La seconda stagione di Mindhunter ha fatto ieri il suo debutto su Netflix. Tra i serial killer intervistati da Holden Ford (Jonathan Groff) e Bill Tench (Holt McCallany) in questa nuova avventura troviamo Charles Manson. Un nome sinistramente famoso, simbolo del male, che nell’ultimo periodo è tornata alla ribalta per diversi motivi.
Prima di tutto perché lo scorso 9 agosto ha segnato il cinquantesimo anniversario di quello che è passato alla storia come “il massacro di Cielo Drive”. Ma anche perché oltre al già citato Mindhunter, un’altra opera particolarmente attesa ha fatto riferimento alla scia di sangue lasciata da Manson lungo il suo percorso: C’era una volta…a Hollywood, il nuovo film di Quentin Tarantino. E per una curiosa coincidenza il mandante dell’eccidio di Cielo Drive è stato interpretato da Damon Herriman in entrambe le opere.
Ma perché, a distanza di cinquant’anni, ci ricordiamo ancora di lui? Come mai la sua figura è considerata l’emblema del serial killer? Cerchiamo di capirlo ripercorrendo la sua storia…
Damon Herriman e Charles Manson
Nato nel 1934 a Cincinnati, figlio di una giovane prostituta, Manson inizia a muovere i primi passi nel mondo della criminalità giovanissimo.
A soli sedici anni, dopo alcune rapine, l’ingresso in riformatorio. Una prima punizione che però non riesce a cambiare la sua attitudine nei confronti del mondo.
Nel 1960 un’altra condanna, questa volta per “trasporto di donne da uno stato all’altro a scopo di prostituzione”. Costretto a scontare dieci anni di carcere, Manson si avvicina dietro le sbarre alla negromanzia, alla magia nera, all’esoterismo. Una nuova ossessione che si concretizza una volta uscito di galera in una setta, conosciuta come “La Famiglia”.
È la fine degli anni ’60, i tempi della “Summer of Love” e degli hippy. Nelle comuni si vive tutti insieme in pace e armonia.
Un ambiente perfetto per Manson, per il suo carisma, per le sue capacità manipolative.
Nel giro di pochissimo tempo riesce ad attirare attorno a sé un gruppo di persone fragili, alla disperata ricerca di un guru, di una guida, di un leader da seguire. Il sesso di gruppo è all’ordine del giorno ma non basta. Presto la famiglia, composta da una cinquantina di persone, comincia a dedicarsi alle attività criminali.
Furti e rapine, anestetizzando la vita – e i sensi di colpa – consumando hashish e LSD. Le prede sono i bianchi dei quartieri alti di Los Angeles. Lo scopo: scatenare una guerra razziale attribuendo la responsabilità alla comunità afro-americana. Manson non partecipa alle sue “missioni”, lascia l’ingrato compito ai suoi seguaci. Fino ad un fatidico giorno del 1969.
Sharon Tate
Il 9 agosto del 1969 Charles Manson pianifica un’irruzione nel ricco quartiere di Cielo Drive. L’obiettivo: la villa in cui vivono il regista Roman Polanski e la giovane moglie, l’attrice Sharon Tate, incinta di otto mesi.
Lei, il suo bambino e altri quattro ospiti vengono barbaramente uccisi dal gruppo. Sulle pareti della casa vengono lasciate due scritte fatte con il sangue delle vittime: “PIG” (maiale) e “Helter Skelter”, un’espressione inglese che significa “confusione”, ma anche il titolo di una canzone dei Beatles.
Il giorno dopo è il turno dell’imprenditore Leno LaBianca e di sua moglie Rosemar, colpiti da più di quaranta colpi alla testa con una forchetta.
L’ultimo delitto attributi a Manson e alla sua famiglia è quello di un membro della sua setta, Donald Shea. Il motivo? Aver sposato una donna di colore. Il suo cadavere viene fatto a pezzi e gettato in un torrente.
Per la strage di Cielo Drive, Manson e i suoi complici vengono condannati a morte, ma la pena viene commutata in ergastolo quando nel 1972 la Corte Suprema sospende la pena capitale in California. Rinchiuso nel carcere di Corcoran, Charles Manson muore il 19 novembre 2017, a 83 anni.
Il suo sinistro mito no. Quello vivrà per sempre.