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Il Godzilla del 1998 (FantaDoc)

Pubblicato il 31 ottobre 2019 di DocManhattan

Vogliategli un po’ bene, a Henry Gahagen Saperstein detto Hank, anche se magari non avete mai sentito prima d’ora il suo nome. Vogliategli bene, perché anche se tutto poi è andato per il verso storto, anche se il Godzilla di Roland Emmerich è venuto fuori com’è venuto fuori, giusto qualche giorno prima che Hank passasse a miglior vita, tutto è iniziato per affetto. Più o meno. Con la sua UPA (United Productions of America), oltre a produrre i cartoon di Mr. Magoo, Saperstein si era occupato per anni dell’import dei film a base di kaiju sfornati dalla Toho. Dopo dieci anni di pressing, ottiene finalmente il via libera, proprio dalla Toho, per un progetto made in USA su Godzilla. La palla passa quindi a due produttori della Sony, Cary Woods e Robert N. Fried, quando durante un incontro con Saperstein per discutere i diritti di un film live action su Mr. Magoo, salta fuori questa faccenda di Godzilla. Fried e Woods propongono la cosa alla Columbia e alla TriStar, due brand allora già di proprietà della stessa Sony, ma a nessuno sembra interessare. Woods non ha però intenzione di mollare e scavalca un paio di gradi dell’organigramma aziendale, sottoponendo il progetto direttamente al grande capo di Sony Pictures, Peter Guber. Il caso vuole che a Guber Godzilla, il vecchio Godzilla, piaccia da matti.

“MA CHI, IL MOSTRO SPUTAFIAMME?”

Sono più o meno le parole con cui Guber accoglie, entusiasta, la proposta di Woods. Che ai suoi sottoposti piaccia o meno, il film si farà sotto marchio TriStar. Viene stretto un accordo con la Toho per spartirsi la distribuzione del film e i diritti sul merchandising; l’azienda giapponese ovviamente vuole che l’essenza del suo mostro venga rispettata, e perciò fa firmare agli americani un lungo documento pieno di regole. In un’intervista al Daily News del 1998, Robert Fried racconta di aver speso due anni nei negoziati con la Toho, intavolati grazie a Norio Ohga della Sony Corporation, e che i giapponesi erano estremamente protettivi nei confronti di Godzilla. Ma per la Toho è anche un’ENORME occasione per incassare una vagonata di yen senza troppi sforzi: Sony ha messo sul piatto circa 400mila dollari di anticipo, un fee annuale per l’utilizzo del personaggio e una fetta dei profitti, senza che questo impedisca ai giapponesi di portare avanti il loro Godzilla. L’accordo viene formalizzato nell’ottobre del ’92, e nomi storici legati a Goijira, come il regista Ishirō Honda o l’attore Haruo Nakajima, che per anni ha indossato la tuta di gomma del re dei kaiju, si dicono galvanizzati da questo nuovo progetto, che spingerà anche la Toho a far meglio, in una sorta di concorrenza radioattiva interna.

GODZILLA ’94

Per scrivere il copione vengono ingaggiati gli sceneggiatori Terry Rossio e Ted Elliott (Aladdin, La maschera di Zorro), mentre la regia viene affidata nel luglio del ’94 all’olandese Jan de Bont, reduce dal colossale successo di Speed. Il suo Godzilla, il primo di una trilogia, sarà incentrato su un mostro creato nell’antichità dagli abitanti di Atlantide per difendersi da un essere extraterrestre mutaforma chiamato il Grifone. Il progetto di de Bont vive però solo una manciata di mesi, prima che la sua richiesta di un budget da 120 milioni di dollari venga accolta con una risata e l’olandese se ne vada sbattendo la porta. Lo attendono i tornado di Twister. L’abortito Godzilla di de Bont è stato trasformato lo scorso anno in un fumetto online, Godzilla ’94, disegnato da Todd Tennant e con l’apporto ai testi di Terry Rossio.

Andato via de Bont, la Sony ingaggia Roland Emmerich, che è al lavoro su Independence Day e accetta, portandosi dietro il fidato sceneggiatore e produttore Dean Devlin, solo a patto che gli lascino fare essenzialmente quello che vuole. Emmerich vede Godzilla come un predatore inarrestabile più che come una forza della natura vagamente filosofica, come un animale più che come un mostro, e vuole costruire il suo film su queste basi. Devlin è convinto sia “un’idea scema”, non questa interpretazione di Godzilla, ma proprio Godzilla in generale, ma capisce che c’è del potenziale. Basta buttare via quasi tutto quello che hanno fatto i loro predecessori.

“GODZILLA NON HA ALCUN SENSO”

Emmerich e Devlin scartano quasi tutto del copione di Rossio ed Elliott, così come il design circolato nella breve gestione de Bont (opera di Stan Winston), e non vogliono nemmeno qualcosa che ricordi troppo il Godzilla giapponese. Ok la faccenda delle radiazioni, ma tutto il resto dovrà essere nuovo, a cominciare da Godzilla stesso. Perché, per Emmerich, quello nipponico “non ha alcun senso”. È paradossalmente proprio la scelta di un approccio estetico completamente nuovo a velocizzare il ping pong delle autorizzazioni con la Toho. Il nuovo Godzilla viene approvato nel giro di 24 ore, nonostante il silenzio in cui i vertici Toho precipitano dopo la prima presentazione del buovo Godzilla da parte della produzione USA, perché, racconta Emmerich ai tempi, “il nostro Godzilla è talmente diverso da quello classico che la Toho poteva dire solo sì o no. Se avessimo apportato dei piccoli cambiamenti al look giapponese, sospetto avremmo ricevuto più obiezioni. Ha aiutato anche il fatto che proprio in quei giorni stava uscendo in Giappone Independence Day e tutti ne erano entusiasti”.

