Sono moltissimi i film che, una volta usciti dalla sala, lasciano lo spettatore molto insoddisfatto: capita addirittura a volte di vedere dei film che si rivelano prodotti di bassissimo livello pur se pubblicizzati accanto a nomi altisonanti (fortunatamente, questa seconda ipotesi non è così frequente..)
In particolare, il vastissimo panorama dei B-Movie è affollato per antonomasia di film che molto difficilmente si rivelano dei capolavori; capita però a volte che alcuni di essi, proprio per alcune di quelle particolarità che li rendono… Dei “brutti” film, passando da sceneggiature assurde ad interpretazioni tremende o a tecniche stilistiche goffe (o addirittura ridicole), riescano a far parlare talmente tanto di sé da divenire dei cult.
In pratica, quei film talmente brutti che non si può non consigliarli agli amici, almeno per farsi 4 risate in compagnia: ecco quindi 10 titoli che sono diventati dei cult proprio a causa di queste motivazioni, e che magari, se amate il genere, potreste pensare di vedere!
Uno dei più famosi film che fanno parte della categoria in esame: The Room del regista Tommy Wiseau venne immediatamente stroncato dalla critica al tempo della sua uscita nel 2003, a causa della sua trama inconcludente e ricchissima di buchi di sceneggiatura, ma anche a causa di interpretazioni (fra cui quella del regista, anche protagonista e sceneggiatore della sua opera) davvero bizzarre.
Il film è diventato un cult al punto che nel 2017 è uscita nelle sale una pellicola (candidata all’Oscar per la Miglior Sceneggiatura non Originale), The Disaster Artist, che ripercorre la storia della lavorazione di The Room con James Franco nel ruolo di Tommy Wiseau.
Uno di quei casi, come parlavamo in apertura, di film che avrebbero potuto (dovuto?) essere molto apprezzati e che si sono rivelati poi estremente deludenti: E Venne il Giorno è una pellicola di M. Night Shyamalan uscita nel 2008 ed anch’essa completamente bocciata da critica e pubblico (collezionando anche una lunga serie di candidature ai famigerati Razzie Awards).
La trama ruota attorno ad una sorta di ribellione delle piante verso gli umani, che vengono spinti tramite un particolare feromone verso irrefrenabili istinti suicidi. Il sottotesto ambientalista che il film tenta di trasmettere sarebbe potuto anch’esso essere apprezzabile, ma l’intera struttura narrativa del film cade continuamente nel ridicolo; addirittura anche le scelte di regia, che arrivano ad indugiare su un “vento assassino” da cui i protagonisti tentano di fuggire (per evitare di respirare i temibili feromoni), risultano bislacche e prive di senso. Al tutto si aggiunge una dimenticabilissima performance del protagonista Mark Wahlberg, sicuramente una delle peggiori della sua carriera. L’idea della lotta fra piante ed umani (ma soprattutto le assurde dinamiche con cui questa viene affrontata) hanno reso anche E Venne il Giorno un film cult.
Un altro film divenuto un cult, ma che in effetti dalla sua aveva questa volta un forte effetto nostalgia (Howard e il Destino del Mondo è datato 1986) e l’amore dei fan per un personaggio Marvel fra i più strani della sua storia (pur se portato sul grande schermo con caratteristiche completamente differenti).
Alla sua uscita, il film fu stroncato unanimemente da pubblico e critica, ed arrivò a vincere 4 Razzie Awards. Principalmente a causa di una sceneggiatura davvero poco curata, ma in parte anche per le accennate differenze con il fumetto Marvel, oltre che per il ben poco gradevole aspetto che fu dato al protagonista.
Un altro cult da vedere assolutamente: durante la visione di Black Sheep, lo spettatore sarà continuamente portato a chiedersi se il film vuole essere una quasi intelligente parodia di sé stesso o se la produzione era composta da un team di pazzi scatenati.
Black Sheep, arrivato nel 2006 nelle sale (nel 2008 anche in quelle italiane!) racconta la storia di una cittadina di provincia dove, per produrre della lana di qualità migliore, degli imprenditori hanno modificato geneticamente delle pecore… Rendendole involontariamente violente ed affamate di carne umana.
Fin qui si potrebbe pensare di poter vedere una divertente e bislacca comedy horror: il film però si prende talmente sul serio in ogni sua scena che è impossibile non dubitare di cosa si stia in realtà susseguendo sullo schermo. Troppo difficile da spiegare, Black Sheep va davvero visto, anche solo per capire come mai alcuni degli aggregatori più importanti nel web gli abbiano attribuito valutazioni tutto sommato positive.
