7 cose che forse non sapevate su Il fiuto di Sherlock Holmes

7 cose che forse non sapevate su Il fiuto di Sherlock Holmes

Di DocManhattan

Oggi fa un certo effetto pensare che nella prima metà degli anni 80 Hayao Miyazaki, di lì a pochissimo fondatore dello Studio Ghibli e figura più importante nel mondo dell’animazione giapponese degli ultimi trent’anni, si sia messo a creare una serie animata essenzialmente per conto della RAI. Il che fa parte del mito de Il fiuto di Sherlock Holmes, le avventure di un “detective very well” con la faccia da cane, nato tra mille problemi e coincidenze, e mai davvero capito dal pubblico dell’epoca. O da chi l’aveva commissionato.

Fiuto Sherlock Holmes Sherlock Hound 1

1. CANI, DRAGHETTI E PULCINI NERI

Tutto ha inizio all’alba degli anni 80, quando la RAI vive un periodo di grandi investimenti sulle co-produzioni internazionali. Accanto a sfarzose miniserie TV come Marco Polo, viene così messo in cantiere anche Il fiuto di Sherlock Holmes, una serie animata da realizzare con i giapponesi, i cui anime imperversano sulla TV di stato e nei palinsesti di un’infinità di reti private. La RAI si accorda allora con la TMS (Tokyo Movie Shinsha), che si è appena lanciata anch’essa sul mercato estero, realizzando serie per i mercati d’Oltreoceano come Ulisse 31 e L’Ispettore Gadget. A seguire la serie come regista sarà Hayao Miyazaki, a realizzarla lo studio giapponese Telecom Animation Film, affiliato della TMS, e la Rever di Marco e Gi Pagot, i figli di Nino Pagot (co-creatore con il fratello Toni di Calimero e Grisù il draghetto). Nell’82, quando sono stati completati solo quattro episodi e altri due sono in lavorazione, la produzione però si blocca. La ragione citata più spesso per l’alt ai lavori de Il fiuto di Sherlock Holmes sono problemi di diritti con gli eredi di Arthur Conan Doyle, ma in realtà sono soprattutto i costi esorbitanti a far tremare i polsi della RAI.

Fiuto Sherlock Holmes Sherlock Hound 1

Fortuna vuole che lo Sherlock Holmes col volto da segugio (il titolo internazionale della serie è, appunto, Sherlock Hound) venga riesumato due anni dopo per accompagnare in sala uno dei film d’animazione più importanti del decennio (e in prospettiva, per quello a cui porterà, di tutti i tempi). Due episodi vengono assemblati per farne un film da proiettare insieme a Nausicaä della Valle del vento e questo spinge la TMS a completare il lavoro, trovando gli sponsor che rendano possibile metter mano agli altri 20 episodi rimasti su carta. Ma senza Miyazaki, ormai lanciato verso nuovi orizzonti dopo il clamoroso successo di Nausicaä (la regia passa a Kyosuke Mikuriya).

La serie viene infine trasmessa in contemporanea in Italia e in Giappone nel novembre del 1984 (nel Sol Levante con il titolo di Meitantei Hōmuzu, cioè il famoso detective Holmes), ma da noi non riscuote minimamente il successo sperato. Colpa soprattutto di una programmazione suicida: per dilatarne la fruizione e sfruttare al massimo l’investimento, la RAI decide di frantumare ogni puntata in quattro parti da cinque minuti l’una, mandandone in onda una al giorno. Chi c’era ai tempi e ricorda la frustrazione di mezza settimana che se ne andava per completare una puntata può alzare la mano. Negli anni seguenti gli episodi vengono riproposti integralmente nel contenitore per ragazzi Big!, ma la frittata canina ormai è fatta.

2. NON VOGLIO UN HOLMES CON LA FACCIA DA CANE

A Miyazaki l’idea di uno Sherlock Holmes segugio, per la cronaca, non piaceva affatto. Avrebbe voluto una semplice versione umana del personaggio e dei suoi comprimari, anziché una banda di cani antropomorfi. Fu la RAI a imporre quel tema. Del resto si portava questa cosa dei personaggi classici interpretati da animali antropomorfi: D’Artacan e i tre moschettieri e il leonino Il giro del mondo di Willy Fog, altre co-produzioni internazionali (Spagna-Giappone), sono rispettivamente dell’81 e dell’83. Senza dimenticare Ser Lock (The Sleuth), lo Sherlock Holmes canino dei fumetti Disney, nato nel ’75 e affiancato da un Topolino Watson.

Miyazaki cerca d’imporre almeno un personaggio umano, la giovane e affascinante Mrs. Hudson, ma la RAI non vuole saperne. Il personaggio della vedova Hudson (che ricorda non poco la Clarisse di Lupin III – Il castello di Cagliostro) resta per alcuni mesi terreno di scontro, perché anche i tratti da ragazza forte che Miyazaki vorrebbe darle vengono smussati: nascono diverse tensioni, non facilitate da tempi e mezzi delle comunicazioni intercontinentali dell’epoca.