A creare il nuovo Godzilla è Patrick Tatopoulos, a cui Emmerich ha già affidato costumi ed effetti speciali di Stargate e Independence Day. L’unica consegna del regista tedesco è di creare un mostro che sia incredibilmente veloce, “come Carl Lewis”: perciò dal tozzo rettile giapponese si passa a una snella creatura più simile a un’enorme iguana. Tatopoulos è convinto che fare qualcosa di completamente diverso sia più rispetto del materiale originale che provare a modificarlo in qualche misura, e ci butta dentro pure un classico Disney: il suo iguana gigante ha la mascella della tigre Shere Khan ne Il libro della giungla, perché Tatopoulos è, sin da ragazzo, un grande fan di quel personaggio e pensa che quella mascella incuta timore e rispetto.

CORRI, GODZI, CORRI!

Ottenuta la libertà creativa che desideravano – e pure un bel 15% sui profitti – Emmerich e Devlin affinano il copione, aggiungendo tutto quello che pensano possa essere utile alla causa, come la faccenda delle uova o un sostanziale downgrade della fiatella atomica di Godzilla. Come co-protagonisti umani della storia vengono scelti Matthew Broderick, Jean Reno e Maria Pitillo. Le riprese scivolano via in poco meno di cinque mesi, di cui solo una trentina di giorni effettivamente spesi a New York; il resto lo si gira perlopiù a Los Angeles, anche grazie a vari modelli in scala (1/24 e 1/6) e ovviamente alla CGI. Spinto da una macchina pubblicitaria enorme – che fa leva sull’aspetto misterioso del protagonista: Emmerich non vuole che Godzilla venga mostrato a figura intera prima dell’uscita – e da una colonna sonora che arriverà a vendere oltre due milioni e mezzo di copie (Jamiroquai, Rage Against the Machine, Puff Daddy e Jimmy Page, Foo Fighters, Green Day…), Godzilla sembra avere tutte le carte in regola per ripetere i successi precedenti di Emmerich, che tra Stargate e Independence Day ha macinato poco più di un miliardo di dollari. Un miliardo di dollari di quasi trent’anni fa.

Per andare in pari con tutti i soldi spesi, il Godzilla di Emmerich dovrà però fare anche al cinema quello per cui il cineasta e Tatopulous l’hanno creato: correre. Mentre si avvicina il giorno dell’uscita in sala, prevista per il 20 maggio, la stampa USA fa i conti in tasca alla Sony. Si calcola che il film dovrà incassare almeno 240 milioni di dollari per andare in attivo, considerato un conto finale che veleggia sui 150 milioni spesi solo per girarlo. Sony punta ai 100 milioni per il week-end di debutto, ma in quel fine settimana ne arrivano solo 44.

E NOI A GINO LO MENAMO

La stampa ha intanto demolito il film di Emmerich e Devlin, definendolo noioso, privo di guizzi e neanche piacevolmente scemo come alcuni film giapponesi di Godzilla. I fan del kaiju ribattezzano questo Godzilla GINO, acronimo di “Godzilla In Name Only”. Alla fine, però, i milioni incassati dal film saranno comunque 379, grazie agli oltre 240 racimolati nel resto del pianeta. Il che vuol dire che per quanto poco sia piaciuto a fan di Godzilla e critica, la sgambata di GINO non è stata affatto il flop di cui si legge in giro: nono film per incassi al box office USA del 1998, terzo a livello mondiale (dopo, nell’ordine, Armageddon e Salvate il soldato Ryan). Il progetto di ricavarne due seguiti si scontra però con le perplessità della Sony, che fanno eco a quelle dei fan e alle performance magrissime del merchandising del primo film: si pensa allora un Godzilla 2 dal budget più contenuto, ma Devlin e Emmerich mollano. Ne nasce solo il sequel animato Godzilla: The Series (Fox Kids, 1998-2000).

Anni dopo, proprio Devlin spiegherà che il loro approccio con Godzilla è stato totalmente sbagliato, perché il non aver scelto di proposito se renderlo un personaggio positivo o un villain, descrivendolo semplicemente come un animale, è stato un grosso errore. Nel 2004, per quella grande e spassosa royal rumble dei kaiju che è il film Godzilla Final Wars (Gojira – Final Wars), il regista Ryūhei Kitamura e il produttore Shōgo Tomiyama devono buttare nella mischia anche il Godzilla di Emmerich. E arriva il colpo di genio: la decisione di ribattezzarlo con il nome che porterà ufficialmente negli uffici di Toho negli anni a seguire: “Zilla”, perché a Tomiyama sembra solo uno di quei tanti cloni e pupazzi cinesi che si chiamano Qualcosa-Zilla. Un’iguana gigante veloce e costosa quanto vuoi, ma sempre roba tarocca da mercatino.

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