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Ritratto della giovane in fiamme è un film meraviglioso | Recensione

Pubblicato il 17 dicembre 2019 di Lorenzo Pedrazzi

Se è vero che Céline Sciamma costruisce i suoi film a partire da singole immagini forti, allora Ritratto della giovane in fiamme è davvero una composizione armonica di pennellate impressioniste (talvolta simboliste) che formano un’opera densa ed eccezionale. Il superamento del male gaze passa anche dall’unicità di questo approccio, dove la storia d’amore fra due donne è raccontata attraverso un avvicinamento graduale ed episodico, con sprazzi narrativi che fungono quasi da monadi: a legarli c’è la vicenda della pittrice Marianne (Noémie Merlant), cui viene commissionato il ritratto di nozze di Héloïse (Adèle Haenel) su un’isola della Bretagna. Siamo alla fine del XVII secolo, ed Héloïse è appena uscita dal convento; il punto, però, è che non vuole sposarsi, e rifiuta persino di farsi ritrarre. Marianne decide allora di atteggiarsi a “dama di compagnia” per osservarla da vicino, in modo da dipingere il quadro a memoria. Così, mentre le due donne si conoscono sempre più a fondo, tra loro germoglia un sentimento che non possono ignorare.

Questa progressione di stampo emotivo trova una corrispondenza nella percezione del film, innescando un dialogo tra forma e contenuto. Quando Marianne giunge a destinazione, viene accolta dagli scogli affilati dell’isola e da un clima sottilmente inospitale, quieto e desolato; allo stesso modo, l’inizio di Ritratto della giovane in fiamme sconcerta per le sue attese snervanti, i suoi lunghi silenzi e la natura sfuggente di Héloïse. Ma quando Marianne le confessa la vera ragione della sua visita, e la madre della ragazza (Valeria Golino) parte per l’Italia, le due donne costruiscono un proprio microcosmo familiare insieme alla servetta Sophie (Luàna Bajrami), che è rimasta incinta e vuole abortire. Ne deriva un quadro di solidarietà femminile che non ha bisogno di proclami didascalici per esprimere la sua intensità: Céline Sciamma lavora sui silenzi, sul “non detto” tra una parola e l’altra, e il suo film interiorizza lo sguardo femminista con una visceralità che i goffi balbettii della Hollywood post-MeToo possono solo sognarsi.

La cineasta francese prosegue quindi l’indagine sull’identità sessuale femminile, la sua fluidità e i suoi conflitti. Il dissidio tra pressioni sociali e impulsi interiori è ancora una volta fondamentale: quella tra Marianne ed Héloïse è una storia d’amore impossibile, eppure la sua fiamma brucia come l’abito di quest’ultima, che prende fuoco durante una notte di balli in spiaggia e viene fissato dalla pittrice sulla tela. “Nel momento esatto in cui ha sentito la sua gonna bruciare” scriveva Aimee Bender nel bellissimo La ragazza con la gonna in fiamme, “che cosa ha pensato? Prima di scoprire che fosse colpa delle candele, avrà pensato di averle dato fuoco da sola? Con il suo straordinario ancheggiare, e il calore della musica dentro di lei, avrà creduto, anche per un solo glorioso secondo, che fosse arrivata la sua passione?” Ecco, la visione simbolica della “giovane in fiamme” potrebbe tranquillamente essere riassunta nelle parole dell’autrice americana, peraltro scritte più di vent’anni fa: un fuoco interiore che si fa paradossalmente concreto, e consuma le spoglie di quanto è considerato socialmente accettabile. Non a caso, le fiamme vengono subito estinte dalle altre donne, mentre Héloïse resta quasi impassibile.

Con il trascorrere dei minuti, il film diviene sempre più poetico e intangibile, talvolta persino onirico, come se Sciamma certificasse l’impossibilità di cogliere l’essenza più pura del sentimento amoroso, se non tramite l’astrazione. Il suo gioco di silenzi e discussioni intellettuali (Marianne ed Héloïse si confrontano sul mito di Orfeo e Euridice) riesce paradossalmente a valorizzare l’esigenza di questo amore, e ogni manifestazioni d’affetto tra le due donne è una vera liberazione, a partire dal primo bacio. Le parole risultano secondarie, a comunicare sono le immagini: Ritratto della giovane in fiamme adotta un linguaggio che non solo è all’origine stessa del cinema, ma s’immerge ancora più a fondo, pizzicando corde che sono dentro ognuno di noi.