RUDI – La Serie Web: anche i morti viventi possono insegnarci qualcosa

RUDI – La Serie Web: anche i morti viventi possono insegnarci qualcosa

Di Filippo Magnifico

Raccontare storie fantastiche per spiegare il presente. Un espediente sempre efficace, che in più di un’occasione ha ispirato il mondo della settima arte.
Da questo punto di vista il cinema dell’orrore ci ha regalato forse le più grandi soddisfazioni, con le sue metafore sociali e i suoi mostri, in grado di rappresentare, a seconda delle occasioni, diversi aspetti dello scibile umano.

I morti viventi, ad esempio, sono in grado di assumere diverse forme. Possono diventare il nemico da sconfiggere, ma anche il simbolo dell’emarginazione, il diverso contro cui scaricare la nostra rabbia, la nostra più profonda frustrazione.
Consacrati da George Romero negli anni ’60, gli zombie sono giunti fino ai giorni nostri, infestando il grande e il piccolo schermo. E c’è una nuova serie, tutta italiana, che ha le carte in regola per lasciare il segno.
Si intitola Rudi, è creata e scritta da Vincenzo Malara e diretta da Lillo Venezia (il primo episodio è co-diretto con Piernicola Arena), che è anche autore della sceneggiatura della seconda e terza puntata.

La trama

Protagonista della storia è Rudi (Christian Terenziani), ex infetto (simile in tutto e per tutto a uno zombie) guarito e liberato dalla sua aggressività e tornato umano. La vicenda si svolge in una Modena reduce da un’epidemia che ne ha decimato la popolazione. Qui decine di ex infetti come Rudi vengono messi davanti a un bivio: andare in esilio per sempre o provare a reinserirsi nella società. Rudi sceglie di tornare a casa ma deve scontrarsi con un mondo che lo guarda con diffidenza, costringendolo ai margini. Ad aiutare il protagonista nella rinascita sarà Camilla, amica speciale, eccentrica quanto lui (Marianna Folli). Intanto, ai confini della città qualcosa di inquietante minaccia di tornare portando con sé un passato terribile.

Un morto vivente in grado di insegnarci qualcosa

Abbiamo avuto il piacere di vedere i primi tre episodi di Rudi e siamo rimasti piacevolmente colpiti.
Rudi non è solo un horror, anche se la tematica richiama direttamente il genere.
La sua storia è in grado di toccare diversi territori e lo fa con estrema naturalezza, senza mai risultare fuori luogo o eccessiva.
Durante gli episodi si sorride, ci si commuove si tifa per i personaggi e si prova anche un reale senso di tensione.
Si percepisce una profonda consapevolezza, perché tutti quegli elementi fondamentali per rendere una serie avvincente sono presenti e dosati nel modo giusto.

E poco importa se quello portato sullo schermo è uno scenario dalle premesse impossibili, perché l’immedesimazione con la storia, con i suoi protagonisti, è molta.
Questo è in gran parte merito degli attori coinvolti, a cominciare da Christian Terenziani, perfetto nel rappresentare le insicurezze e i timori di chi si trova costretto ad affrontare una situazione difficilissima, che non ha mai cercato.

Rudi affronta un tema oggi più che mai attuale come l’accoglienza, l’integrazione e lo fa in maniera originale e mai banale.
Ci ricorda che ognuno di noi può diventare il “diverso”, perché purtroppo (e lo sappiamo molto bene) “l’urgenza del momento è trovare qualcuno con cui prendersela”.

Insomma, si tratta di una storia importante, proprio per questo abbiamo deciso di fare alcune domande ai creatori di questo progetto, Vincenzo Malara e Lillo Venezia, per conoscerla meglio.

L’horror, forse più di ogni altro genere cinematografico, è in grado di dimostrarsi uno specchio dei tempi. E in questo caso la riflessione sul presente è palese. Rudi non è solo ed esclusivamente un horror, è vero, ma la figura dello zombie rimanda al genere e usarla come metafora del “diverso” funziona molto bene. Come è nata l’idea?

