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StreamWeek: who watches the Watchmen?

Pubblicato il 28 ottobre 2019 di Michele Monteleone

Nella settimana in cui esce la nuova attesissima serie di Watchmen, scritta da Damon Lindelof e tratta dal fumetto di Alan Moore e Gibson, Netflix risponde con la nuova stagione di Bojack Horseman e la debuttante Daybreak e su Prime Video vengono caricate in blocco Scrubs e South Park.

LA SCORSA SETTIMANA IN PILLOLE

NETFLIX

Bojack Horseman è la serie tv che, più di ogni altra, ha il potere di piombare lo spettatore nel gorgo delle turbe del suo protagonista. Non importa che Bojack sia un mezzo cavallo e che viva in un mondo di mezzi animali, il suo è un cuore umano e così lo è anche la sua labile psiche, gravata da sensi di colpa e rimpianti che si trascina dietro e lo portano sempre più a fondo in quella pozza di melma in cui si è trasformata la sua vita da quando ha smesso di essere un attore famoso. Nelle varie stagioni però abbiamo scoperto, e in questa ci viene riconfermato dalla prima puntata, che Bojack è sempre stato così, che l’origine e la causa di questo suo desiderio di autodistruzione, hanno origini più profonde. Come al solito preparate le vostre menti a un’ondata di angoscie esistenziali e godetevi la sesta stagione (assurdo che siamo già alla sesta e io non sia ancora entrato in analisi…).

Daybreak prima stagione di una nuova serie originale Netflix. Il mondo è finito, chiunque abbia più di diciotto anni è diventato una sorta di zombie, L.A. è piomabata nell’anarchia, ma gli adolescenti non hanno smesso di dividersi in gruppetti e così si sono divisi la città in zone come se fossero ancora a scuola. A metà tra Una Pazza Giornata di VacanzaMad Max e la run Terra di Nessuno su Batman (sì, so sia che ho elencato una metà di troppo e sia che il riferimento a Terra di Nessuno è decisamente troppo specifico), Daybreak è squisitamente pop, alle volte in maniera anche molto pacchiana. Il protagonista parla con il pubblico rompendo la quarta parete, i riferimenti a alla cultura nerd sono davvero innumerabili, ma nel complesso è una serie piacevole da seguire senza avere anche solo una singola nota di novità al suo interno.

In The Kominsky Method ci stanno Michael Douglas che interpreta un actor coach e l’attore fallito e Alan Arkin che fa il suo agente, ricco e cinico, con l’adorata moglie in fin di vita. Io non so cos’altro vi serve per seguire la serie, quindi se non vi ho convinti con queste premesse, buttate il vostro telecomando in un burrone e guardatevi La Casa di Carta sul cellulare. Per finire con le novità interessanti su Netflix, vi segnalo fortissimo Dancing With the birds, un documentario sui rituali di accoppiamento di coloratissimi uccelli dell’amazzonia che vi fara esplodere le retine e vi farà ghignare come scemi guardando ballare eccentrici uccelli di ogni tipo, forma e dimensione.

PRIME VIDEO

Scrubs è stata una serie generazione, ha ridefinito la comicità seriale e ha tirato fuori dal cappello una carrellata di personaggi perfetti che per anni hanno gareggiato per ottenere il primo posto nei nostri cuori di fan. I cinque del Todd, le turbe di Ted, le malefiche vendette dell’inserviente, basta citare questi elementi tangenziali alla narrazione principale, legati a personaggi che dovrebbero essere secondari, per riaccendere immediatamente la grossa spia luccicante che tutta mia generazione ha e che si accende di tanto in tanto per il rewatch di Scrubs. E ora che Amazon ha caricato tutte le stagioni, possiamo rivedercele a nastro, senza soluzione di continuità.

South Park rimane uno degli show più irriverenti della televisione americana. Caricate in blocco come una specie di ondata di battute sulla cacca, gli ebrei e i disabili, arrivano su Prime ben venti stagioni della serie culto. In un periodo in cui i comici hanno iniziato ad avere paura di offendere la gente, che gli show sono ridicolmente politicamente corretti, dopo appena un paio di episodi di South Park, ho chiuso la finestra e ho iniziato a guardarmi intorno per paura che la polizia del buon gusto mi dicesse di smetterla.

