The Vanishing – Il Mistero del Faro: la terrificante storia che ha ispirato il film

The Vanishing – Il Mistero del Faro: la terrificante storia che ha ispirato il film

Di Filippo Magnifico

La luce di un faro illumina la notte. Regala un senso di sicurezza ma anche una profonda solitudine. Soprattutto se si guarda al passato.
Oggi i fari sono obelischi tecnologici in grado di funzionare in autonomia, con il supporto ma senza la costante presenza di un custode. Un po’ di anni fa, però, la situazione era diversa. Essere il custode di un faro era una professione romantica, è vero, ma implicava giorni, notti, settimane, passate in completa solitudine.
Immersi nell’oscurità dell’oceano, come una stella sul punto di implodere, i guardiani dei fari erano l’unica certezza per i marinai, inghiottiti dal buio più profondo.

Il Faro delle isole Flannan

C’è una storia in particolare che da oltre un secolo continua ad alimentare moltissime leggende.
Parla di solitudine ed è legata ad un faro, appunto.
Ruota attorno a tre uomini, tre custodi di un faro, misteriosamente scomparsi nel 1900.
Questa storia è stata recentemente trasformata in un film dal regista danese Kristoffer Nyholm. Intitolato The Vanishing – Il Mistero del Faro, il film in questione arriverà nelle nostre sale il 28 febbraio.
Nel cast grandi nomi come Gerard Butler (Attacco al potere, Dragon Trainer, Coriolano, 300), Peter Mullan (Tirannosauro, War Horse, Trainspotting) e il giovane Connor Swindells, recentemente visto nella serie Netflix Sex Education.
La pellicola rielabora in maniera particolarmente suggestiva una storia all’insegna del mistero, piena di domande che, molto probabilmente, non troveranno mai una risposta. Cerchiamo di conoscerla meglio.

Un mistero irrisolto

Le Isole Flannan, conosciute anche come Seven Hunters, sono un piccolo gruppo di isole situate al largo della costa scozzese. La loro storia inizia nel 1600, quando un abate e predicatore irlandese, San Flannan, sceglie quel luogo per il suo ritiro spirituale. Lì, l’abate Flannan, trascorre circa dieci anni, fino al suo decesso. A testimonianza del suo passaggio su quelle isole, una piccola cappella.

Negli anni successivi molte imbarcazioni prendono in considerazione le isole per le loro rotte navali. Senza tenere conto, però, delle insidie che quel percorso nasconde.
Molti marinai perdono la vita lungo quella rotta, proprio per questo, verso la fine del 1800 la Northern Lighthouse Board decide di avviare la costruzione di un faro. Viene costruito nei pressi della cappella dell’abate Flannan, sull’isolotto di Eilean Mòr.

Essere il custode del faro delle Isole Flannan non è un compito semplice. Sull’isola non ci sono risorse. I custodi vengono riforniti ogni 15 giorni circa con tutti i beni di prima necessità.
Questo quando il mare è clemente, ovviamente.
Perché molto spesso le avverse condizioni atmosferiche comportavano ritardi sulle consegne. Ulteriori giorni di solitudine.

Soli, circondati dall’acqua, in compagnia dei gabbiani.

Per questo servono uomini esperti, dai nervi saldi, in grado di adattarsi ad ogni situazione. In grado di sopportare il fatto di trovarsi nel bel mezzo del nulla, soprattutto.
E, in teoria, James Ducat, Thomas Marshall e Donald MacArthur (tre è il numero perfetto per mantenere un equilibrio, per non sprofondare nella follia) sono le figure giuste, con la giusta esperienza.
Ma forse non è così.

La scoperta

Il 15 dicembre del 1900, Il piroscafo Archtor, di passaggio tra le isole Flannan, nota che il faro non è in funzione. Ma per una serie di (sfortunate) coincidenze nessun prende in considerazione la cosa. Soltanto il 26 dicembre, con 6 giorni di ritardo dovuti al tempo avverso, la nave adibita al rifornimento Hesperus approda sull’isola.
Quel giorno l’atmosfera è diversa.

Il capitano Jim Harvie non trova nessuno ad accoglierlo. E questo è molto strana, perché chi passa molto tempo in solitudine non vede l’ora di incontrare facce nuove. Muore dalla voglia di sentire una voce diversa.
C’è qualcosa che non va e la conferma definitiva arriva nel momento in cui i marinai decidono di entrare nel faro.
Lo trovano vuoto, disabitato. Sul tavolo i resti di un ultimo pasto, consumato giorni prima.

Cosa è successo? Che fine hanno fatto i tre custodi?

Forse alcuni indizi si possono trovare nel diario di Thomas Marshall, uno dei guardiani, che ha descritto così gli ultimi giorni di permanenza sull’isola:

  • 12 dicembre: burrasca da nord-nordovest. Mare furioso. Non ho mai visto una tempesta simile. Onde altissime colpiscono il faro. Tutto nella norma. James Ducat irritabile.
    [Poco più tardi] La tempesta infuria ancora, il vento è costante. Impossibile uscire. Nave di passaggio suona la sirena. Si potevano vedere le luci delle cabine. Ducat Tranquillo, McArthur piange.
  • 13 dicembre: La tempesta è continuata per tutta la notte. Vento da ovest a nord. Ducat tranquillo. McArthur prega.
    [Più tardi] Mezzogiorno, luce diurna grigia. Io, Ducat e McArthur preghiamo.
  • 14 dicembre: vuoto
  • 15 dicembre: Tempesta finita, mare calmo. Dio veglia su tutto.

Cosa è successo?

Il soprintendente Robert Muirhead del Northern Lighthouse Board si occupa delle indagini. Secondo la sua analisi i tre uomini, impegnati a recuperare una cassa, sono stati trascinati via da un’onda che ha raggiunto la scogliera, a 34 m sopra il livello del mare. Una teoria che chiude la questione dal punto di vista legale, ma non tutti sono pronti ad accettare questa conclusione. A cominciare dalle famiglie dei diretti interessati.

Nel corso degli anni molte teorie sono state formulate per cercare di fare luce su questo mistero.
Alcune sono particolarmente razionali. Altre tirano in ballo il paranormale, fantasmi, alieni e mostri marini. La verità, molto probabilmente, non la sapremo mai.

Il film

The Vanishing – Il Mistero del Faro prova ad immaginare quello che è successo. Le circostanze che hanno portato alla scomparsa dei tre custodi.
Nel farlo mette in scena il dramma solitario di tre uomini, soffermandosi su uno di loro in particolare: James Ducat, interpretato da Gerard Butler. Il più forte, ma al tempo stesso il più fragile. Sull’orlo di un baratro che conduce verso la follia.

A proposito del film e del suo personaggio, l’attore ha detto:

La sceneggiatura è scritta benissimo ed è una storia così insolita. Mi ha attirato subito, perché non sapevo dove sarebbe andata a parare. All’inizio, James sembrava uno dei personaggi più normali e mi chiedevo se sarebbe stato abbastanza impegnativo per me. Ma poi ha raggiunto dei livelli inimmaginabili. L’idea di interpretarlo è cominciata a diventare sempre più forte.

La sua è una lenta discesa negli inferi, concreti ma anche psicologici. Un’interpretazione che non lascia di certo indifferenti:

È un percorso affascinante perché non solo sta perdendo la testa, ma dovevo anche capire come rappresentare tutta questa situazione. Attraverso una disconnessione? Un comportamento imprevedibile? La violenza? C’erano così tanti posti diversi in cui potevo andare. È stato molto divertente metterlo in pratica, ho finito per attingere alla mia follia e poi il resto è venuto da sé.

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