Quello di Sharknado è forse un caso diverso: il film è nato proprio per tentare di diventare un cult di questa surreale categoria, e… la The Asylum, casa di produzione che si occupa praticamente solo di produrre B-Movie dalle trame assurde contenenti mostri, botte o parodie di blockbuster hollywoodiani, ha pienamente colto nel segno.
La saga di Sharknado, arrivata al sesto capitolo, è stata creata direttamente per la TV (il primo film è del 2013), ma è diventata famosa quasi quanto alcune delle più note saghe cinematografiche; in pratica, per quei pochi che ancora non li conoscessero, questi film si basano su una serie di tornado che, imperversando in mare, sollevano sistematicamente in aria immensi branchi di squali… Che poi piovono cielo. Ovviamente affamati di umani.
La lunga saga di Venerdì 13, che vede nel serial killer Jason il suo villain principale, si è “divertita” ad inserire nelle sue fila un capitolo alquanto peculiare: Jason X, uscito nel 2002, racconta una storia ambientata nello spazio, in un lontano futuro dove Jason è arrivato dopo essere stato ibernato per quasi 500 anni.
Caratterizzazioni dei personaggi al limite del ridicolo, buchi di trama incredibilmente ampi, interpretazioni di bassissimo livello fanno da contraltare ad un’ironia di fondo che sembra quasi aver accostato volutamente tutti i difetti del film.
Un’entrata italiana nella nostra lista: in molti ricordano ancora l’esordio sul grande schermo del celebre sciatore Alberto Tomba, cui il gruppo Cecchi Cori propose il film negli anni d’oro della sua popolarità, vestendolo dei panni di un poliziotto abile nello… sfondare porte a spallate (da qui L’Ariete).
Una più che minoritaria parte della critica è convinta che ci sia dello spirito parodistico alla base del film (come a dire: è impossibile che il prodotto finale volesse essere davvero questo), ma l’amara verità è che fin dalla sua uscita nelle sale nel 2000 Alex L’Ariete fu eletto a pellicola simbolo del cinema trash, diventando quasi immediatamente un cult, con il suo montaggio approssimativo, la sua trama superficiale, la recitazione incommentabile di Tomba ed anche una Michelle Hunziker alle prime armi che provava, inconsapevolmente quanto inutilmente, a limitare i danni.
Il film che fu l’inizio della fine per la carriera di una Demi Moore che arrivò danzando senza veli nei cinema di quel nefasto 1996: fallimento totale al botteghino e recensioni totalmente negative da parte della critica per un una “commedia nera erotica” che faceva acqua da tutte le parti e che si aggiudicò ben 6 Razzie Awards, ma che divenne ad ogni modo celebre e cult di genere proprio per la quasi completa nudità della protagonista, fino ad allora sulla cresta dell’onda.
Quando i principali villain del film sono degli animali giganti, per lo spettatore non è difficile prevedere cosa gli si presenterà davanti agli occhi: Anaconda del 1997 però, che fra i protagonisti conta anche Jennifer Lopez e Jon Voight, riesce a superare le più nere aspettative presentando una pellicola che difetta praticamente in tutto: effetti speciali in primis, ma anche regia, sceneggiatura, fotografia, recitazione (En Plein, nonostante Anaconda non si sia aggiudicato nessuno dei 6 Razzie Awards per cui era stato nominato).
Ciononostante, il film pur se non fu affatto premiato da critica e pubblico non fu affatto un flop al botteghino, forse proprio perché fin da subito divenne un cult da non lasciarsi sfuggire.
Infine, impossibile non citare il terzo capitolo de Lo Squalo, che, ci teniamo a dirlo, non ha visto alcuna partecipazione di Steven Spielberg in alcuna fase della sua produzione.
Il film in questione era stato pubblicizzato come una terrificante opera figlia della nuova tecnologia del 3D (eravamo allora nel 1983), ma fu invece proprio l’uso di questa a decretarne parte del fallimento in seno a critica e pubblico (mentre anche Lo Squalo 3 fu tutto sommato premiato al botteghino).
Al pessimo uso del 3D si univano in ogni caso una sceneggiatura del tutto inefficace, personaggi poco incisivi, ed una suspence mal curata. Un altro cult che, benché nominato per 5 Razzie Awards, non riuscì ad aggiudicarsene alcuno.