E’ arrivato nei cinema il 23 Gennaio 1917, il nuovo film di Sam Mendes (American Beauty, Jarhead, Spectre) acclamato dalla critica (risultando vittorioso ai Golden Globes) e candidato a ben 10 premi Oscar, fra cui la prestigiosa categoria Miglior Film.
La pellicola racconta la storia di due giovani caporali britannici, Schofield (George MacKay) e Blake (Dean-Charles Chapman), che affrontano la Prima Guerra Mondiale dal loro personalissimo punto di vista, condiviso con gli spettatori in un lunghissimo piano sequenza che ricopre l’intera durata del film. I due vengono scelti per consegnare un importante messaggio ad un battaglione di 1600 uomini diretto verso una trappola mortale, in una lotta contro il tempo che metterà alla prova la loro amicizia ed il loro coraggio mentre tentano di attraversare un territorio ostile.
Il film narra quindi in tempo reale l’intero viaggio di Schofield e Blake, riuscendo con tecniche e tecnologie all’avanguardia a dipingere un affresco continuativo ed emozionante: 1917 è un’esperienza visiva incredibile, la cui realizzazione si è rivelata molto più complessa di quanto possa apparire ad un primo sguardo: eccone di seguito i segreti e i retroscena!
Ovviamente, è quasi impossibile girare un intero film composto di un singolo piano sequenza, ovvero senza mai spegnere la telecamera dall’inizio alla fine delle riprese: è questo però l’effetto che Sam Mendes riesce a dare allo spettatore durante la visione del suo film, montando ad arte lunghissime scene singole in piano sequenza che riescono a dare, grazie ai dovuti accorgimenti e trucchi da esperti del settore, una sensazione di continuità assoluta.
Il cinema non è privo di esempi in tal senso: basti citare il celebre Birdman con Michael Keaton protagonista (premiato come Miglior Film agli Oscar del 2015) o il “padre” di tutti i film in piano sequenza, Nodo alla Gola del maestro Alfred Hitckcock (classe 1948): 1917 porta però la tecnica ad un livello estremo, girando quasi esclusivamente in esterno e compiendo dei virtuosismi con la camera (come delle veloci inquadrature a 360 gradi) mai visti prima, grazie anche all’alto livello della strumentazione utilizzata (come le nuove camere ALEXA Mini LF, capaci di condensare in versione ridotta prestazioni ad altissima qualità).
Poiché come appena detto il film è girato nella sua quasi totalità in esterno, senza praticamente alcun ausilio di luci artificiali, la fotografia del film è stata studiata attentamente in riferimento alla luce naturale e al clima dei luoghi che fanno da sfondo alla lunga corsa dei due protagonisti: soltanto poche ore di ogni giornata si rivelavano adatte alle riprese, ed inoltre la troupe per sfruttare le luci migliori e riuscire a dare una continuità contestuale alle scene era costretta ad attendere che il cielo fosse coperto, relegando le giornate di sole alle continue prove.
I due protagonisti sono sempre in movimento, in un viaggio che non permette mai ai personaggi e tantomeno agli interpreti di tornare sui propri passi: ne deriva un impegno incredibile in sede di scrittura e storyboard, poiché a livello di pianificazione, il piano sequenza girato di volta in volta dovrà essere necessariamente preso nella sua interezza per essere inserito nel film e montato con gli altri. Un singolo minuscolo errore, sia esso umano o dovuto ad un qualsiasi imprevisto, potrebbe far scartare decine di minuti di girato.
Attori e troupe hanno quindi dovuto provare moltissime volte le tempistiche delle loro azioni: a volte gli operatori erano costretti a salire su dei mezzi in movimento per realizzare le riprese immaginate da Mendes, per poi scendere e seguire i protagonisti a piedi, nascondersi quindi dietro parte della scenografia e così via. Come in una coreografia, attori ed operatori hanno dovuto calcolare perfettamente i tempi del film, per potersi trovare di volta in volta nel posto giusto al momento giusto.
La direzione di Mendes avveniva a distanza, tramite monitor: spesso le riprese prevedevano rotazioni continue, fino ai 360 gradi sopra menzionati, e la troupe – regista compreso – non poteva nascondersi come nelle regolari riprese di un film dietro la macchina da presa. Sono pochissimi i punti in cui la post-produzione ha dovuto eliminare o correggere elementi esterni finiti nel girato finale, con operatori, staff ed attori impegnati in perfetta sincronia a rispettare le tempistiche di azioni provate e riprovate.
La macchina da presa doveva necessariamente muoversi lungo una strada tracciata – così come gli attori – precedentemente, ma con una difficoltà in più rispetto ad essi: lo storyboard riportava infatti anche i momenti in cui la ripresa doveva svolgersi in maniera ravvicinata, quando doveva allontanarsi in un campo lungo, quando doveva effettuare un improvviso “controcampo manuale”: ogni inquadratura doveva essere precedentemente immaginata ed inserita nello schema, per poi essere provata, effettivamente “calcolata” ed infine girata. Come ha spiegato Mendes stesso in un’intervista:
Di solito il regista pensa “Poi questo lo tagliamo, oppure accorciamo questa scena, o magari la eliminiamo completamente”. In questo film però non era possibile lavorare così. Non c’era una via d’uscita, quel che veniva girato era definitivo. I movimenti della macchina da presa e dei tecnici dovevano essere coordinati con il lavoro degli attori. È stata necessaria un’immensa pianificazione e un’enorme abilità da parte degli operatori.
In definitiva, Sam Mendes si è detto più che soddisfatto del risultato finale, ed il riscontro di critica e pubblico non lo ha affatto smentito: attendiamo quindi di vedere nella notte del prossimo 9 Febbraio come e quanto la Academy deciderà di premiare i suoi sforzi!