THE DOC(MANHATTAN) IS IN – STARSKY & HUTCH

THE DOC(MANHATTAN) IS IN – STARSKY & HUTCH

Di DocManhattan

Il 30 aprile del 1975 è il giorno della caduta di Saigon, della fine della guerra nel Vietnam. Ma è anche il giorno in cui sulla ABC va in onda l’episodio pilota di una serie prodotta dal solito Aaron Spelling con il socio di allora, Leonard Goldberg. Viene presentato dalla ABC come un film, nella speranza che al pubblico piaccia. Spoiler: al pubblico piace. A ideare questa serie, incentrata su due detective di una città immaginaria della California, Bay City, è lo sceneggiatore William Blinn. Già vincitore di un Emmy e in seguito tra gli autori di Radici e Saranno famosi, e creatore della sfortunata serie sullo spionaggio Hunter, con Linda Evans di Dynasty.

Blinn si ispira a due veri detective, due poliziotti sotto copertura di New York che se ne andavano in giro su un’auto rossa pure loro, a pagare informatori, acchiappare criminali, fingersi trafficanti e, se necessario, travestirsi da donne. I loro nomi erano Lou Telano e and John Sepe, e i produttori di Starsky & Hutch li seguono per mesi. Senza alla fine pagare loro una lira per la consulenza e quelle tonnellate di storie vere e aneddoti che avevano spillato ai due poliziotti. Grazie a un avvocato, Telano e Sepe avrebbero ottenuto in seguito 10mila dollari a testa, senza immaginare minimamente il successo che lo show avrebbe riscosso in buona parte del pianeta Terra.

STARSKY AND HUTCH

Torniamo al 1975. A interpretare il bruno, David Michael Starsky, veterano dell’esercito (e come ti sbagli) dai modi spicci, c’è Paul Michael Glaser, che viene dai palchi di Broadway e si è fatto la sua dose di gavetta poliziesca in serie come KojakLe strade di San Francisco. Il biondo e misurato Kenneth Richard Hutchinson, detto Hutch, è invece David Soul, scelto dai produttori dopo averlo visto in Una 44 Magnum per l’ispettore Callaghan. È in TV dal ’67, quando è apparso nella serie sul delfino Flipper, ma il suo esordio televisivo era avvenuto qualche mese prima nel talk show di Merv Griffin, dove aveva cantato una canzone… mascherato. Perché voleva si giudicasse solo la sua musica. Nei decenni successivi, anche se ormai tutti conoscevano la sua faccia, ha inciso cinque dischi (e si è sposato cinque volte, ma quella è un’altra storia).

L’episodio pilota – in cui il capitano Dobey è interpretato da un altro attore, Richard Ward anziché Bernie Hamilton – piace, dicevamo, e la serie debutta ufficialmente nel settembre dello stesso anno. Andrà avanti fino al 15 maggio del ’79, per quattro stagioni e 93 puntate. Proprio nel ’79 Starsky & Hutch arrivano anche in Italia, su Rai 2, ma con gli episodi della prima serie in ordine sparso e saltando sia il pilota che alcune puntate, recuperate solo in seguito. Beh, almeno non ci erano toccate tutte le battute comiche inventate nel doppiaggio francese del telefilm.

STARSKY AND HUTCH

Il pubblico apprezza l’alchimia tra i due detective, i personaggi di supporto, come l’informatore Huggy Bear (Antonio Fargas), e la Ford Gran Torino rossa a strisce bianche usata da Starsky e Hutch. Eppure tutti e tre questi elementi hanno dato a Spelling e gli altri una buona dose di grattacapi, discussioni e dubbi amletici su cui riflettere davanti a un frigo aperto a tarda notte.

Partiamo dal primo. Starsky e Hutch si comportavano sullo schermo come due alfieri del brofist, si davano pacche sulle spalle in continuazione, si sorridevano, complici. Se non vi sembra ci sia nulla di strano in tutto questo è perché non c’è. Almeno per gli standard televisivi odierni. Ma la TV del 1975 era una bestia completamente diversa. C’è chi ai tempi, non solo a Hollywood, pensa che quella sullo schermo sia una coppia gay, o che comunque sia troppo lontana dall’ideale di mascolinità poliziesca del genere. L’argomento verrà affrontato anni dopo, durante una reunion del cast nel ’99 (qui una trascrizione del dibattito). Soul ribadirà in quell’occasione che era amicizia, anche se per la testicular fortitude della fiction anni ‘70 sembrava strano vedere due amici comportarsi da amici.