Vincenzo Malara: Sentivo l’esigenza da tempo di raccontare la storia di un ‘diverso’, di qualcuno che si trovasse catapultato, suo malgrado, in una situazione che lo vede diventare improvvisamente un alieno della società. Quando ho incontrato per caso Christian Terenziani sul set di una clip a tema zombie, tutti gli indizi frammentati che avevo in testa si sono compattati convergendo sul personaggio di Rudi, un personaggio che è un mix di umanità e malinconia cucita addosso all’attore stesso. Ho preso così la figura dello zombie scomponendola a mio piacimento. Ne ho mantenuto l’aspetto estetico, ma l’ho arricchito di un passato e un futuro, non più una creatura infettata e affamata, ma un essere umano guarito e alla ricerca di una seconda possibilità. So che qualche cultore del genere storcerà il naso, anche se ho cercato comunque di mantenere alcuni capisaldi del genere horror, a partire dal personaggio di Yuri e gli altri ex infetti.

Una delle cose che più colpisce guardando Rudi è la reale consapevolezza della storia. Molto spesso progetti simili iniziano con un’idea valida ma si perdono nel tempo. In questi primi episodi si capisce che c’è un piano preciso alla base: personaggi, trama, niente è lasciato al caso e si capisce che il percorso della serie è particolarmente ambizioso. Avete già in mente tutta la storia e il suo epilogo?

Vincenzo Malara: Quando mi sono approcciato al progetto di Rudi ho cercato di creare un universo funzionale che prevedesse tutta una serie di personaggi che potessero in qualche modo giustificare, ostacolare e agevolare il cammino del protagonista nei vari episodi. Molti sono stati mantenuti, altri scartati o ‘congelati’ magari per sviluppi futuri. Siamo partiti da un perimetro circoscritto al colloquio di lavoro di Rudi che raccontiamo nell’episodio pilota, poi le puntate successive ampliano il raggio d’azione includendo situazioni più complesse, alcune abbastanza spiazzanti. Per me è stato molto importante confrontarmi con la riuscita del primo episodio per poi ricalibrare diversi snodi narrativi in funzione della resa dei personaggi, anche emotiva, sullo schermo. Fondamentale è stato un lavoro di scrittura molto intenso col regista Lillo Venezia, ricco di spunti e idee, che hanno portato alla definizione delle sceneggiature di episodio 2 e 3. Non voglio anticipare nulla, ma con la terza puntata si chiude un cerchio che lascia comunque spazio a sviluppi futuri. Ho in mente già i prossimi passi di Rudi, vedremo se riusciremo a realizzarli.

Ci sono registi o grandi classici del genere a cui ti sei ispirato durante le riprese di Rudi? In alcuni passaggi mi è sembrato di riconoscere Edgar Wright e i suoi “Quick Shots” ma non è di certo il solo…

Lillo Venezia: Certo, gli stilemi di quel tipo di regia ci sono, mutuati anche da Guy Ritchie che forse è l’ispirazione primigenia. Ci sono poi registi di cui condivido la filosofia (sia di genere che non) e il loro lessico cinematografico l’ho ormai introiettato. Alan Parker, Bartosz Kowalski, Michael Mann per citarne alcuni. In Rudi ho voluto mettere al centro l’emozione, l’elemento umano e quindi proporre il “primato degli attori”. Lo stile di ripresa che ho adottato, sintesi multiforme delle mie idee di regia e dei paradigmi degli autori di riferimento, è in definitiva uno strumento per restituire allo spettatore, valorizzandola, l’emozione della performance degli attori.

Tra fine 2019 e inizio 2020 la serie sarà diffusa su diverse piattaforme streaming in giro per il mondo. Nel frattempo ha già ottenuto diversi riconoscimenti: tre premi agli Independent Short Awards di Los Angeles (best web series/pilot; Best new media e Best acting duo Christian Terenziani e Marianna Folli); due premi agli Oniros Film Awards (Italia) (Best pilot and best poster – edizione marzo 2018, oltre a una menzione speciale al Galà come “Best italian short”); due premi al Tuscany Web Festivalb (Best pilot e Best actor Christian Terenziani); un premio al Voce Spettacolo Film Festival di Materia (Best web serie); uno ai Direct short Online Film Festival (Usa) come Best web serie – edizione giugno 2018; un altro premio all’Eurasia Monthly Film Festival (Russia) come Best web serie, e infine un premio al Worldwide Film Festival sempre come Best web serie.
Il suo percorso è appena iniziato e siamo certi che regalerà molte altre soddisfazioni.

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