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Il re, Timothée Chalamet è Enrico V per Netflix – La recensione da Venezia

Pubblicato il 02 settembre 2019 di Marco Triolo

Vedere Il re di David Michôd sul grande schermo della Sala Darsena alla Mostra del Cinema di Venezia è prima di tutto una rivelazione, al di là della qualità effettiva del film. Spesso, le proiezioni stampa a Venezia sono l’equivalente cinefilo di una partita allo stadio, con la tifoseria che esulta o fischia. Non tanto per i film in sé, quanto per i loghi che li precedono. Anni fa era il logo di una certa casa di produzione con legami in politica a ricevere una pioggia di fischi a ogni proiezione. Oggi tocca a Netflix, trasformatosi in simbolo per cui o contro cui lottare. In nome di un futuro, quello del cinema, più che mai incerto.

E tanto si parla del fatto che i film Netflix non possano essere considerati veri film perché non vengono prodotti per il grande schermo, ma per quello piccolo (termine sempre più relativo!). La parte opposta ribatte, di solito, sostenendo che i film Netflix vengano giudicati a priori per un pregiudizio che non ha nulla a che fare coi film stessi. Netflix non è televisione, è qualcosa di completamente diverso. E non fa altro che distribuirli, i film, senza chiedere che rispondano a criteri precisi. Come viene invece fatto per i film TV.

Questo lungo preambolo per dire, tornando all’inizio, che la visione de Il re sul grande schermo dà abbastanza ragione ai secondi. Non siamo davanti a un film pensato per uno schermo piccolo, ma a un’opera cinematografica a tutti gli effetti. Che va pertanto giudicata senza pregiudizi. E come la giudichiamo, quest’opera?

Un Medioevo fin troppo famigliare

Ecco, purtroppo non benissimo. Michôd, regista interessante che ha diretto gli ottimi Animal Kingdom e The Rover, qui cade un po’ nel cliché del generico film medievale. Insieme al co-sceneggiatore – e interprete e amicone – Joel Edgerton, ha fuso l’Enrico V di Shakespeare con gli eventi storici che lo hanno ispirato, per creare una versione moderna della parabola del giovane re, qui interpretato da Timothée Chalamet. Edgerton lo affianca, mangiandosi lo schermo in una divertita interpretazione di Falstaff.

Non c’è niente di davvero “sbagliato” nel modo in cui Michôd mette in scena gli eventi. La confezione è di qualità sopraffina e risponde a tutti i canoni del film di guerra medievale. Il problema, semmai, è che vi aderisce fin troppo. C’è tutto: il re riluttante che dimostra di essere il miglior condottiero, politico e uomo possibile. La spalla disillusa ma di buon cuore, che infine si redime. Il principe rivale (il Delfino di Francia, interpretato da un Robert Pattinson gigione) codardo e viscido, antitesi dell’eroe. E ovviamente la battaglia brutale, preceduta dal discorso d’incitamento del re e conclusa tra fango e sangue. Non manca, se ve lo stavate chiedendo, il personaggio che viene colpito forte in testa e sente tutto ovattato.

A distanza di 24 anni, l’influenza di Braveheart è ancora impossibile da ignorare. Ma la battaglia di Agincourt, che chiude il film, sembra anche guardare a Game of Thrones e, in particolare, alla Battaglia dei Bastardi. C’è un segmento, che vede Falstaff emergere dalla calca per prendere fiato, che sembra preso di peso dall’episodio, angoli di ripresa inclusi. E quando persino una serie TV riesce a innovare e sorprendere più del tuo film, un paio di domande sei costretto a fartele.

Il re sceglie oltretutto la facile scorciatoia di rendere il suo protagonista virtuoso e giusto e il suo antagonista vile e odioso. Un tranello da cui molto raramente questo tipo di film (Braveheart in primis) riesce a salvarsi. Va bene che alla base c’è un testo teatrale, ma, se l’idea era quella di avvicinarsi maggiormente alla storia, allora la missione è completamente fallita.

Il cast

L’ottimo cast, comunque, regge il gioco. Chalamet si riconferma interprete carismatico. Nei ruoli di contorno troviamo gente come Sean Harris, Ben Mendelsohn e Lily-Rose Depp. Harris, in particolare, brilla nel ruolo del machiavellico consigliere del re.

Il re, in fondo, ha il sapore di due ore (e dieci) spese in maniera rilassante su Netflix (o al cinema, sia chiaro, ché se no sembra che abbiamo parlato a vuoto). Ma se cercate qualcosa di nuovo, qui non lo troverete di certo.