Cinema

I migliori film del 2019 secondo ScreenWeek – La classifica di Lorenzo

Pubblicato il 27 dicembre 2019 di Lorenzo Pedrazzi

Una forte vena politica anima il cinema del 2019, con svariati autori della Settima Arte che prendono le parti dell’1% per raccontare il conflitto tra vincitori e vinti, sfruttatori e sfruttati, talvolta mettendo in scena un ribaltamento delle due parti. Questo tema si riflette anche sulle mie scelte per la top 10, che rispetta i soliti requisiti: solo film ufficialmente distribuiti in Italia nel corso del 2019, in sala e/o sulle piattaforme streaming. Per questa ragione, niente Jojo Rabbit, Piccole donne ed Ema, giusto per citarne alcuni che avrei inserito volentieri. Niente fare – purtroppo – anche per High-Life, che non ha ancora ricevuto una distribuzione ufficiale.

La top 10 – e anche le menzioni speciali che la precedono – è quindi composta da titoli effettivamente usciti nelle sale italiane durante l’anno, nonostante un paio di film siano stati presentati in vari festival nel 2018.

Menzioni speciali

Suspiria, Il colpevole – The Guilty, Un giorno di pioggia a New York, Yesterday, Toy Story 4, Shazam, Ad Astra, Midsommar, Avengers: Endgame, Il traditore, L’ufficiale e la spia, Spider-Man: Far From Home, Il primo Re, The Laundromat, Noi, Brittany non di ferma più, Non succede, ma se succede

Ed ecco la top 10:

Bonus track – THE RIDER di Chloé Zhao

Normalmente, lo splendido The Rider di Chloé Zhao occuperebbe una posizione molto alta nella mia personale classifica, ma lo inserisco solo come bonus track perché si tratta di un film del 2017, distribuito in Italia con più di due anni di ritardo, quindi mi sembrava forzato collocarlo “ufficialmente” nella top 10 del 2019. È comunque un’opera imperdibile: il ritratto intimo di un giovane cowboy che non può tornare in sella dopo un incidente, e si sente privato della sua stessa identità. Zhao, nata in Cina ma cresciuta negli USA fin dall’adolescenza, valorizza i paesaggi del Sud Dakota con immagini stupefacenti, testimonianza del suo grande talento cinematografico. Nel 2020 la vedremo alle prese con il suo primo blockbuster, Gli Eterni dei Marvel Studios.

10 – LA MAFIA NON È PIÙ QUELLA DI UNA VOLTA di Franco Maresco

Irresistibile teatrino di figure surreali, La mafia non è più quella di una volta è il documentario con cui Maresco dipinge un avvilente ritratto della sua città, Palermo, attraverso l’ironia di un perenne disilluso. Eppure, il regista ha il merito di introdurre un controcanto: la passione e la fiducia di Letizia Battaglia stemperano infatti la sua misantropia, o quantomeno offrono un punto di vista alternativo. Si ride amaramente, prendendo coscienza di un malcostume talmente radicato da essere quasi inestirpabile.

9 – CAFARNAO di Nadine Labaki

I confini tra vita e arte sfumano nel film di Nadine Labaki, i cui interpreti hanno realmente vissuto esperienze di esclusione sociale. Così, la regista libanese riversa dolore, paura e disperazione (ma anche speranza) in quell’assordante cafarnao che sono le vite degli “ultimi”, tramite gli occhi di un bambino che si ribella ai genitori, e quindi all’autorità, al potere: un dramma straziante che racconta la verità dietro i flussi migratori, troppo spesso svilita e dileggiata.

8 – SORRY WE MISSED YOU di Ken Loach

Lucido cantore degli oppressi, Ken Loach volge lo sguardo sulle nuove forme di schiavitù che caratterizzano l’Occidente. La working class contemporanea è serva di un sistema economico che, per prosperare, la stritola nei suoi ingranaggi, mentre l’uomo è sempre più succube della macchina: lo “scanner” che governa le vite dei corrieri determina il loro futuro, con effetti a cascata sull’intera famiglia. Un film acuto, onesto e lancinante.

7 – CENA CON DELITTO – KNIVES OUT di Rian Johnson

Rian Johnson omaggia Agatha Christie e i classici del giallo, ma Knives Out è ben più che una mera rievocazione feticista: il suo mystery, contorto e imprevedibile come insegna il retaggio del genere, mette in conflitto vittime e carnefici di un mondo spaccato in due. Le profonde discriminazioni economico-sociali si riflettono nel rapporto tra “servi” e “padroni”, mentre il detective funge da raisonneur che osserva e razionalizza. Intelligente e divertentissimo.

