Se esistesse un’aristocrazia della Settima Arte, Maggie Smith sarebbe la più rispettata e arguta fra le mondane, sempre intenta a lanciare osservazioni taglienti con un bicchiere fra le mani. La grande attrice inglese è una vera e propria leggenda: la sua carriera conta due premi Oscar, tre Golden Globe, cinque premi BAFTA, cinque Screen Actors Guild Awards, quattro Emmy Awards e un Tony Award, solo per citare i più importanti; e, parlando di Oscar, è una delle poche attrici ad averlo vinto sia come Protagonista sia come Non Protagonista. Un vero e proprio fenomeno, dal talento purissimo e dalla classe immensa.
Margaret Natalie Smith, questo il suo nome completo, nasce a Ilford, nell’Essex, il 28 dicembre 1934, ma si sposta con i genitori a Oxford quando ha solo 4 anni. Frequenta l’Oxford High School fino all’età di 16 anni, poi si trasferisce alla Oxford Playhouse per studiare recitazione, e comincia la sua carriera da attrice con il ruolo di Viola ne La dodicesima notte di Shakespeare.
Nella celebre città universitaria si afferma come interprete shakespeariana, ma nel 1954 si trasferisce negli Stati Uniti e comincia a lavorare a Broadway: debutta in New Faces of ’56 presso l’Ethel Barrymore Theatre, poi interpreta la commedia musicale Share My Lettuce con Kenneth Williams. Il passaggio al cinema è molto rapido, poiché già nel 1958 ottiene il suo primo ruolo da protagonista in un film, Senza domani, che le frutta una nomination ai BAFTA come miglior attrice debuttante.
Nowhere to Go (1958)
I primi anni Sessanta la vedono impegnata in diversi ruoli secondari (I cinque ladri d’oro, International Hotel, Il magnifico irlandese, Frenesia del piacere), ma la consacrazione definitiva arriva nel 1965 con Otello: Maggie Smith interpreta Desdemona al fianco di Laurence Olivier, e ottiene la sua prima nomination agli Oscar.
Dopo Masquerade (1967) e Milioni che scottano (1968), è La strana voglia di Jean (1969) a farle vincere il suo primo Oscar: Maggie presta il volto a Jean Brodie, professoressa degli anni Trenta dalle apparenze moderne e anticonvenzionali, ma in realtà affascinata dai regimi totalitari dell’epoca, e l’Academy la premia come Miglior Attrice Protagonista. Ormai la sua carriera è proiettata verso orizzonti sempre più prestigiosi. Lavora con George Cukor in In viaggio con la zia (1972), e poi contribuisce ai cast stellari di Invito a cena con delitto (1976) e Assassinio sul Nilo (1978). Il secondo Oscar, come Miglior Attrice Non Protagonista, arriva nel 1979 con la commedia California Suite, dove recita insieme a Michael Caine. Il paradosso? Nel film interpreta un’attrice inglese che vola a Los Angeles perché candidata proprio agli Academy Awards… ma non vince.
La strana voglia di Jean (1969)
Tra gli anni Ottanta e i Novanta, Maggie Smith continua a essere una presenza fissa sul grande schermo, pur senza abbandonare il teatro. Nel 1981 presta il volto a Teti in Scontro di titani, rievocazione dei vecchi film mitologici che segna anche l’ultimo lavoro del grande Ray Harryhausen con le miniature animate a passo uno. In seguito, vince tre premi BAFTA nell’arco di quattro anni: per Pranzo reale di Malcolm Mowbray (1984); Camera con vista di James Ivory (1985); e La segreta passione di Judith Hearne di Jack Clayton (1987).
Il 1990 è invece l’anno in cui ottiene il Tony Award (l’Oscar del teatro) per la sua performance in Lettice and Lovage, pièce satirica che Peter Shaffer scrive apposta per lei; inoltre, la regina Elisabetta II la onora con il titolo di Dame, versione femmibile del cavalierato. In questo periodo, sul grande schermo, Maggie Smith presta il volto a due personaggi iconici nell’immaginario popolare: un’anziana Wendy in Hook – Capitan Uncino di Steven Spielberg (1991), e la Madre Superiora nei due Sister Act (1992 e 1993), con un grande successo commerciale. Lavora poi in Il giardino segreto (1993), Riccardo III (1995), Il club delle prime mogli (1996) e altri film, mentre Un tè con Mussolini di Franco Zeffirelli (1999) le frutta il suo quinto BAFTA. Insomma, gli anni Novanta della formidabile attrice si aprono e si chiudono con un premio importante.
Scontro di titani (1981)
Come accade ad altri grandi attori di teatro (basti pensare a Ian McKellen, che peraltro fa una divertente imitazione della collega), anche Maggie entra nell’immaginario dei più giovani grazie a un ruolo fantasy, quello di Minerva McGranitt, l’insegnante di Trasfigurazione nella saga di Harry Potter. L’attrice inglese appare in tutti gli otto capitoli della serie cinematografica, e s’impegna a completare le riprese di Harry Potter e il principe mezzosangue (2009) e I doni della morte – Parte 1 (2010) nonostante sia colpita da un cancro al seno. In seguito, Maggie Smith guarisce completamente dalla malattia.
Prima di Harry Potter, però, ottiene un’altra nomination agli Oscar grazie al memorabile Gosford Park di Robert Altman (2001), mentre La mia casa in Umbria (2003) le consegna il suo primo Emmy Award come miglior attrice, trattandosi di una produzione televisiva di HBO. Nei primi anni Duemila si segnalano anche La famiglia omicidi (2005), Becoming Jane (2007) e Tata Matilda e il grande botto (2010).
Ovviamente, però, è Harry Potter a espandere ulteriormente la sua fama. Come ha dichiarato lei stessa al Graham Norton Show, con la consueta ironia: «Ora ci sono anche… delle persone molto piccole che mi salutano.»
Harry Potter e la camera dei segreti (2002)
Oltre all’epilogo della saga di J.K. Rowling, il secondo decennio degli anni Duemila arricchisce la filmografia della grande attrice con Marigold Hotel (2011), Quartet (2012), My Old lady (2014), Ritorno al Marigold Hotel (2015) e il delizioso The Lady in the Van (2015), da lei già interpretato a teatro. Tra i film recenti, è forse quello che restituisce meglio la sua capacità di dare vita a personaggi sarcastici e taglienti, arroccati nel proprio mondo personale.
È proprio ciò che caratterizza anche Violet Crawley, la Contessa Madre di Grantham in Downton Abbey. La serie debutta sul canale britannico ITV nel 2010, e dura ben sei stagioni, coronate da un film che uscirà il 24 ottobre nelle sale italiane. Maggie Smith interpreta la matriarca della famiglia Crawley, donna ironica e arguta che simboleggia il “vecchio mondo”, ovvero quell’ordine sociale che precede la Prima Guerra Mondiale. Lo show le frutta altri due Emmy: uno nel 2011, come Migliore Attrice Non Protagonista in una miniserie; e uno nel 2012, come Migliore Attrice Non Protagonista in una serie drammatica.
È un enorme successo che corona una carriera sfavillante, ma ancora ricca di promesse: dopo Downton Abbey, la grande Maggie Smith è infatti pronta a tornare al cinema con A Boy Called Christmas, adattamento del romanzo per ragazzi di Matt Haig. L’ennesima prova del suo talento eclettico e della sua classe sopraffina.
Downton Abbey (2019)