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Captain Marvel: non il film che ci meritavamo ma quello di cui avevamo bisogno

Pubblicato il 06 marzo 2019 di Roberto Recchioni

Prima di cominciare, è necessaria una premessa: delle polemiche contro il film, portate avanti dalla comunità nerdica alt-right e da quella “incel” (i celibi involontari, se non ne sapete nulla, è molto meglio così, fidatevi) non me ne frega assolutamente nulla.


Sì, sono un maschio bianco di quarantacinque anni ma non sono un nerd sociopatico, uno che odia le donne o che si sente minacciato da loro o un razzista. 
Sono cresciuto con serie televisive come New York, New York, Pepper, La Donna Bionica, Xena – Principessa guerriera, Buffy l’ammazzavampiri, Alias, Godless. I protagonisti di alcuni dei miei film preferiti si chiamano Ellen Ripley, Sarah Connor, Laurie Strode, che non mi sembrano nomi da uomo. La maggior parte delle mie opere (tra romanzi e fumetti) ha proprio delle donne come protagoniste. Ma, cosa più importante di tutte: io non sono un’eccezione. Come me ci sono tanti altri uomini che non hanno il minimo problema a fruire opere con una donna forte come protagonista e che, a dirla tutta, non fanno nemmeno particolare caso alla cosa.

Quindi, adesso sarebbe il momento di dirvi che questa recensione non terrà conto del fattore “me too” nel valutare gli esiti della nuova pellicola dei Marvel Studios ma non sarà così. Ne terrà conto eccome, perché è la cosa migliore e più riuscita di un film, altrimenti, piuttosto trascurabile.

Le premesse minime: chi è Captain Marvel? Il personaggio nasce nel 1967, dall’immaginazione di Stan Lee e dai pennelli di Gene Colan. Ed è un uomo. Un guerriero della razza Kree, piombato sulla terra nel bel mezzo di una guerra galattica contro i mutaforma Skrull. Il personaggio piace e gli viene presto affiancata una controparte femminile, creata da Gerry Conway e John Buscema, Ms. Marvel
. La “Signora Marvel” è un classico personaggio della Casa delle Idee di quegli anni, molto attenta a calare i suoi eroi nel contesto del tempo presente e a rappresentare tutte le forze di una società in forte mutamento (sempre in quegli anni nasce anche un personaggio come Luke Cage, che intercetta i movimenti delle Pantere Nere, per dire) ed è una femminista dura e pura (fin troppo, nel suo essere stereotipo di un certo tipo di pensiero). La sua prima serie autonoma vive giusto due anni, poi il personaggio diventa uno dei tanti comprimari del vasto pantheon marvelliano. Nel frattempo, il manto di Captain Marvel, dopo la drammatica dipartita di quello originale, passa ad altri personaggi: Monica Rambeau (primo Captain Marvel donna, umana e di colore), Genis-Vell (un Cap Marvel nato in provetta), Phyla-Vell (altra creazione in provetta, donna, bisessuale), Noh-Varr (un guerriero Kree ma proveniente da una dimensione parallela). Bisogna aspettare fino al 2012 per vedere Carol Danvers, Mrs. Marvel, prendere il grado di “Capitano” e diventare il personaggio che oggi conosciamo. Il film, ambientato negli anni ‘90, semplifica di molto le origini del personaggio, facendo una crasi tra le vicende dell’originale Mrs. Marvel con quelle degli altri Capitani, dando una coerenza al tutto. Inoltre, si pone come tassello fondamentale dell’universo cinematografico Marvel perché è proprio grazie all’arrivo (o al ritorno, fate voi) di Carol Danvers sulla Terra che nasce l’iniziativa Avengers e si sviluppano le vicende legate al Tesseract (il Cubo Cosmico, per i fan Marvel della vecchia scuola). Come ultima nota, la pellicola ha anche un importante aggancio con Avengers: Infinity War e candida il personaggio per un ruolo di primo piano nel futuro Avengers: Endgame.

In poche parole, bello o brutto che sia, questo Captain Marvel è una visione obbligata per chi non vuole perdere il filo delle vicende dell’universo cinematografico Marvel.


Ok, ma il film, com’è?
Dipende da che punto di vista lo volete vedere.

Siete amanti del cinema in quanto tale?
È una robina trascurabile, televisiva in tutto, con un linguaggio poco coerente che alterna un approccio da Sundance Film Festival quantomeno consapevole (frutto del background dei due registi) a lunghe sequenze da action anni ‘90 (fatte con lo stampino e senza un grande dispiego di mezzi, come la produzione di Feige impone). Il reparto scrittura è firmato da otto persone (OTTO!) e si vede, perché il film continua ad alternare toni diversi e fa una gran fatica nel cercare di soddisfare tutte le istanze in ballo. Di contro, non è un disastro (e poteva esserlo) e ha qualche momento, di solito quelli scorporati dalla trama principale, registicamente molto riuscito.

Se, invece, siete dei Marvel Zombie, potreste amarlo alla follia come odiarlo.
Da una parte, è un tassello fondamentale di tutto l’universo cinematografico della Casa delle Idee. Riempie parecchi buchi, spiega molte cose, pone delle basi per il futuro. Dall’altra parte, trasforma il personaggio di Fury in una macchietta e delega la risoluzione di alcuni aspetti fondamentali della storia alle gag di un gatto. Diciamo che se siete di quelli che odiano i momenti comici tipici di tanti film Marvel e la loro diffusa mancanza di dramma ed epicità, questo non è proprio il film che fa per voi.

Ma, la verità, è che questo film non è rivolto agli amanti del cinema o ai Marvel Zombie.

Questo film è rivolto alle ragazzine e al loro bisogno di una nuova generazione di role model con cui interfacciarsi.
E, sotto questo punto di vista, è proprio riuscito.

Perché è zeppo di personaggi femminili forti, equilibrati e capaci di autoderminarsi e di non lasciarsi sottomettere.
La scena di Carol Danvers che rivede tutte le volte che è “caduta” e tutte le volte che si è rialzata, vale il prezzo del biglietto: quello per voi e quello per vostra figlia. O figlio. Perché Captain Marvel è un bel tipo di eroe e funziona così bene da spingere anche i maschietti a volersi identificare con lei. Certo, la visione del film mi ha fatto capire come si devono essere sentite tutte le ragazze che, nel corso degli anni, ho costretto a vedere film action anni ‘80 e ‘90, quel genere di pellicole in cui gli eroi erano tutti maschi duri e tormentati mentre, le donne, sempre relegate al ruolo delle femme fatale o delle inutili spalle comico-romantiche ma, sapete che c’è? È giusto così.

Perché di questi tempi, forse Captain Marvel non è il film che ci meritiamo (perché ci dovremmo meritare sempre del buon cinema) ma è di sicuro il film di cui abbiamo bisogno.

P.S.
Una nota che con il film c’entra poco.

La pellicola si apre con una logo animation dedicata a Stan Lee molto emozionante e ci fa vedere (per l’ultima volta, immagino) il sorridente sullo schermo, intento a leggere le sue battute in Mallrats, il film di Kevin Smith in cui interpreta sé stesso (giusto per far capire che siamo negli anni ‘90). È tutto molto bello e molto commovente. E anche giusto. Però, però non ce la faccio a non pensare che magari, due parole almeno su Kirby o Ditko, i Marvel Studios ogni tanto dovrebbero spenderle.

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