolo.
Tim Aslam: Anche per i costumi, c’è sempre qualcosa che vorresti fare ma che non puoi perché impedirebbe i movimenti degli attori, sopratutto in questa serie dove c’è molta azione, devi sempre tenere conto di dover creare dei costumi che permettano agli attori di fare quello che devono fare.
Anche nel caso di Henry [Cavill], puoi creare delle armature incredibili ma in ogni combattimento devi sempre assicurarti che i movimenti non creino disagi o infortuni agli attori. Devi scendere a compromessi sul look che vorresti, perché non sarebbe fattibile a lungo andare, ma fai comunque del tuo meglio.
Andrew Laws: Senza andare nello specifico, ci sono stati dei casi in cui abbiamo fatto il possibile per esaudire le richieste della sceneggiatura perché la storia lo richiedeva, ma ci sono state occasioni in cui abbiamo suggerito delle alternative che comportavano anche cambiamenti importanti nella storia a livello visivo, e gli scrittori sono sempre stati molto aperti e disponibili ai nostri consigli. C’è stato un bell’equilibrio.
Tomasz Baginski: Per alcune scene abbiamo esaminato anche dieci, venti bozze. C’è sempre stato un botta e risposta tra i dipartimenti.
Andrew Laws: Sì, non c’erano obblighi, della serie “questo è quello che dovete fare”, spesso ci ritrovavamo a scambiarci opinioni su dei set, sulle location o su delle sequenze d’azione. Le mandavamo agli sceneggiatori e poi tornavano di nuovo a noi.
Questa specie di simbiosi è di grande aiuto, ti permette di trovare soluzioni insieme, di tornare a fare affidamento alla storia originale, ed il risultato finale diventa il tuo obiettivo, non è più compromesso. A volte essere sempre eccessivamente ambiziosi e cercare di puntare sempre in alto si rivela un intralcio.
Tim Aslam: Quando scrivi puoi fare di tutto, non ci sono limiti, ma poi devi fare i conti con la realtà. Alcune delle descrizioni dei costumi che mi avevano dato non erano fattibili, se vesto gli attori in un certo modo non saranno in grado di combattere, non si muovono, inciamperanno, i vestiti saranno d’intralcio.
Devi trovare un modo per aggirare tutto questo, a volte sono descrizioni prese dal libro che però nella realtà non sono attuabili, ed è successo che gli stunt dovessero intervenire per confermare l’impossibilità di certi costumi. E a quel punto aggiri il problema, magari il personaggio perde il mantello, o quello che è.
Andrew Laws: La costante quando adatti un libro è che la scrittura ti permette cose davvero fantastiche, puoi far fare ai personaggi tutti i salti, gli slanci e gli spostamenti che vuoi, ma noi dobbiamo adattarle poi ad un contesto visivo.
Tomasz Baginski: Poi ci vogliono centinaia di carpentieri.
Andrew Laws: Esatto. Questa è una delle sfide, a volte è come risolvere un puzzle in stile Escher. Quando fai ricorso solo all’immaginazione di chi legge puoi sbizzarrirti, è come essere in un sogno, puoi passare da un quadrato ad un cerchio senza troppe spiegazioni. Noi dobbiamo fare in modo che accada a livello materiale, ma anche questo fa parte del divertimento.