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Undone, il tempo è uno specchio infranto: la recensione in anteprima

Pubblicato il 11 settembre 2019 di Lorenzo Pedrazzi

Lo spazio è il tempo sono i mezzi privilegiati della ricerca interiore, perché la loro universalità è paradossalmente legata a una profonda dimensione individuale. Il viaggio spaziale può diventare un’intima esplorazione del sé (senza scomodare Solaris, basti citare il recente Ad Astra), mentre la relatività del tempo può offrire un punto di vista inedito sulla propria vita e sull’intero universo, come sa bene il Billy Pilgrim di Mattatoio n. 5. Da questo retaggio, Undone eredita proprio l’armonia tra individuale e universale, che trova nel rotoscoping il linguaggio più adeguato: una tecnica in grado di manipolare agevolmente la realtà attorno ai personaggi, instaurando un parallelo tra l’esperienza visiva del pubblico e quella mentale della protagonista.

In uscita su Amazon Prime Video il prossimo 13 settembre, la serie è stata creata da Kate Purdy e Raphael Bob-Waksberg, rispettivamente produttrice/sceneggiatrice e ideatore/produttore del bellissimo Bojack Horseman, quindi le aspettative sono legittimamente alte; e i primi tre episodi – quelli che ho potuto vedere in anteprima – le soddisfano appieno.

Deconstructing Alma

La protagonista di Undone è Alma Winograd-Diaz, interpretata dalla Rosa Salazar di Alita: Angelo della battaglia, attrice già abituata a filtrare la propria immagine attraverso l’animazione. La serie comincia subito in medias res: Alma ha subìto un brutto incidente automobilistico, e si risveglia nel suo letto d’ospedale dopo alcuni giorni di coma. In quel momento, però, la giovane donna scopre di poter percepire lo spazio-tempo in modo diverso da chiunque altro, ovvero come una contemporaneità di luoghi ed eventi che lei stessa può rivivere molteplici volte.

A guidarla in questo processo c’è suo padre Jacob (Bob Odenkirk), deceduto vent’anni prima in un misterioso incidente: il coma ha permesso infatti ad Alma di tenere un piede nel mondo sensibile e uno in quello sovrasensibile, entrando in contatto con il genitore defunto. Jacob ha bisogno di lei per risolvere l’enigma della sua morte, ma prima Alma deve capire come gestire i suoi “poteri” e farli convivere con la sua vita normale, il lavoro come maestra d’asilo, la sorella Becca (Angelique Cabral) e il fidanzato Sam (Siddharth Dhananjay).

Al di là del tempo e dello spazio

Il primo episodio è concepito per mostrare fin dall’inizio le meccaniche della serie, dove il rotoscoping ha una duplice funzione: da un lato permette di catturare nel dettaglio l’espressività degli attori, e dall’altro libera la serie dalle costrizioni del mondo reale, restituendo al meglio l’esperienza personale di Alma. Poiché la sua percezione del tempo non è più lineare, il rotoscoping consente di spostare le ambientazioni come il disco di un ViewMaster, o di sfaldare e ricostruire lo spazio per proiettare Alma in un contesto diverso. Le soluzioni visive sono molto affascinanti, e hanno il pregio di togliere ogni punto di riferimento sia alla protagonista sia a noi spettatori: l’esito finale rievoca i labirinti mentali e mnemonici a cui ci hanno abituati Charlie Kaufman, Michel Gondry e Spike Jonze, uniti a certe sperimentazioni grafiche di Richard Linklater (non a caso, il team è lo stesso di A Scanner Darkly).

A partire dal secondo episodio, Undone si stabilizza per colmare alcune ellissi narrative, e allora scopriamo i motivi dell’insoddisfazione di Alma, la sua quotidianità professionale, il rapporto con Sam e gli screzi con la sorella minore. Inizia così a dipanarsi la trama orizzontale, con le ricerche del padre – professore di fisica teorica – e il mistero della sua morte, mentre Alma cerca di tenere insieme i pezzi della sua vita. Perché la serie gioca proprio su questo: la frammentazione del tempo riflette l’inquietudine esistenziale dell’eroina, che negli spostamenti temporali, nei loop e nella ripetizione degli eventi trova sempre nuove fonti di autoconsapevolezza. Viaggiando nel tempo e nello spazio, Alma si specchia in se stessa e capisce il suo ruolo nelle vite altrui, con tutte le responsabilità che comporta.

Di fatto, Undone mette in scena l’utopia di un’esistenza priva di limiti fisici e temporali, non più soggetta alla rigida linearità del ciclo nascita-vita-morte, ma capace di osservare la realtà in tutte le sue forme contemporaneamente. Un’esplorazione che diventa anche interiore, perché riesaminare il tempo consente di mettere tutto in prospettiva, anche i sentimenti per le persone care. Il delicato montaggio che chiude le prima puntata è emblematico, in tal senso. Come Alma si ritrova divisa tra sensibile e sovrasensibile, la serie stessa resta a cavallo tra verismo e fantascienza, perché il mondo in cui si svolge è intimamente “reale”. Non a caso, quando i dialoghi adoperano lo stesso umorismo brillante e disilluso di Bojack Horseman, l’effetto che ne deriva è molto diverso, poiché diverso è il contesto: Undone non è una satira, e i suoi eventuali slanci umoristici risultano sempre mitigati dall’ambientazione verosimile.

Il risultato è un potenziale cult del piccolo schermo, ultimo esponente di una nobile tradizione che sa guardare oltre i confini dell’esperienza umana, ma senza dimenticare le sue basi fondanti: un discorso sul sé che unisce interiorità e massimi sistemi, affetti umani ed effetti speciali, l’universo, la vita e tutto quanto.