Quanto alla Ford Gran Torino rossa con striscia bianca, il terzo protagonista dello show – oggi nel pantheon dei veicoli che hanno fatto la storia della TV come il furgone dell’A-Team o il Generale Lee di Hazzard – il nomignolo usato dai fan di Starsky & Hutch l’aveva tirato fuori Glaser la prima volta che Aaron Spelling gli aveva mostrato l’auto dei due detective. “Sembra un pomodoro a strisce!”, aveva detto. Glaser la odiava, quella macchina. Perché non era della General Motors ma una Ford, innanzitutto, e perché trovava troppo bizzarra un’auto rossa per due poliziotti. Non gli avevano evidentemente parlato di Telano e Sepe. Il creatore della serie, William Blinn, avrebbe voluto usare invece una Chevrolet Camaro verde, come quella guidata da lui qualche tempo prima. La produzione aveva scelto la Gran Torino perché costava meno, pare.

STARSKY AND HUTCH

La popolarità di Huggy Bear aveva infine spinto la produzione a studiare uno spin-off tutto per lui. Nel corso della seconda stagione viene realizzato così un episodio apposta, “Huggy Bear and the Turkey”, per sondare il terreno. Ma gli ascolti di quella puntata sono talmente bassi da far accantonare l’idea spin-off. Ascolti che invece in tutti  gli altri casi, nel corso delle prime due stagioni, volano. Il mix di azione, violenza e storie vere – come quella dell’artista country e del suo stalker, ispirata a una vicenda che ha interessato la cantante Dolly Parton – fa presa sul pubblico. Aiuta, nel primo anno di programmazione, anche il fatto che la concorrenza sia virtualmente inesistente (il mercoledì alle 10 di sera i due detective di Bay City asfaltano tutti, monopolizzando un televisore su quattro), certo, ma Starsky & Hutch è indubbiamente qualcosa di nuovo. Un detective televisivo che si ritrova eroinomane, per dire, non si era mai visto. E gli inglesi non l’avrebbero visto per un pezzo, se è per questo, dato che quella puntata (la quinta della stagione 1) venne censurata dalla BBC e sarebbe andata in onda nel Regno Unito solo molti anni più tardi…

L’eccessiva durezza di alcune trame finì però per diventare oggetto di discussione ai piani alti del network, soprattutto in un periodo in cui il tema della violenza sulla TV americana era sulla bocca di tutti. Così dalla terza stagione il tono fu notevolmente abbassato e si decise di puntare ulteriormente sull’amicizia dei due protagonisti. Più buddy, meno denti sputati per un calcio in faccia dopo un inseguimento, meno pere. Paul Michael Glaser iniziò però a manifestare la sua insofferenza. Voleva mollare la serie e fece di tutto per farlo capire alla produzione. E in genere, far causa ai tuoi produttori perché non ti vogliono lasciare andare (è quello che fece lui) è un messaggio sufficientemente chiaro. Pur di tenerlo a bordo, gli aumentarono il compenso aggiungendo 15mila dollari a puntata, e gli offrirono di dirigere alcuni episodi e di avere maggior controllo sulle storie.

Narra la leggenda che i tanti complimenti rivolti a Starsky da qualsiasi donna incontrasse erano stati richiesti da Glaser. Anche se il cardigan per cui tutti ricordano il personaggio (e poi omaggiato nel film, vedi sotto) lo aveva indossato solo per tre episodi, e solo nella prima stagione. Se ricordate altrimenti, è un ricordo impiantato, siete ancora dentro Matrix, o l’ordine incasinato delle puntate su Rai 2, ai tempi, ha fatto il suo. Oltre ai contentini per Glaser, la produzione preparò comunque una serie di piani d’emergenza in caso di fuga della sua star poco convinta, come un altro partner per Hutch (l’agente Linda Baylor, poi apparsa in una sola puntata) e perfino un fratello di Starsky, Nick (John Herzfeld), visto nella quarta e ultima stagione.

Arrivati al ’79, gli ascolti calano, Glaser non lo tengono più e neanche il baffo aggiunto a Hutch per farlo sembrare più maturo bastano ad evitare la fine. Starsky dovrebbe morire secondo i piani nell’ultima puntata, Sweet Revenge, diretta dallo stesso Glaser, ma il copione viene riscritto per lasciare il detective in vita e la porta aperta. Hai visto mai. Per rivedere Starsky e Hutch bisognerà aspettare tuttavia venticinque primavere: il 2004 e il film con Ben Stiller e Owen Wilson, con la comparsata di Soul e Glaser. Anni fa era stato messo in cantiere un reboot per Amazon curato da James Gunn, grande fan della serie originale, ma poi è stato accantonato, non se n’è fatto più niente. Peccato? Forse, chi lo sa.

Ma ora il funk di “Gotcha” di Tom Scott (la versione originale del tema più famoso di Starsky & Hutch) fino a notte fonda, via. Su quel volume.

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