Burning – L’amore brucia: dalle pagine di Murakami nasce un film di rabbia e mistero | Recensione

Burning – L’amore brucia: dalle pagine di Murakami nasce un film di rabbia e mistero | Recensione

Di Filippo Magnifico

Nel 2010 Lee Chang-dong, con il suo Poetry, era riuscito ad aggiudicarsi il premio per la miglior sceneggiatura al 63º Festival di Cannes. La sua ultima fatica, Burning, arriva dopo otto anni e, inutile dirlo, presenta tutte le caratteristiche dei grandi ritorni. Quelli particolarmente attesi, quelli che non deludono.

Proprio come l’amore che brucia lentamente all’interno del suo film – giusto per citare il titolo italiano – il regista, sceneggiatore (anche politico) sudcoreano si è preso tutto il tempo necessario per confezionare un’opera enigmatica, che attinge a piene mani dal genere noir per sovvertirlo, che riflette sulle apparenze e sulle molteplici interpretazioni della realtà.

Al centro della storia Jongsu, un giovane fattorino con aspirazioni letterarie, che incontra la bella Haemi facendo una consegna. I due iniziano a frequentarsi e la ragazza, prima di affrontare un viaggio in Africa, gli chiede di occuparsi del suo gatto. Jongsu accetta, ma quando Haemi ritorna non è più da sola: ha conosciuto Ben, tanto ricco quanto misterioso, e ora sta per conoscerlo anche lui.

Granai incendiati

Da un racconto breve di Haruki Murakami, Granai incendiati, Lee Chang-dong ha creato un film di ben due ore e mezza, aggiungendo un ulteriore strato a quelle pagine che hanno fatto da ispirazione. Nel farlo ha dato vita ad un’opera che si evolve lungo il suo cammino, assumendo forme diverse.
Inizia come una normale storia d’amore, assume successivamente i toni del mistery-thriller, per poi sfociare nella paranoia e nel dramma.

Tutto questo lo fa accumulando interrogativi che non sempre trovano una risposta (del resto, è sul serio necessario?) e mettendo in scena un triangolo amoroso che vede ai suoi vertici individui che, in un modo o nell’altro, non si mostrano mai per quello che realmente sono. Come specificato dallo stesso regista:

Il mondo in cui viviamo è diventato misterioso: noi sentiamo che qualcosa non va, sotto la superficie sofisticata e funzionante della modernità, ma il mondo non è in grado di spiegarci cosa. Sembra quasi di trovarsi di fronte a un gigantesco puzzle e le persone, indipendentemente dalla nazionalità, dalla religione o dallo status sociale, sono piene di rabbia. I giovani, soprattutto. Non trovano risposte nel presente e, appunto, non riescono a identificare un obiettivo su cui concentrare la propria rabbia, sentendosi impotenti.

Un film di rabbia e di mistero

Burning è un film di rabbia e di mistero, ambientato in una Corea del Sud divisa tra la tradizione e l’esigenza, quasi fisiologica, di diventare sempre più occidentale.
Da un lato abbiamo il semplice Jong-su, interpretato da Yoo Ah-in, dall’altro Ben, interpretato da Steven Yeun, che già dal nome “americano” sembra voler segnare una netta separazione dal suo avversario.
Una sorta di grande Gatsby arrivato direttamente dalle pagine patinate di una rivista di moda. La peggiore minaccia per chi non si sente all’altezza della donna di cui si è innamorato. O peggio ancora del mondo che lo circonda.

Al centro, contesa e al tempo stesso contendente, l’enigmatica Hae-mi, interpretata da Jeon Jong-seo. È lei l’affascinante fiamma che alimenta questo fuoco, che detta i toni della storia anche quando non è presente sulla scena. Che si prende gioco di tutti mentre sbuccia il suo mandarino invisibile.

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