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Good Omens, una spassosa Apocalisse con attori formidabili: da oggi su Prime Video

Pubblicato il 31 maggio 2019 di Lorenzo Pedrazzi

L’Apocalisse prende strade impensabili se i suoi demiurghi sono Neil Gaiman e Terry Pratchett, autori del romanzo da cui è tratto Good Omens. Il creatore del Mondo Disco purtroppo non c’è più, ma Gaiman gli rende onore con una serie molto fedele al libro, almeno per quanto riguarda i primi due episodi, che ho potuto vedere in anteprima alla presentazione ufficiale italiana. Nel frattempo, però, le sei puntate della miniserie sono uscite oggi su Amazon Prime Video, giusto in tempo per scoprire che la fine del mondo, nelle mani di questi due autori, può essere molto divertente.

Le sceneggiature sono curate dallo stesso Neil Gaiman, che trova una soluzione semplice ma efficace per sbrogliare l’intricata matassa del romanzo: il racconto è incorniciato dalla voce extradiegetica di Dio (Frances McDormand), che fa da narratore e – con velata malizia – stabilisce un parallelismo tra il suo ruolo e quello degli autori, uniche “divinità” dell’opera letteraria. La sua narrazione non si limita a introdurre il contesto della trama, dal Giardino dell’Eden ai giorni nostri, ma si prende carico di spiegarne con ironia i passaggi più complessi, che anche nel libro richiedono la presenza costante del narratore.

Ovviamente i protagonisti sono l’angelo Aziraphale (Michael Sheen) e il demone Crowley (David Tennant), che vivono sulla Terra fin dalla Creazione, confondendosi tra gli umani mentre lavorano per i rispettivi “capi”. Ormai sono abituati ai piaceri terrestri, quindi non accolgono con gioia l’imminente Apocalisse, ma l’Inferno è già all’opera: l’Antricristo è nato, e dovrà essere scambiato con il figlio di un potente ambasciatore americano in terra inglese, sicché possa crescere in un ambiente privilegiato. È qui che la voce extradiegetica dimostra il suo valore: l’equivoco che porta a scambiare il bambino sbagliato, affidando l’Anticristo alle cure di una comunissima famiglia della classe media, è raccontato dal narratore senza esitazioni, mentre il regista Douglas Mackinnon lo mette in scena con grande senso del ritmo e dei tempi comici. Intanto, Crowley e Aziraphale mettono in moto il loro piano per impedire l’Apocalisse, dando al bambino un’educazione contrastante che lo mantenga in equilibrio tra bene e male. Peccato però che sia il ragazzino sbagliato: l’angelo e il demone, legati da un’insolita amicizia, se ne rendono conto quando l’Inferno manda un terrificante mastino per proteggere l’Anticristo, e il cane non si presenta alla porta dell’Ambasciatore. Il vero Anticristo vive infatti nella campagna inglese, si chiama Adam ed è cresciuto come un bambino normale, ignaro delle sue origini. Quando il mastino fa per andare da lui, Adam esprime il desiderio di ricevere un cagnolino per il suo compleanno, e il mostruoso cerbero si trasforma in un cucciolo innocuo.

Nonostante questi ostacoli, la fine è sempre più vicina. Crowley e Aziraphale devono trovare Adam in fretta, ma sulle tracce del bambino c’è anche la giovane Anatema (Adria Arjona), ultima discendente di una strega che predisse molti eventi futuri, compresa l’Apocalisse.

La commistione di fantasy e umorismo non è affatto banale, eppure funziona grazie alla solidità della scrittura e al talento sopraffino del cast. David Tennant, movenze da rockstar e fascino luciferino, è il contraltare perfetto per il candido portamento di Michael Sheen, e le caratterizzazioni visive dei personaggi sono un notevole valore aggiunto nel processo di trasposizione. Non si può dire lo stesso per gli effetti digitali, goffi ed economici, ma il risultato finale non ne viene intaccato: anzi, la loro semplicità naïf si accorda con l’atmosfera generale, leggiadra e variopinta.

L’intelligenza di Good Omens sta proprio nella sua capacità di rielaborare un intero retaggio culturale sotto forma di farsa, assegnando al sovrasensibile gli stessi difetti della natura umana: ottusità, passioni incontrollate, piccoli vizi e nevrosi quotidiane. Ne è un esempio l’Arcangelo Gabriele di Jon Hamm, così sicuro della propria superiorità rispetto agli umani, ma incapace di comprenderli. Crowley e Aziraphale sono invece l’anello di congiunzione tra i due mondi, quindi soggetti alla nostra empatia: conoscono gli uomini e, ormai, ne condividono lo stile di vita. La loro bizzarra alleanza è il focus della narrazione, che però si dirama in un racconto corale, ricco di personaggi, miti e situazioni paradossali.

Ne deriva una celebrazione del pensiero indipendente che sfocia nella vittoria della cultura sulla natura, dove l’educazione e l’ambiente contano più del sangue, senza lasciare spazio ad arcaiche “predestinazioni”. E si ride parecchio, che non guasta.

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