Tre donne, tre psicologie, tre differenti punti di vista sullo scandalo riguardante gli abusi sessuali che hanno messo fine all’impero mediatico di Roger Ailes a Fox News. Sfruttando il meccanismo narrativo che gli ha permesso di guadagnare l’Oscar grazie a La grande scommessa lo sceneggiatore Charles Randolph mescola piani temporali, angolazioni, personaggi che sfondano la cosiddetta “quarta parete” parlando direttamente allo spettatore. Bombshell si presenta come un puzzle narrativo ed estetico orchestrato con enorme sapienza anche dal regista Jay Roach, autore che nel corso degli anni ha saputo fondere con sapienza politica e satira sociale: basta pensare a film TV quali Recount e Game Change, mentre al cinema ha realizzato opere altrettanto ficcanti come Candidato a sorpresa o L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo.
La forza primaria di Bombshell sta nella costruzione narrativa che racconta con incredibile tempismo il progressivo montare dello scandalo: la visione assolutamente non univoca né tanto meno semplicistica che il film offre è fatta di sussurri, parole accennate, frasi dal doppio senso. Una fortezza di mis-comunicazione costruita da Ailes (John Lithgow) e smontata pezzo per pezzo da coloro che hanno osato ribellarsi agli abusi suoi e di altre eminenti figure all’interno di Fox News. Ma Roach e Randolph non vogliono nascondere le ambiguità di personaggi come Megyn Kelly o Gretchen Carlson, e questo rende Bombshell ancor più credibile: ciò che viene fuori con forza è un messaggio preciso e prezioso, e cioè che non bisogna essere persone immacolate o innocenti per essere comunque nel giusto. Soprattutto la maniera in cui è tratteggiata la figura della Kelly possiede una dimensione cinica e calcolatrice che colpisce nel profondo. Sono questo personaggio e la poderosa interpretazione che Charlize Theron ne fornisce l’anima feroce di Bombshell, lungometraggio stratificato che merita di essere elogiato prima di tutto per la sua sincerità.
In un momento storico di (sacrosanta e necessaria) rivoluzione in cui avrebbe facilmente potuto ingraziarsi il favore di pubblico e critica, Jay Roach ha invece scelto di mettere in scena lo “scandalo Eiles” – uno dei momenti fondamentali di tale processo – rappresentando anche le ambiguità, le contraddizioni e le zone grigie della moralità con un coraggio impressionante. Ad aiutarlo nell’impresa non soltanto la già lodata Theron ma anche una Nicole Kidman altrettanto efficace e una Margot Robbie il cui personaggio fittizio creato apposta per il film mostra invece una certa retorica in almeno un paio di situazioni. Come pare certo l’attrice riceverà una candidatura all’Oscar come non protagonista, ma se dovesse ottenerla per Bombshell invece che per C’era una volta…a Hollywood di Quentin Tarantino sarebbe a nostro avviso un madornale errore.
Insieme alle tre protagoniste hanno voluto partecipare a Bombshell anche se in ruoli anche minuscoli altre star come Allison Janney, Connie Britton, Kate McKinnon, Robin Weigert, Jennifer Morrison, Ashley Greene, Alice Eve e molte altre. Artiste che hanno evidentemente sentito il bisogno di contribuire a un lungometraggio che mette in scena con coraggio e schiettezza essere una donna nello showbusiness americano contemporaneo. Un sistema in cui a quanto pare ci sono moltissimi colpevoli e pochi, pochissimi innocenti…