La casa di carta, ScreenWEEK intervista il cast: «Vedendo la serie, la gente capisce di avere potere»

La casa di carta, ScreenWEEK intervista il cast: «Vedendo la serie, la gente capisce di avere potere»

Di Lorenzo Pedrazzi

È impossibile rubare un miliardo di euro senza farsi qualche nemico, e infatti i protagonisti de La casa di carta hanno tutta l’Interpol alle calcagna, dopo aver compiuto la rapina del secolo alla Fábrica Nacional de Moneda y Timbre. Nella terza parte dell’acclamata serie iberica, uscita oggi su Netflix, la squadra guidata dall’ineffabile Professore sembra cavarsela piuttosto bene: i membri del gruppo si sono divisi in coppie, e vivono felici ai quattro angoli del globo, nascondendosi in paradisi senza estradizione. Purtroppo, però, questa serenità ha vita breve. Quando Rio e Tokyo si separano perché quest’ultima ha bisogno di maggiori stimoli, Rio viene catturato, e la squadra si riunisce per sferrare un attacco al cuore del “sistema”, cercando al contempo un modo per liberare il compagno.

Ebbene, la terza stagione dello show è stata presentata ufficialmente a Milano, dove ho potuto intervistare Úrsula Corberó (Tokyo), Esther Acebo (Stoccolma), Jaime Lorente (Denver), Miguel Herrán (Rio) e Luka Peros (il neo-arrivato Marsiglia). Quest’ultimo è l’uomo del mistero, e durante l’intervista non si è voluto sbottonare troppo circa il suo personaggio, ma durante la conferenza stampa ha rivelato qualcosa in più:

Marsiglia è un personaggio nuovo, come Palermo. È lì per proteggere la banda e il piano: un uomo del mistero, ma anche d’azione.

L’attore croato sembra anche dotato di una coscienza politica più spiccata rispetto ai colleghi, dovuta forse anche all’età. In riferimento a Bella ciao, adottata dalla serie come inno alla resistenza, Peros ha detto che la celebre canzone partigiana ha il potere di unire i popoli:

Credo che la canzone Bella ciao, con le sue origini antifasciste, sia importante ancora oggi perché la gente – in Italia come in Sud America e ovunque – è stufa. Stufa delle grandi banche che rubano alle classi basse e medie. Non è una presa di posizione politica, è solo che al pubblico piace vedere questi ladri [i protagonisti della serie, ndr] che rubano ai ricchi, colpendo quella minoranza che detiene la maggior parte della ricchezza.

A dire il vero, anche Úrsula Corberó pare avere le idee chiare sulle ragioni che spingono il pubblico a identificarsi con la banda:

Mi sembra di capire che le persone, vedendo la serie, si entusiasmino perché in un certo senso capiscono di poterlo fare anche loro. Capiscono di avere potere.

L’intervista a Jaime Lorente, Miguel Herrán e Luka Peros

Per Úrsula, dichiaratamente femminista, il tema dell’empowerment femminile è importantissimo, anche perché le donne de La casa di carta non sono mere comparse in un contesto maschile:

Questa non è una serie particolarmente femminista, ma vanta personaggi femminili potenti, e sono rimasta sorpresa quando ho letto i copioni: non si tratta di donne che si limitano ad accompagnare i personaggi maschili, hanno un grande potere.

La collega Esther Acebo sa bene di cosa parla: in fondo, il suo personaggio attraversa un processo di emancipazione molto vistoso, passando da amante del direttore a complice dei rapinatori. Sta crescendo un figlio piccolo con Rio, ma è soprattutto una donna che si batte sempre per la sua autonomia, come si vede nei primi episodi della stagione.

L’emancipazione è un tema importante per Monica: non è solo madre e moglie, è una donna, sa cosa vuole e come raggiungerlo.

Quando viene domandato al cast di commentare il successo popolare delle maschere di Dalì, ormai utilizzate in varie manifestazioni anche nella vita reale, è stata proprio lei a sentirsi in dovere di rispondere:

È giusto che risponda io, dato che ero un ostaggio e poi sono entrata nella banda. Il segreto della serie è che ogni personaggio non è una caricatura, ma un vero essere umano, e possiamo simpatizzare con loro. Di conseguenza, il pubblico empatizza con i ladri, e da qui credo scaturisca l’utilizzo della maschera nelle manifestazioni.

Úrsula ha aggiunto:

All’inizio, per noi non era chiaro il ruolo che avrebbe avuto la maschera. Quando la vedo, però, mi ricordo i primi giorni delle riprese, quattro anni fa: è come vedere un quadro di casa tua, un’immagine familiare.

L’intervista a Úrsula Corberó ed Esther Acebo

In effetti, né il cast né i realizzatori de La casa di carta si aspettavano un successo così travolgente… a parte uno. Miguel Herrán ha infatti rivelato che Enrique Arce – l’interprete di Arturo – aveva previsto la fortuna della serie fin dalle prime battute.

Enrique Arce, l’attore che interpreta Arturito, ha creduto al successo della serie fin dall’inizio. Quando l’abbiamo presentata al festival di Burgo, dicevamo tra noi di volare bassi ed essere cauti, non creare troppe aspettative… mentre Enrique lo sapeva: “Se la Spagna non è preparata per questa serie, il mondo lo sarà” ci disse.

All’inizio non doveva nemmeno esserci una terza stagione:

Non abbiamo pensato fin dal principio di fare una terza stagione, all’inizio doveva essere una sola, con un inizio e una fine. Ma il pubblico voleva sapere cosa sarebbe successo ai personaggi dopo la rapina, e il budget [grazie all’intervento di Netflix, ndr] c’era, quindi l’abbiamo fatta.

Il budget è cresciuto, ma le dinamiche di gruppo non sono cambiate, come ha detto Esther Acebo.

Ho l’impressione che nella terza stagione sia cambiato tutto, ma al contempo che non sia cambiato nulla. È come se ci avessero dato dei nuovi giocattoli per volare sempre più in alto, ma la serie è rimasta la stessa. Il lavoro è così intenso, dobbiamo essere così uniti e aperti, che nella nostra collaborazione non è cambiato nulla: siamo come una famiglia.

Una famiglia con quasi un miliardo di euro da investire nella lotta contro le istituzioni, per liberarsi dal giogo dell’economia globale e del capitalismo neoliberista: questa, almeno, sembrerebbe la “filosofia” del Professore, sempre in bilico tra l’aura del rivoluzionario e quella del comune ladro. Il successo della serie rispecchia l’ascesa della banda nell’immaginario collettivo, ed entrambe vengono utilizzate come modello di resistenza, dimostrando quanto l’industria culturale produrre sappia produrre sia la tesi sia l’antitesi, sia i virus sia gli anticorpi. Di questo paradossale meccanismo, La casa di carta è uno degli esempi più significativi.

La casa di carta

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