Cinema Recensioni

Spider-Man: Far From Home, illusione è potere nel film Marvel: la recensione

Pubblicato il 05 luglio 2019 di Lorenzo Pedrazzi

Se è vero che Spider-Man è il supereroe con cui è più facile relazionarsi, allora non è così stupefacente che questa versione dell’Arrampicamuri sia l’emblema delle Generazioni Y/Z, da cui ricava moltissimi tratti essenziali. La lezione, in fondo, è ancora quella tramandata da Stan Lee e Steve Ditko: il “supereroe con superproblemi” deve riflettere le ansie, le lotte e le aspirazioni del suo fruitore ideale, innescando un rapporto di empatia e identificazione – non venerazione – con lo sventurato protagonista. I Marvel Studios ne hanno fatto tesoro, e in Spider-Man: Far From Home continuano a trascinare Peter Parker fuori dalla sua comfort zone, dove riemergono i dubbi e le inquietudini che accomunano Millennials e Post-Millennials, ma anche un’entusiasmo fanciullesco e una familiarità con la tecnologia che si rivelano salvifici.

Nel conflitto tra grandi poteri e grandi responsabilità, il film si ritrova anche a dover ricostruire il Marvel Cinematic Universe sulle macerie di Avengers: Endgame, ma lo spassoso incipit dimostra che questo universo narrativo è sempre disposto a sdrammatizzare le sue scelte iconoclaste, perché lo spettacolo – in un modo o nell’altro – deve continuare. Le vacanze estive giungono quindi nel momento migliore per Peter e i suoi compagni, bisognosi di relax dopo gli eventi apocalittici degli ultimi anni: gli studenti della Midtown High School partono infatti per l’Europa, e la prima tappa è Venezia, dove Peter spera di trovare un monile in vetro da regalare a MJ. Traspare subito quel contrasto tra senso del dovere ed esigenze personali che caratterizza le storie dell’Uomo Ragno fin dagli esordi, una frattura interna che separa la vita pubblica (le imprese supereroistiche, l’altruismo, il sacrificio, la responsabilità) dalla vita privata (l’amore, la felicità, l’autostima, il piacere). Perché, anche se cambia continente, Peter Parker è sempre Spider-Man, e la carenza di eroi spinge Nick Fury a rivolgersi a lui quando i misteriosi Elementali attaccano la Terra: d’altra parte, Tony Stark ha eletto Peter a suo “erede”, e persino un duro come Fury ascolta l’opinione di Iron Man.

Così facendo, il regista Jon Watts e gli sceneggiatori Chris McKenna ed Erik Sommers impostano l’avventura in modo diverso dai precedenti film ragneschi, mettendo Spidey a confronto con minacce teoricamente più grandi di lui, pur essendo ispirate ad alcuni supercriminali di serie B come Molten e Hydro Man. Il jolly della situazione è Mysterio, uno dei nemici più contorti e affascinanti del Tessiragnatele, che qui interpreta un ruolo giustamente ambiguo: Quentin Beck si presenta come un guerriero dotato di poteri mistici, proveniente da una realtà parallela che è stata distrutta proprio dagli Elementali… una storia drammatica e ben confezionata, perfetta per smuovere la “pancia” dell’opinione pubblica. Ecco che allora Spider-Man: Far From Home si conferma un blockbuster dei nostri tempi, capace di evocare alcuni punti critici del mondo contemporaneo. Se il colpo di scena su Mysterio è abbastanza prevedibile, la sua caratterizzazione funziona bene proprio in rapporto all’attualità, intrisa di media e social media che filtrano le notizie per una platea globale. Non a caso, la manipolazione delle informazioni e l’ossessione per lo storytelling sono i cardini della minaccia che Peter deve combattere, ben celati tra le nebbie verdastre del cattivo. Distorcere la verità, creare uno spauracchio, imbastire una storiella e soffiare fumo negli occhi della gente: è il manuale del provetto disinformatore, sintetizzato in un personaggio vistoso ed egomaniaco che fa dell’autorappresentazione (e qui ritorna l’ossessione per lo storytelling) una ragione di vita.

Jake Gyllenhaal è bravo a dosare i toni, senza mai gigioneggiare o eccedere nel macchiettismo. A ben vedere, le azioni del suo Mysterio ci dicono anche qualcosa sul cinema hollywoodiano, grande gioco di specchi che si affida a un modello spettacolare ripetitivo – con l’effetto “facile”, le parole “giuste” – per sbalordire gli spettatori, contando sulla digitalizzazione per nascondere le proprie carenze. L’antagonista viene quindi razionalizzato e inserito in un contesto più ampio, come l’Avvoltoio di Homecoming, e quello che perde in spessore “iconico” lo guadagna in valore “metaforico”. C’è comunque spazio per una lunga sequenza d’azione (tra le più visionarie nella storia del MCU) che ricorda le stravaganti allucinazioni dei fumetti, anche se resta un po’ isolata in questo processo di razionalizzazione. Di fatto, Mysterio e gli Elementali servono per posare un ulteriore tassello formativo sul cammino di Peter, mettendo in luce la goffaggine e la passione di un adolescente che vuole solo un po’ di tempo per sé, da condividere con gli amici e l’amata MJ. Le ottime prove di Tom Holland e Zendaya comunicano esattamente questo: l’incertezza di due Post-Millennial alle prese con l’espressione della loro intimità. Il fatto che debbano districarsi in un groviglio di illusioni è quantomeno paradossale, dato che il meccanismo di “illusione-delusione” è tipico di ogni innamorato, soprattutto in età puberale.

È un film molto eterogeneo Spider-Man: Far From Home, forse anche troppo, nel senso che talvolta la sceneggiatura fatica a tenere insieme ambientazioni e personaggi, risultando un po’ confusa nel ruolo che Nick Fury (Samuel L. Jackson) e Maria Hill (Cobie Smulders) giocano in questa faccenda. Eppure, il ritmo scalpitante e le gag brillanti riescono a celarne i limiti, proprio come la nebbia o le illusioni di Mysterio, e talvolta viene il dubbio che i Marvel Studios stiano riflettendo su loro stessi quando mettono in scena un antagonista del genere. Può essere vero in parte, ma i film del MCU reinterpretano l’antico cinema delle attrazioni con una trasparenza che molti blockbuster hollywoodiani non hanno, e Far From Home appartiene alla medesima categoria: intrattenimento onesto, che cerca di parlare al suo pubblico attraverso riferimenti condivisi.

Da non perdere le due scene bonus, dopo e durante i titoli di coda. Il vero epilogo dell’Infinity Saga è questo, poiché lancia il Marvel Cinematic Universe in una dimensione potenzialmente nuova, sia per l’Arrampicamuri sia per gli altri eroi, offrendoci due indizi sorprendenti e un ritorno graditissimo. Insomma, lo spettacolo deve continuare.

Non perdete il nostro canale ScreenWeek TV su Youtube. Inoltre, ScreenWEEK è anche su Facebook, Twitter e Instagram.

[widget/movie/35535]