ScreenWEEK Originals StreamWeek
Questa settimana su Now Tv è arrivato Cold War, il mio film preferito dell’anno, e più in generale sono stati sette giorni pieni di fantastiche novità con gli adolescenti di Euphoria, gli interrogatori di Criminal e l’avventura nella Mente di Bill Gates.
Dentro la mente di Bill Gates è una visione piacevole. Lo dico subito perché la seconda cosa che scriverò sulla serie-documentario dedicata a uno dei più grandi geni e filantropi del mondo, è che ha parecchi difetti in comune con Unposted, il documentario dedicato alla Ferragni. In Entrambi i casi infatti, l’occhio che guarda ai due personaggi è tutto tranne che imparziale. Entrambe sono agiografie quasi totalmente prive di contrasto e critica. C’è anche da dire che lo scopo ultimo del documentario sulla Ferragni sembra essere la promozione della stessa Chiara, mentre, almeno in parte, quello su Gates è legato alla promozione delle sue attività filantropiche che, tra parentesi, ho scoperto essere davvero enormi (e con enormi intendo decine di miliardi che, vi prevengo, sono tanti anche se sei Bill Gates). In definitiva, messa da parte la faziosità del punto di vista sulla vita di Gates (è davvero un po’ ridicolo lo spazio che viene concesso all’accusa di monopolio nei confronti di Microsoft), il documentario (a differenza di quello sulla Ferragni) rimane molto interessante, visto che, beh… Bill Gates è un uomo più interessante della Ferragni.
Continuando a parlare di gente eccezionale, sono felicissimo di consigliarvi la seconda stagione di Abstract, una serie antologica di documentari su designer di tutti i tipi, da architetti a letteristi, da costumisti a scenografi, il fil rouge che guida la serie è il peso del design sul mondo che ci circonda. Sostanzialmente è una serie sul bello e sull’armonia delle forme e sul suo legame con la funzionalità: una delle cose più rilassanti da guardare al mondo.
Passando invece di palo in frasca, vi informo che sono state caricate svariate puntate di South Park su Netflix che non saranno tanto armoniose, ma vi faranno avere i crampi allo stomaco dal ridere.
Invece continuando a parlare di cartoni su Netflix, vi segnalo anche la seconda stagione di Disincanto di Matt Groening, se vi siete appena risvegliati da un sonno criogenico duranto vent’anni, Groening è il creatore dei Simpson. La seconda stagione l’ho trovata superiore alla prima che era partita un po’ in sordina e, anche se il tipo di umorismo mostra un po’ il fianco al passare del tempo, in definitiva è un’ottima visione.
Se invece volete prepararvi all’uscita del secondo capitolo, potete rivedervi Frozen su Sky Go e cantare a squarcia gola Let it go. Infine, tra i consigli sparsi della settimana, metto Sette Minuti dopo Mezzanotte, un film per ragazzi su Tim Vision che vi commuoverà forse anche più di I Kill Giants e Benvenuti a Marwen il nuovo film di Zemeckis isponibile su Sky Go.
Ogni settimana seleziono per voi tre visioni imprescindibili, non sono sempre i migliori usciti (anche perché se una settimana caricano Quarto Potere, non potrei mai dirvi che l’ennesima serie di supereroi con gli effetti visivi realizzati con paint, è meglio), ma sono sempre le serie o i film più attesi, chiacchierati, snobbati o anche solo criticati degli ultimi sette giorni. O semplicemente quelli che piacciono più a me.
Cold War (Now Tv)
So che sono un tipo entusiasta che non fa altro che dire che l’ultima cosa che ha visto è la più bella (che poi in realtà non è così vero, è solo che mi sforzo di parlare solo di quello che mi è piaciuto ed evitare di riempire l’internet di ulteriori commenti negativi), ma vi assicuro che il mio “Cold War è il più bel film che ho visto quest’anno” è un commento molto ponderato. L’ho visto per la prima volta a Gennaio, quando è uscito in sala e l’ho rivisto ora che è uscito su Now Tv. Il film del polacco Paweł Pawlikowski, che gira una struggente storia d’amore con una fotografia in bianco e nero che grida grande cinema russo e che mi ha ricordato il migliore Bergaman. E il suo bianco e nero è infinitamente onesto nel tratteggiare le figure di Joanna e Tomasz, due innamorati divisi dalla guerra fredda e dai loro temperamenti senza sfumature, netti e aggressivi come la fotografia che ritrae un’europa divisa. L’amore tra i due è tanto selvaggio e appassionato che li porta a odiarsi, ad allontanarsi e a tornare a desiderarsi con una passione travolgente che li consumerà entrambi mentre, sullo sfondo, il mondo vive simili contrasti. Vorrei saper scrivere meglio di cinema per restituirvi anche solo in parte la bellezza di un film che è, indiscutibilmente, un capolavoro.
