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Sette curiosità su Mademoiselle Anne: il Giappone degli anni 20, “una ragazza alla moda” di nome Anne (che però non si chiamava davvero Anne), il manga, l’anime, gli adattamenti televisivi live action, il film. Ma pure il singolo grado di separazione tra Mademoiselle Anne e Den Harrow o La ruota della fortuna, per dire. Giuro.
Haikara-san ga tōru, da noi Mademoiselle Anne, è un anime lungo 42 puntate trasmesso in Giappone tra il 3 giugno del 1978 e il 31 marzo del 1979. Realizzato dalla Nippon Animation (Anna dai capelli rossi, Rascal il mio amico orsetto…) e diretto da Kazuyoshi Yokota (Papà Gambalunga), con il character design di Tsutomu Shibayama, regista tra le altre cose di un’infinità di film di Doraemon. Secondo i piani originali, la serie avrebbe dovuto coprire un anno di programmazione, ma a metà percorso, a causa degli ascolti tutt’altro che esaltanti, si decise di tagliar corto. Letteralmente. Il finale fu accorciato e si diede una conclusione frettolosa alla vicenda rispetto a quella presente nel manga (vedi sotto). Un finale per il quale venne richiesto l’intervento dell’autrice del fumetto, Waki Yamato, fino a quel momento non coinvolta nella trasposizione animata. La serie è arrivata in Italia a metà del decennio successivo, con il titolo di Mademoiselle Anne, su Euro TV, e negli anni successivi è stata riproposta su altre emittenti, da Telemontecarlo a Rai 1 (all’interno del contenitore Solletico).
Ben altra sorte era toccata in patria al manga di Waki Yamato. La versione a fumetti di Haikara-san ga tōru è stata pubblicata tra il ’75 e il ’77 dalla Kodansha sul magazine Shojo Friend, e si è aggiudicata nel ’77 il Kodansha Manga Shō, il premio dei manga della casa editrice. Ha trionfato infatti nella categoria shojo, a pari merito con Candy Candy di Kyoko Mizuki e Yumiko Igarashi. Per la cronaca, anche la categoria maschile, quella degli shonen, vide in quella prima edizione del premio un ex aequo, tra Osamu Tezuka e… Osamu Tezuka (Black Jack e Mitsume ga Tōru). La storia di Benio, da noi ribattezzata Anne all’arrivo dell’anime, colpì le sue lettrici per la figura di questa ragazza degli anni 20, figlia di un ufficiale dell’esercito nel Giappone del periodo Taisho, che se ne frega delle convenzioni sociali, si dedica al kendo, beve sakè e veste spesso anche all’occidentale. Ma quello lo si capiva fin dal titolo.
Il titolo originale del manga, Haikara-san ga tōru (Arriva Miss Haikara), è stato tradotto in italiano “Una ragazza alla moda” perché il termine haikara indicava negli anni 20 le ragazze che come la protagonista rifiutavano usi e costumi tradizionali, preferendo quelli occidentali. La parola deriva infatti dalla pronuncia giapponese di “high collar”, il colletto alto degli abiti europei dell’epoca. La storia del manga e quella dell’anime, come detto, divergono prima del finale, perché nel secondo Benio/Anne e il tenente Shinobu – l’amato della protagonista spedito in Siberia – si riabbracciano molto prima. C’è però un’altra differenza: su copertine e tavole a colori del manga, Anne è (il più delle volte) bionda, mentre nell’anime ha i capelli castani. Il manga originale è stato pubblicato in Italia vent’anni dopo, tra il 1997 e il 1999, sui primi 21 numeri della testata antologica Amici della Star Comics, e in seguito ne è stata proposta un’edizione monografica in otto volumetti. Esiste anche un fumetto italiano di Mademoiselle Anne, serializzato sulla rivista per ragazzi Più e il suo gioco dell’Editoriale Domus tra l’87 e l’88.
La popolarità del manga ha portato in Giappone a varie trasposizioni live action. Tre diverse versioni televisive (1979, 1985 e 2002), nell’ultima delle quali Benio aveva il volto della idol Rika Ishikawa, e un film per il grande schermo del 1987, in cui la protagonista femminile (un’altra cantante, Yoko Minamino) era affiancata da un giovane attore al suo esordio e che avrebbe fatto tanto strada. Lo Shinobu del film era infatti l’Hiroshi Abe di Thermae Romae e Ritratto di famiglia con tempesta di Hirokazu Kore’eda. Abe è stato anche la voce di Kenshiro nella pentalogia di film Ken il guerriero – La leggenda.
Per chiudere il cerchio, visto che la prima trasposizione televisiva di Mademoiselle Anne, nel ’79, era essenzialmente un musical affidato alla compagnia teatrale Takarazuka Revue, nel 2017 è stato creato da quest’ultima uno spettacolo ufficiale in due parti. La Takarazuka Revue è una compagnia teatrale avente sede appunto a Takarazuka, nella prefettura di Hyogo, composta integralmente da donne che interpretano anche i ruoli maschili, e nota soprattutto per la loro versione del manga di Lady Oscar.
Esiste anche una nuova versione anime della storia di Benio e Shinobu, un film in due parti (uscite rispettivamente nel novembre 2017 e nell’ottobre dell’anno scorso) diretto da Kazuhiro Furuhashi (Mobile Suit Gundam Unicorn), con musiche della grande compositrice Michiru Oshima, nota non solo per i suoi lavori nel mondo del cinema e degli anime, ma anche tra gli appassionati di videogame, grazie alle colonne sonore di titoli come Legend of Legaia e Ico.
Ma parlando di musica. La prima sigla italiana di Mademoiselle Anne – su TMC ne è stata utilizzata un’altra e in RAI l’anime è andato in onda senza sigle. Ma esiste anche una sigla dei Cavalieri del Re, scartata all’epoca – è stata scritta da Maria Letizia Amoroso (testo), Silvio Pozzoli e Massimo Spinoza (musica), e cantata dalle Mele Verdi, con voce solista di Stefania Mantelli. La cantautrice “Mitzi”Amoroso era la fondatrice delle Mele Verdi, gruppo nato praticamente per caso nel ’74, un anno prima della sigla dei Barbapapà con Roberto Vecchioni. La sigla venne incisa di sera, all’ultimo secondo, perché i genitori della giovane Mantelli non volevano farla più cantare. Il brano venne inciso su 45 giri insieme a Coccinella dei Cavalieri del Re.
Uno dei due autori della musica, Silvio Pozzoli, ha realizzato negli anni 80 brani dance come “Step by Step”, poi ripresa da Taffy della scuderia di Cecchetto, e prestato la voce a Den Harrow per “Mad Desire”. Ma ha anche cantato “Gira la ruota”, la sigla de La ruota della fortuna e, tra mille altre cose, interpretato varie sigle di cartoni. Giusto per citarne qualcuna: Huck e Jim, Tekkaman, Astrorobot contatto Ypsylon, Hunter x Hunter e La Principessa Zaffiro. In quest’ultima, nel 1980, duettava con un cantante che l’anno dopo avrebbe spiegato a tutta l’Italia – tranne che a Giacomino di Aldo, Giovanni e Giacomo – il suo “Teorema” in fatto di rapporti sentimentali, Marco Ferradini.