SerieTV ScreenWEEK Originals The Doc(Manhattan) is in
Primi anni del nuovo millennio. Paul Attanasio è uno sceneggiatore di successo, che per due dei suoi primi tre film ha incassato una nomination all’Oscar (Quiz Show e Donnie Brasco). Non è nuovo nel mondo dei finti medici della TV, perché dopo aver fatto il critico cinematografico per il Washington Post, ha iniziato a scrivere per la serie Doctor Doctor della CBS. Ma l’idea di Dr. House – Medical Division (in originale solo House, o House M.D.) nasce per caso, leggendo una rubrica del New York Times curata a partire dal 2002 dalla dottoressa Lisa Sanders. La rubrica si chiama Diagnosis e si occupa di… beh, l’avrete intuito. Attanasio, affiancato da David Shore (in seguito creatore, tra le altre cose, di The Good Doctor) e da Katie Jacobs (all’epoca moglie di Attanasio), propone la serie alla Fox.
La major accetta, ma solo a patto che questo progetto non assomigli ai soliti medical drama. Come rivela Katie Jacobs in una vecchia intervista, la presidente di Fox dell’epoca, Gail Berman, vuole sì “un medical show, ma senza tizi in camice bianco che vanno avanti e indietro nel corridoio”. I lavori sulla serie, il cui titolo di lavorazione è Chasing Zebras, Circling the Drain (dove le “zebre” sono, in gergo medico, i casi clinici oscuri e la seconda espressione indica quelli incurabili), iniziano. L’idea di una squadra di dottori alle prese con diagnosi impossibili viene affinata con l’aggiunta di un personaggio focale, che prende il nome di House e lo darà a sua volta allo show.
Shore e gli altri vorrebbero un protagonista sulla sedia a rotelle, ma la Fox si oppone e si vira perciò su quel problema alla gamba. Da cui il bastone, da cui la dipendenza da tutti quegli antidolorofici assunti in dosi da cavallo. Da cui, essenzialmente, nasce una buona fetta di House per come lo conosciamo. A completare il quadro è la passione di David Shore per Sherlock Holmes, che il produttore vuole riversare nel suo medico arguto.
L’idea è quella di un dottore che prenda per i fondelli i colleghi, per dimostrare la sua superiorità, e che se ne freghi anche dei pazienti. A cui importi dei casi, ma solo quelli difficili. House finisce così per avere, sia pure in un altro continente, lo stesso indirizzo dell’investigatore di Sir Arthur Conan Doyle (221B Baker Street), e per condividere con Holmes tutta una serie di nomi e situazioni, in un lago di strizzate d’occhio. Dal tizio che spara a House chiamato Moriarty al finale della serie che cita L’ultima avventura (The Final Problem).
Ma a chi far vestire la giacca e le sneaker del dottor Gregory House? La scelta spetta anche e soprattutto al regista Bryan Singer, chiamato a dirigere l’episodio pilota e a occuparsi del casting, e infilato nell’elenco dei produttori esecutivi della serie. Per la scelta di House, Singer s’impone una sola regola: vuole un attore americano. Non riesce a immaginare assolutamente un interprete non-statunitense per il ruolo… e alla fine, uh, sceglie un inglese. Ma senza saperlo. Hugh Laurie ha all’epoca quarantacinque anni e si trova in Namibia, sul set de Il volo della fenice (Flight of the Phoenix). Gira un provino con quello che ha e dove può, cioè, nell’ordine, usando un ombrello come bastone e in un bagno. Singer è entusiasta, anche perché crede che Laurie sia americano. Laurie spiegherà in seguito il suo accento poco british dicendo di aver visto troppi film e troppa TV da ragazzo…
Il resto della squadra viene formato dal Dr. James Wilson (Robert Sean Leonard), l’unico amico di House, dalla Dr. Lisa Cuddy (Lisa Edelstein, apprezzata da Singer, creatore del personaggio, in The West Wing), il suo capo e fiamma a fasi alterne, e dal team di House, Foreman (Omar Epps), Chase (Jesse Spencer) e Cameron (Jennifer Morrison). A partire dalla quarta stagione, ultimi rimasti di una sorta di reality in cui House fa fuori gli altri trentasette partecipanti, verranno ingaggiati come suoi nuovi aiutanti Chris Taub (Peter Jacobson), Lawrence Kutner (Kal Penn) e Remy Hadley (Olivia Wilde), detta Tredici. Il numero che aveva in quella sfida ad eliminazione.
House debutta sulla Fox il 16 novembre del 2004 (da noi su Italia 1 nel luglio del 2005) e le avventure del medico misantropo fanno subito centro. Per la curiosità di vedere quale sia la causa degli accidenti dei poveri malcapitati di puntata (“Tanto non è mai Lupus!”) e per il carisma del protagonista, grazie al quale Laurie colleziona una serie impressionante di nomination agli Emmy e ai Golden Globe, oltre che spadroneggiare in ogni classifica possibile e immaginabile sui medici sexy della TV. Il trono del Dr. Doug Ross di Clooney iniziava clamorosamente a vacillare.
Le cose vanno anche meglio nelle tre stagioni successive, in cui House può godere del traino al martedì sera della trasmissione in assoluto di maggior successo della Fox, American Idol. Nel corso della seconda stagione, House è il decimo programma TV più seguito d’America. Durante la terza, il quinto. L’apice viene raggiunto durante la quarta stagione, quando prima di House va in onda il Super Bowl: quell’episodio viene visto da 29 milioni di statunitensi. La rete si riempie di gif animate in cui House dichiara il suo disprezzo per la gente, fa le faccette buffe, fa le faccette buffe dichiarando il suo disprezzo per la gente. Sì, insomma, tipo questa:
Non tutti però apprezzano lo scossone allo status quo introdotto nella quarta stagione, e forse lo show inizia mostrare un po’ la corda. C’è della blasfemia nel criticare il personaggio di Tredici, sì, siamo d’accordo, ma è quello che scrive una buona fetta della critica, mentre altri puntano il dito, nel corso delle ultime stagioni, sull’eccessivo sentimentalismo sviluppato dalla serie.
La stagione 7 punta effettivamente tanto i riflettori sulla relazione tra House e la Cuddy. Cuddy che nell’ottava e ultima stagione non c’è. Hanno chiesto alla Edelstein, ad Epps e Leonard, i cui contratti scadevano alla fine della stagione 7, un taglio sui compensi (utile a ripianare i continui aumenti a quelli di Laurie, tra le altre cose). E la Edelstein, a differenza degli altri due, non ha accettato.
Diretto da David Shore e con il titolo super-TROLL di Everybody Dies, l’ultimo episodio di House va in onda in America il 21 maggio del 2012 (sembra ieri, eh? Fanno sette anni e spicci). Un finale nel complesso soddisfacente, in cui sostanzialmente Gregory House si comporta da Gregory House per un’ultima volta. I fan si attendono almeno una comparsata della Cuddy, una capatina, un cameo veloce, visto che sono tornati per un saluto tutti gli altri, pure quelli passati a miglior vita (grazie mille, vecchio ma sempre funzionale trucco delle allucinazioni), e visto che hanno trascorso anni a shippare la coppia. Ma no, niente, non c’è. Non si può avere sempre quello che si vuole, cantavano dei tizi che magari avete sentito in giro.
La Edelstein sarebbe tornata comunque in camice nel 2018, per The Good Doctor, creato come detto da uno dei papà di House. Guardi questo remake di una serie coreana con lo stesso titolo e ti chiedi se ci starebbe bene una come la Cuddy… E toh, eccola. Non sarà mai lupus, ok, ma lupus in fabula qualche volta sì.