6 – MARTIN EDEN di Pietro Marcello

Pietro Marcello filtra il romanzo di Jack London attraverso uno sguardo personalissimo, capace di amalgamare diversi registri – filmati d’archivio, girato originale, testimonianze storiche… – in una narrazione che replica i meccanismi del subconscio: il montaggio, infatti, è un flusso di associazioni onirico-mnemoniche che alternano l’intimismo dei ricordi e l’universalità della Storia. Il singolo e la collettività dialogano in un racconto che celebra la cultura come agente di cambiamento, retto quasi per intero sulle spalle del bravissimo Luca Marinelli.

5 – C’ERA UNA VOLTA… A HOLLYWOOD di Quentin Tarantino

Ben più che un film nostalgico, C’era una volta… a Hollywood è l’epopea con cui Tarantino rielabora quella Hollywood leggendaria che non ha mai vissuto in prima persona, ma solo attraverso la televisione, il cinema e i rotocalchi. È proprio quel filtro a caratterizzare il film, entità magmatica e multiforme che dimostra per l’ennesima volta – ma con ancora più ardore – la fede del regista nel cinema: una forza propulsiva in grado di cambiare persino la Storia, con le sue storie. DiCaprio straordinario.

4 – THE IRISHMAN di Martin Scorsese

Un’altra epopea molto personale, ma stavolta giocata per sottrazione. The Irishman mette in scena la banalità del crimine e la sua sconcertante diffusione capillare, in quanto realtà inevitabile con cui si devono fare i conti. La Storia si dipana sullo sfondo, mentre la radicale umanizzazione del gangster ne segue il declino psico-fisico fino alla tomba, o poco prima. Al contempo, maschile e femminile sembrano irrimediabilmente separati in un mondo spaccato in due: da una parte i responsabili della violenza, dall’altra le sue testimoni. Una riflessione malinconica sul tradimento dell’amicizia, sul tramonto della lealtà, su un cinema che forse non esiste più.

3 – PARASITE di Bong Joon-ho

Bong Joon-ho ci offre una delle più lucide e spietate letture del presente che siano mai apparse al cinema in questo decennio. Una parabola tragicomica – costantemente giocata fra dramma e commedia, thriller e farsa – che radicalizza le divisioni sociali: gli oppressi penetrano negli interstizi delle classi privilegiate, ma finiscono solo per scatenare una paradossale guerra tra poveri. A tutto questo si aggiunge uno straordinario lavoro nella costruzione dei set, merito dello scenografo Lee Ha-joon, che ha progettato la villa dei Park da zero.

2 – STORIA DI UN MATRIMONIO di Noah Baumbach

Noah Baumbach, abile narratore di conflitti e incertezze, scrive una sceneggiatura calibrata al millesimo di secondo per raccontare la storia di un divorzio, che è anche la storia di un matrimonio e del rapporto fra due persone innamorate. Con dialoghi scoppiettanti e situazioni paradossali, il film dipana progressivamente le ragioni della separazione, e Baumbach lo gestisce come un’opera teatrale: salvo alcune eccezioni, Marriage Story è un susseguirsi di impeccabili sequenze dialogate che si svolgono in stanze chiuse, giocando sulla prossemica e sul rapporto tra i corpi nello spazio, proprio come accade nella professione della coppia (lui regista teatrale, lei attrice della sua compagnia). Un film che oscilla fra speranza e disillusione, dove l’ironia brillante sa essere più salvifica che amara, ulteriormente valorizzato dalle interpretazioni di Scarlett Johansson e Adam Driver.

1 – RITRATTO DELLA GIOVANE IN FIAMME di Céline Sciamma

Céline Sciamma prosegue la sua indagine sulla costruzione dell’identità femminile con un bellissimo melodramma impressionista – e talvolta simbolista – che dimostra quanto il male gaze sia superato e inaffidabile. La storia d’amore tra la pittrice Marianne e la promessa sposa Héloïse mette in scena il dissidio tra pressioni sociali e impulsi interiori, facendosi sempre più poetica e intangibile con l’approfondirsi del sentimento. Tutto questo senza ricorrere a una colonna sonora musicale, ma solo attraverso la densità dei silenzi, il peso del “non detto”: Ritratto della giovane in fiamme interiorizza lo sguardo femminista con una visceralità che i goffi balbettii della Hollywood post-MeToo possono solo sognarsi. Meraviglioso.