Euphoria (Sky Go)
Euphoria, alla sua prima stagione, si va a piazzare di diritto tra le serie più interessanti dell’anno e in quella ristretta lista di teen drama che sembrano davvero riuscire a restituire una visione, se non reale, per lo meno realistica degli adolescenti. La mia generazione (sono dell’87) è cresciuta con roba improbabile come Dawson’s Creek, in cui a quattordici anni i protagonisti avevano la barba e il codice morale ed etico di un mormone, con O.C. e Gossip Girl, in cui comunque avevano la barba, ma gli appetiti sessuali dei criceti e infine si è beccata in piena faccia quella cannonata che era Skins. Euphoria è decisamente più vicino a quest’ultimo e anzi, in gran parte, sembra avere dei grossissimi debiti con la serie inglese. Tutto nel teen drama del momento sembra essere limato alla perfezione, la fotografia, la regia, le interpretazioni dei giovani protagonisti, se proprio dovessi trovargli un difetto, è che ci propone solo personaggi al limite e secondo me lo fa perché scritto, a differenza di Skins che era opera di un ventenne, da Sam Levinson di anni ne ha già compiuti trentaquattro e forse si è scordato una cosa dell’essere adolescente: alcuni di noi a quell’età non sono estremi (estremamente complessi o estremamente superficiali), alcuni di noi sono orribilmente normali, quasi ivisibili. Per mantenere il paragone con Skins, quello che manca ad Euphoria è un Sid.
Criminal (Netflix)
Penso che Criminal soddisfi la fantasia più erotica per un produttore. Infatti sono convinto che al semplice sentire “La serie si svolge tutta in un’unica stanza” chiunque ricopra quel ruolo, venga assalito da violente ondate di piacere. Tra i più famosi appartenenti alla categoria dei film ambientati in un’unica location, vale sicuramente la pena di ricordare Parola ai Giurati o anche il più recente Carnage. Solitamente questi prodotti hanno la necessità di una scrittura che mantenga alto il ritmo della narrazione, fanno affidamento su ispirate performance attoriali e sono caratterizzati da una (meno riconoscibile) regia e montaggio che riesca a spezzare l’assenza di movimento tra location diverse. Riesce a fare tutto questo, e forse anche un po’ di più, Criminal. La nuova serie Netflix si ambienta tutta in quattro diversi commissariati in Inghilterra, Francia Spagna e Germania e, più precisamente, nella sala insonorizzata per gli interrogatori. Ogni serie (su netflix trovate la serie antologica spezzettata in quattro diverse mini), segue dei serrati interrogatori e riesce, in sole tre puntate, ad approfondire e caratterizzare in maniera interessante tutti gli agenti delle varie squadre. Gli episodi scorrono veloci, con ritmi serratissimi e splendide interpretazioni. Penso sia decisamente un must see su Netflix.
*Nota a margine: ma sbaglio o Tennant con la barba e il golfino è UGUALE a Nanni Moretti?
Come tutte le settimane, siamo arrivati all’ultima parte della rubrica dedicata a una chicca, a un contenuto che probabilmente vi siete persi nell’uragano di novità con cui veniamo bombardati.
Madre! (Netflix)
Non so perché, ma penso di aver dimenticato di parlarvi di Madre!, l’ultimo film di Darren Aronofsky. Il film è una gigantesca metafora. Jennifer Lawrence e Javier Barden vivono in una casa isolata, lui è un poeta che sta cercando di scrivere la sua nuova opera e lei sta cercando di ristrutturare la casa che appartiene a lui da molto tempo e che è andata a fuoco in un incendio. Nella loro vita fanno irruzione degli sconosciuti che si rivelano poi essere dei fan di Barden. Gli estranei si fanno sempre più invadenti e aggressivi, rompono e calpestano inopinatamente qualunque cosa appartenga alla coppia e la tensione sale fino all’inevitabile dramma. Come dicevo, il tutto è una rivelata e palese metafora del rapporto tra autori e pubblico, visto che scrivo e che mi è capitato di avere un rapporto contrastato con alcuni elementi del mio pubblico, il film mi ha letteralmente terrorizzato, ma mi chiedo davvero che effetto faccia su uno spettatore che non abbia mai fatto nessun lavoro che lo mette di fronte al giudizio del pubblico. Mi chiedo se gran parte dell’avversione che c’è dietro la pellicola (il film è stato massacrato da critica e pubblico), non derivi dal fatto che in parte chi guarda il film si identifichi nelle figure negative, nel “male” che invade la vita dell’autore e distrugge la sua ispirazione, che strazia la sua musa e che uccide la sua opera. In questo forse risiede il successo più beffardo di Madre!, che riesce tanto bene nel suo intento di illustrare l’ingerenza dello spettatore nell’opera, da alienarlo completamente dall’opera stessa.
Alla prossima settimana, miei fedeli bingewatchers: se vi è piaciuto qualcuno dei consigli che vi ho dato, se volete segnalarmi qualcosa che mi sono perso o se volete suggerirmi qualcosa di cui discutere la prossima settimana, vi invito a commentare l’articolo. La vostra guida allo streaming compulsivo è sempre disponibile!