3. QUEL TORINESE DI MORIARTY CONTRO CALBONI

Alcuni elementi della serie giapponese vengono censurati nel passaggio in RAI, ad esempio la scena (episodio 24) in cui l’ispettore Lestrade vuole buttarsi dal Big Ben dopo l’ennesima umiliazione da parte di Mortiarty. Il dialogo è stato modificato e l’ispettore (nella storia salvato da alcuni suoi agenti) chiede aiuto ai poliziotti perché è scivolato. Proprio i dialoghi italiani sono uno degli elementi più memorabili della serie, accanto alle macchine volanti, agli inseguimenti e alle scene di massa (i poliziotti di Scotland Yard che cercano di catturare Moriarty) tipiche dei lavori di Miyazaki. Il direttore del doppiaggio, Mauro Bosco, dà a Moriarty un inconfondibile accento torinese; Sherlock Holmes è Elio Pandolfi, tra tanto altro anche il 7-ZARK-7 di Gatchaman; Mrs. Hudson ha la voce di Cristina Grado, doppiatrice di Rosemary Harris negli Spider-Man di Raimi; Lestrade era Enzo Consoli; Todd e Smiley, gli aiutanti di Moriarty, erano il comico Maurizio Mattioli e Angelo Maggi; il Dottor Watson era il grande Riccardo Garrone.

4. IL FUMETTO

Nell’autunno del 1984, quando Il fiuto di Sherlock Holmes arriva su RAI 1, il magazine per bambini Il Giornalino (numero 43 del 28 ottobre 1984) inizia a pubblicarne una versione a fumetti, che viene proposta fino al maggio del 1988. Le storie sono firmate da Toni Pagot, i disegni da celebri disegnatori e animatori come Gino Gavioli (co-fondatore dello Studio Gamma, artefice di tanti personaggi di Carosello), Franco Oneta (che per il Giornalino adatta numerose serie animate, come gli Snorky) e Carlo Peroni, l’indimenticato Perogatt, il creatore, tra mille altre cose, di Slurp! Sempre in Italia viene creato il gioco da tavolo dell’anime, Le avventure di Sherlock Holmes, realizzato dalla Editrice Giochi.

5. GIOCHI E VIDEOGIOCHI

In Giappone, soprattutto per via dell’apporto alla serie del sensei Miyazaki, Il fiuto di Sherlock Holmes gode tutt’oggi di una sua schiera di fan da foraggiare con nuovi prodotti su licenza. Quello qui sopra, ad esempio, è il set con Sherlock e la sua auto realizzato da Figma nel 2016. Nel 2014 ne era uscito il cofanetto Blu-ray con la serie restaurata. Esiste anche un videogioco della serie, uscito nel lontano novembre del 1986 per il computer giapponese NEC PC-8801: un action game in cui Holmes insegue in macchina Moriarty, Todd e Smiley in una serie di labirinti.

Del 2015 è invece una linea di abiti per cosplayer, con tanto di orecchie finte per trasformarsi nell’Holmes segugio, in Mrs. Hudson o… in una versione femminile di Watson.

6. SHERLOCK HOLMES, È UN AMICO ANCHE PER TE

Esistono due versioni della sigla de Il fiuto di Sherlock Holmes, una in inglese, l’altra in italiano. Sono state incise come due lati di uno stesso 45 giri, che a scanso di equivoci presenta le due tracce come “SHERLOCK HOLMES – inglese” e “SHERLOCK HOLMES – italiano”. La versione in inglese è stata utilizzata per il mercato estero, tranne che nei paesi di lingua spagnola, per i quali ne è stata realizzata un’altra. Il brano era firmato dal gruppo “Complotto” e realizzato da Mauro Malavasi, Paolo Zavallone, Federico e Franca Poli, Salvatore De Pasquale. De Pasquale è un autore televisivo che ha scritto anche molti brani di successo, come (giovanissimo) i testi di “Champagne” di Peppino di Capri. Zavallone (alias Paolo Zavalloni o El Pasador) ha composto sigle di numerosi programmi TV e brani disco come “Amada mia, amore mio”, inserita nel 2012 da Woody Allen nella colonna sonora del suo To Rome with Love.

7. IL MAIALE AVIATORE E IL PUMA ESPLORATORE

Nonostante la lavorazione per nulla semplice di quei soli sei episodi di Sherlock Holmes da lui firmati, Miyazaki è rimasto in contatto con Marco Pagot, al quale ha chiesto anni dopo una mano. Come si legge in questo articolo di Alessandro Montosi, quando il sensei è al lavoro sul suo Porco Rosso, Pagot lo aiuta con il materiale di reference, visto che la pellicola è ambientata anche in Italia durante gli anni del fascismo. Pagot gli invia dei libri sulla Milano e la costa slava dell’epoca, e Miyazaki per ringraziarlo decide di chiamare il protagonista del film, l’aviatore con il volto da maiale ex asso della Regia Aeronautica, proprio Marco Pagot. L’interessato da principio non la prende benissimo. Come si legge nel libro Vita da cartoni (di Elettra Dafne Infante e Fabio Bartoli), quando scopre la cosa, pensa che “diventare il porco rosso del film non sia esattamente il massimo”. Poi però Pagot ha modo di vedere la pellicola e capisce: “Non potevo che esserne contento”.

La collaborazione con il Giappone di Marco e sua sorella Gi(na) Pagot non si è conclusa con Sherlock Holmes: nel 1994 hanno realizzato per la NHK Caccia al tesoro con Montana (Montana Jones). Storia di un esploratore dichiaratamente ispirato a Indy, Montana Jones. Una serie interpretata da felini antropomorfi, che ricorda molto concettualmente Il fiuto di Sherlock Holmes. Indiana, d’altra parte, era il nome di un cane: tutto torna.

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