Reincarnazioni, fantasmi e storie di migranti: Atlantique, il bel film vincitore del Grand Prix al Festival di Cannes

Reincarnazioni, fantasmi e storie di migranti: Atlantique, il bel film vincitore del Grand Prix al Festival di Cannes

Di Andrea D'Addio

Quando ho saputo che il nostro Atlantique era stato selezionato per il concorso ufficiale di Cannes non sapevo che ero la prima regista nera ad esser mai arrivata così in alto. O che c’era quindi ancora tanta strada da percorrere prima che un fatto del genere diventasse normale“. Così Mati Diop, padre senegalese, madre francese, ha risposto sulla Croisette a chi le faceva notare già lo straordinario risultato raggiunto presentando il suo film alla prestigiosa kermesse transalpina. Non sapeva che, circa una settimana dopo, la sua sorpresa sarebbe stata ancora più grade. Atlantique ha vinto il secondo riconoscimento più prestigioso del festival, il Grand Prix della giuria. Lei, sul palco, ha ripetuto più volte i ringraziamenti, sembrava in tilt per l’emozione, non sapeva come andare avanti tanto che a fermarla è dovuto intervenire il presentatore della cerimonia. Il premio, a nostro avviso, era meritato.

Atlantique è infatti uno dei migliori lavori dell’edizione 2019 di Cannes. Vi si racconta una storia d’amore a Dakar tradita dalla società senegalese di oggi sullo sfondo di una vecchia legenda islamica legata ai fantasmi. Suleiman è un giovane operaio impegnato nella costruzione di un grattacielo sull’Oceano Atlantico. Non viene pagato e così decide di intraprendere il troppo famoso viaggio della speranza, l’attraversamento del Mediterraneo in barca. Ada, la sua amata, per mesi non ha sue notizie e così finisce così acconsentire al matrimonio con un ricco della zona. Durante la festa di fidanzamento accade però qualcosa di inspiegabile. Si avverte la presenza di Suleiman anche se nessuno davvero lo vede. Non solo: l’impresario edile che non versava gli stipendi riceve la visita notturna di un gruppo di donne che sembrano in trance…

Mischiando reale e magia, Mati Diop realizza un dramma capace – dopo una prima parte forse contemplativa – di appassionare sia a livello visivo che di suspense, con tanto di finale da thriller. Si parla di amore, sfruttamento del lavoro, separazioni, vendette, libertà e leggende, costruendo un racconto pieno di trovate narrative e metafore. Lo fa mettendo al centro il personaggio di Ada (interpretato magnificamente dall’affascinante Mame Bineta Sane), emblema di un modo di essere donna che non accetta compromessi. La forza del film è tanto in lei quanto nell’essere una pellicola universale, specchio del Senegal odierno tanto quanto di qualsiasi altra parte del mondo dove esistono lo sfruttamento del lavoro e la speranza che prima o poi arrivi un destino a rimettere le cose a posto.

Una scena del film

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