Dopo il successo di Persepolis, adattamento cinematografico della graphic novel da lei stessa realizzata, Marjane Satrapi ha deciso di portare sul grande schermo un altro fumetto, questa volta opera di Lauren Redniss. Radioactive parla della vita, del lavoro scientifico e delle passioni di Marie Curie, scienziata che dedicò la sua ricerca alla radioattività brevettando la rivoluzione medica e scientifica dei raggi X, capaci di salvare migliaia e migliaia di vite umane a partire dalla Prima Guerra Mondiale.
Tante, forse fin troppe sono le contraddizioni interne di un lungometraggio che vuole rappresentare la protagonista in maniera talmente forte e appassionata da renderla molto spesso incoerente. La lotta per la propria identità di scienziato in un mondo accademico dominato dal maschilismo viene ad esempio messa in scena dalla Satrapi attraverso una serie di momenti e battute che rendono il personaggio molto spesso incoerente con quanto magari affermato o suggerito magari pochi minuti prima. Soprattutto nella prima parte del film la Curie viene dipinta come una donna ferocemente fiera, testarda, che però dimostra la sua battaglia contro le ingiustizie perpetrate dall’altro sesso senza che queste vengano mai veramente messe in scena, o almeno non con la necessaria efficacia. Dopo poi aver lottato più volte perché il suo straordinario lavoro di ricerca e le sue scoperte le fossero accreditate non soltanto perché sposata con l’altro scienziato Pierre Curie, ecco che dopo la morte del marito la donna viene mostrata come totalmente persa, neppure capace per molto tempo di continuare le sue ricerche, in netto contrasto con la figura decisa e inarrestabile della prima parte del film.
Insomma, Radioactive possiede una struttura narrativa interna piuttosto incoerente, che mina troppo spesso credibilità della figura femminile al centro della storia e le sue azioni. Dove il film invece sorprende in positivo sono le scene in cui la Satrapi lascia libera la sua potenza visiva, costruendo piccoli grandi momenti di cinema viscerale e doloroso. Quando Radioactive spinge sul pedale dell’emozione pura, sfruttando anche la storia e il modo in cui gli uomini hanno usato le scoperte della Curie per distruggere invece che curare, ecco che ci troviamo di fronte a un film davvero potente. Peccato appunto che tali momenti non siano inseriti in una trama capace di sostenerli come avrebbe dovuto. In questo modo anche il carisma comunque evidente di Rosamund Pike nella parte di Marie Curie viene spesso dissipato dai dubbi che il personaggio stesso suscita con la sua incoerenza.