Sky Go/Now Tv

Mr. Robotla serie di Sam Esmail torna con la quarta stagione. Se non vi siete mai avvicinati alla follia creativa del suo autore, mi permetto di consigliarvi di recuperare Homecoming su Prime Video che è un ottimo entry-point e poi recuperare in blocco tutto Mr. Robot, una storia di insanità mentale che messa in combo con l’uscita di Bojack Horseman questa settimana, vi farà sentire più normali (o vi precipiterà in una spirale depressiva).
Invece sto ancora decidendo se sia orribile o geniale Dolceroma, film italiano di Fabio Resinaro, in cui uno scrittore al suo debutto, viene avvicinato da Oscar Martello, uno spregiudicato produttore romano che vuole fare del suo romanzo un film e che lo tuffa in un mondo fatto di inganni e carognate, di facce da schiaffi e culi di marmo, in cui “nessuno dice quello che pensa e nessuno fa quello che dice”. Il fantastico, orribile mondo che è il mercato del cinema italiano. Proprio in questo suo attacco al mondo a cui appartiene e in cui sta facendo a spintoni per ritagliarsi un posto, Resinaro riesce ad essere più convincente, dalla sua ha anche un bravissimo protagonista con Richelmy e un giganteggiante Barbareschi nella parte dell’antagonista. Quello che gli riesce peggio invece è l’intreccio. La storia sul finale perde un po’ di lucidità, a tratti si ingarbuglia tanto da risultare ridicola, ma con tutti questi suoi limiti, non si riesce a non amare anche le imperfezioni di questo film pazzo. Un film che ha il fuoco in cgi fatto da cani e uno scontro finale con le katane che mi ha provocato l’impulso di alzarmi in piedi e gridare di gioia, ma anche di vergognarmi per quello che stavo guardando. Ancora non ho deciso se è bello o brutto, ma mi piacerebbero tanti altri Dolceroma al cinema, mi piacerebbe che il cinema italiano mi spiazzasse così tanto ogni volta che entro in sala.

IL MUST WATCH

Ogni settimana vi segnalo una serie, un film o un documentario che dovete assolutamente vedere, una novità che è l’argomento del momento, quello di cui si parla in pausa caffè con i colleghi.

Watchmen (Now TV)

Io e Lindelof, il creatore di questa nuova serie tratta dal lavoro di Gibbons e Moore, abbiamo un rapporto particolare. Detesto praticamente qualunque cosa abbia scritto per il cinema, non sono un grande fan del finale di Lost, anche se non mi è dispiaciuto come la gente che si diede fuoco al tempo, ho imparato ad amare Leftovers dopo una partenza molto in salita. Quindi visto che sono una cintura nera nel cercare di capire il lavoro di Lindelof, provo a semplificarvi l’approccio con questa sua nuova creatura: la prima cosa da capire è che Lindelof è uno che ama fare domande intelligenti, senza poi dovervi necessariamente dare una risposta chiara. Se siete qui per scoprire i retroscena su tutto quello che state guardando, cambiate canale, non è il lavoro di uno sceneggiatore dare le risposte (a meno che non stia scrivendo un adattamento di Poirot). La maggior parte degli strani elementi che fanno da sfondo alle storie di Lindelof, rimangono lì, sullo sfondo, a creare l’atmosfera necessaria a farvi godere le vicende. Sono sicurissimo che sarà così anche in questo Watchmen, ambientato anni dopo il fumetto, in cui ci sono allarmi in città per quando piovono dal cielo calamari e la polizia gira  volto coperto. I mondi che crea l’autore americano sono incredibilmente affascinanti e questo Watchmen in una sola puntata lo riesce ad essere davvero tanto, mette carne al fuoco, disorienta lo spettatore, ma lo fa come un prestigiatore che si prepari a un gran bel trucco di magia. Tra l’altro la sostituzione della paura della bomba con il ben più attuale problema razziale e la perversione del messaggio di Rorschach da parte di un gruppo di fanatici suprematisti, sono due note di trama che ho adorato. Spero di non sbagliarmi, ma questa potrebbe essere la mia serie preferita dell’anno.

IL RECUPERO

Come tutte le settimane, siamo arrivati all’ultima parte della rubrica dedicata a una chicca, a un contenuto che probabilmente vi siete persi nell’uragano di novità con cui veniamo bombardati.

Shin Godzilla (Prime Video) 

Un Godzilla scritto e diretto da Hideaki Anno, il creatore di Evangelion, non poteva che essere assurdo e stupefacente. E Shin Godzilla non delude le attese. Si parte dall’idea, geniale, di raccontare tutta la storia attraverso  l’occhi della tentacolare e inetta burocrazia giapponese, in cui, mano amano che la minaccia si delinea, sono sempre di più le persone a cui scoppia la testa quando scoprono di non avere risposte pronte a una simile crisi. Quando a una burocrazia rigida e ottusa viene chiesto di far fronte all’emergenza di un lucertolone gigante che sta distruggendo il paese, vengono a galla tutte le storture della società giapponese e il film si trasforma in un enorme e pesantissima critica a quest’ultima e al suo rapporto servile verso gli Stati Uniti. Se a questo aggiungete la seconda, geniale, intuizione del film, e cioè che Godzilla muti e si evolva nel corso della storia, avrete una delle migliori pellicole in assoluto sul mostrone più famoso di sempre.

Alla prossima settimana, miei fedeli bingewatchers: se vi è piaciuto qualcuno dei consigli che vi ho dato, se volete segnalarmi qualcosa che mi sono perso o se volete suggerirmi qualcosa di cui discutere la prossima settimana, vi invito a commentare l’articolo. La vostra guida allo streaming compulsivo è sempre disponibile!