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Gli anni della fine del millennio e delle torri che vengono giù. Un po’, per milioni di spettatori sparsi in tutto il pianeta, anche gli anni di Ally McBeal, l’avvocatessa in carriera di Boston interpretata da Calista Flockhart. Cinque stagioni di premi, guest star famose, arresti… e polemiche sulla visione della donna nella serie. Ma facciamo un bel passo indietro: com’è nata Ally McBeal?
È il 1997 e David E. Kelley, sceneggiatore classe ’45 del Maine che ha messo in piedi da qualche anno una sua compagnia di produzione, è famoso per due cose. La prima è che mezzo mondo – giustamente – lo odia perché è il fortunato consorte di Michelle Pfeiffer dal 1993. La seconda è che le storie ambientate nei tribunali sono il suo pane quotidiano. Il primo copione che ha venduto, a inizio anni 80, era un legal thriller (Colpo di scena, 1987) e tra l’86 e il ’94 è stato sceneggiatore e poi produttore esecutivo della serie Avvocati a Los Angeles (L.A. Law) della NBC.
Dopo La famiglia Brock (Picket Fences), con le sue atmosfere alla Twin Peaks, e il medical drama Chicago Hope, nel ’97 Kelley torna agli avvocati. Crea The Practice – Professione avvocati, che è ambientato a Boston, come il suo spin-off Boston Legal (2004) e come quest’altra serie con cui The Practice condividerà alcuni personaggi e dei cross-over veri e propri. Uno show sempre del ’97 su una giovane avvocatessa: Allison Marie McBeal, detta Ally.
Ally McBeal è Calista Flockart, trentatreenne dell’Illinois che viene dai palchi di Broadway e, dopo aver collezionato varie particine minori (ad esempio in Quiz Show di Robert Redford), è in ascesa in quel di Hollywood, con film come Piume di struzzo (The Birdcage) o Drunk. L’attrice che un giorno diverrà la dolce metà di Harrison Ford non è interessata al provino che Kelley le propone: le serie TV sono troppo impegnative, dice. Poi il copione la convince e vola a Los Angeles per incontrare il produttore.
Il resto del cast che orbita attorno allo studio Cage & Fish presso cui lavora Ally è pieno di volti che sono già o diventeranno famosi in TV o sul grande schermo: Courtney Thornes Smith, appena reduce da Melrose Place; Greg Germann, Lisa Nicole Carson (impegnata contemporaneamente ai tempi sul set di ER. Avrebbe lasciato in seguito la recitazione per molti anni), Jane Krakowski (National Lampoon’s Vacation, Attrazione fatale), Peter MacNicol (Il drago del lago di fuoco, Ghostbusters II), Gil Bellows (Le ali della libertà).
La serie debutta negli USA, sulla Fox, l’8 settembre del ’97, con una prima stagione da 23 episodi. Gli ascolti sono subito ottimi: 11 milioni di americani seguono le vicende di Ally McBeal, la sua ricerca dell’uomo giusto, i casi affrontati in tribunale. Da noi bisognerà attendere il 2000 per il suo approdo su Italia 1.
Ma è con la seconda stagione, nel ’98, che il fenomeno Ally McBeal esplode. La serie entra nella top 20 e raggiunge una media di 13 milioni di spettatori a puntata. È proprio nella stagione 2 che fanno il loro ingresso nello show alcuni dei suoi volti più celebri. L’aggressiva e seducente Ling Woo, interpretata da Lucy Liu, e la Nelle Porter di Portia De Rossi.
Con la terza stagione gli ascolti iniziano a calare e continueranno lentamente a farlo, fino al tracollo nella quinta e ultima serie. Intanto la Fox lancia nel ’99 il bizzarro spin-off Ally, un lotto di puntate da mezz’ora in stile sitcom, ottenute riciclando le scene di vita privata della protagonista già viste nella serie madre e mischiandole a del girato inedito. Solo la Ally di tutti i giorni, niente processi in tribunale. L’esperimento ha però vita breve e vengono mandati in onda una decina di episodi sui 13 assemblati.
Ally McBeal, la serie principale, è intanto finita nel mirino di alcuni critici. E, più in generale, al centro di un dibattito mediatico su che volto dovrebbe avere il femminismo nel nuovo millennio ormai alle porte.
Mentre la serie viene coperta di Emmy e di Golden Globe, nel ’98 scoppia la polemica. L’immagine di una donna in carriera dev’essere – si chiedono quelle voci critiche – legata all’immagine di personaggi femminili sexy, sentimentalmente instabili e spesso molto meno preparati dei colleghi maschi? Nonostante la presenza di donne forti nello show, come Renee e Ling, e nonostante il fatto che tanti altri vedano proprio nella protagonista una figura femminile ben tratteggiata, negli USA si discute per mesi delle donne della serie di Kelley.
Il Time la tocca pianissimo, in un numero di giugno del ’98, piazzando in copertina, su campo nero, i volti di tre figure cruciali nel movimento per l’emancipazione delle donne, Susan B. Anthony, Betty Friedan e Gloria Steinem, seguiti da quello della Flockhart. Sotto il quale campeggiava la scritta rossa “Is Feminism Dead?”. Gli autori di Ally McBeal giocheranno sulla cosa in un episodio della seconda stagione, nel quale Ally confessa a John (MacNicol) di aver fatto uno strano sogno. Il suo volto sulla copertina del Time, come simbolo del femminismo.
Sia quel che sia, Ally McBeal va avanti. A fare breccia, oltre ad amori e casi affrontati dai suoi avvocati, sono la natura particolare della serie, quei suoi momenti surreali chiamati ad esprimere pensieri e sogni a occhi aperti dei protagonisti, e la colonna sonora degli stessi. Ognuno degli interpreti principali finisce per avere dei pezzi che lo seguono – come il tema della strega dell’Est del Mago di Oz per Ling, o “You’re the First, the Last, My Everything” per John – e Vonda Shepard, musicista pressoché sconosciuta che appare nei panni di se stessa, cantando al bar frequentato da Ally e colleghi, diventa famosa.
Nella quarta stagione arriva Robert Downey Jr., futuro cuore – un po’ in tutti i sensi – del Marvel Cinematic Universe, ma ai tempi ancora alle prese con troppi demoni personali. In bustine trasparenti. Quando lo prendono per interpretare il nuovo amore di Ally, Larry Paul, l’attore è stato appena scarcerato, dopo l’ennesimo arresto per droga di una serie che sta allungando dal ’96. Il suo Larry piace: Robert Downey Jr. viene nominato all’Emmy, vince un Golden Globe, scrive pure un brano per la Shepard e interpreta un duetto con Sting. Dovrebbe essere felice, ma si sfonda di droghe, si sente uno schifo e non gliene frega niente della sua carriera.
Lo pizzicano di nuovo con la coca, in un albergo di Palm Springs. Firma lo stesso un contratto per apparire nella quinta stagione, ma quando lo arrestano un’altra volta, qualche mese dopo, Kelley lo licenzia e fa riscrivere i copioni per poterne fare a meno. Buttando a mare tanto i piani per un matrimonio tra Larry e Ally, quanto il personaggio che aveva rivitalizzato lo show. molto più delle tante stelle della musica infilate, in una o più puntate, da Kelley e i suoi (giusto per citarne qualcuno, Barry White, Sting, Tina Turner, Macy Gray, Elton John, Gloria Gaynor e soprattutto Jon Bon Jovi, apparso in ben 11 episodi).
La quinta stagione di Ally McBeal – in cui debuttano nella serie James Marsden e Hayden Panettiere – diventa così l’ultima. Ally lascia la Cage & Fish, Boston e i suoi amici, e se ne torna a New York. L’ultima puntata, la 112a, va in onda il 20 maggio del 2002. Cosa resta, diciassette anni dopo, di questa serie? Il suo modo innovativo, almeno per gli standard televisivi, di raccontare le emozioni, non temendo praticamente mai di percorrere al galoppo la via del bizzarro. E l’immagine di questa avvocatessa che, adatta o meno a ricoprire il ruolo di emblema o antitesi del femminismo che fosse, è rimasta nell’immaginario collettivo. Parte del collage di quegli anni, appunto.
Il penultimo episodio della prima stagione di Futurama, “Attacco alieno” (When Aliens Attack), mostrava ad esempio le conseguenze cosmiche nell’anno 3000 dell’aver impedito nel ’99 la messa in onda dell’ultimo episodio della serie TV “L’avvocatessa single” (Single Female Lawyer). Gli abitanti di Omicron Perseo 8 non l’avevano presa benissimo: mai togliere a degli alieni dall’incazzatura facile il piacere di sapere come si conclude l’epopea personale di un avvocato terrestre alla ricerca della felicità, nonostante i 1.001 anni di differita.
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