Il guardiano del faro: da sempre in cima alla lista dei mestieri maggiormente intrisi di poesia, e comunemente considerato un “lavoro da sogno” che in cambio di poca fatica regala la serenità. La realtà dei fatti, ad ogni modo, è sempre stata ben diversa, soprattutto in tempi remoti, lontani dalla automatizzazione odierna. Un impiego duro, specializzato, relativamente solitario e spesso anche pericoloso. Lo sanno bene due faristi veterani come Thomas e James ma anche un novizio come il giovane Donald. Tutti e tre serviranno sullo sperduto faro delle isole Flannan: i turni sono di sei settimane, isolati nel vero senso del termine, e densi di attività gravose da portare avanti per garantire l’incolumità delle navi che transitano l’area. Ma proprio quando la routine sta per prendere il sopravvento accade un imprevisto: i tre trovano un naufrago mezzo morto, recante con sé una strana cassa per proteggere la quale, a quanto pare, è disposto a tutto. Gli eventi precipitano repentinamente, mettendo a rischio la salute mentale e la stessa incolumità fisica degli occupanti dell’isola…
Le vicende narrate in The Vanishing – Il Mistero del Faro sono di fantasia, ma traggono spunto da un fatto realmente accaduto e a cui non è mai stata trovata una spiegazione: che fine hanno fatto gli ormai leggendari tre guardiani del faro delle isole Flannan, repentinamente scomparsi dalle coste scozzesi senza preavviso o spiegazione alcuna più di un secolo fa? Poche e incerte le tracce lasciate prima della loro scomparsa, tra cui l’inquietante diario giornaliero di uno di loro, che traccia unicamente una situazione poco serena all’interno del gruppo di lavoro. Cos’è successo realmente in quel dicembre del 1900? Nel corso dei decenni si sono susseguite le ipotesi più disparate: da quelle più realistiche, legate a condizioni meteo avverse, a quelle legate a probabili dissapori finiti in tragedia; ma c’è chi ha azzardato tirando in ballo il soprannaturale e perfino gli alieni! Il cineasta danese Kristoffer Nyholm tenta ora, grazie alla sceneggiatura ideata da Joe Bone, di dare una sua versione dei fatti: romanzata, senza dubbio, ma molto profonda e densa di tensione.
La pellicola, forte di un cast essenziale e ben scelto, si dipana tramite gli sguardi e le trasformazioni dei suoi interpreti, tra cui troviamo un promettente Connor Swindells, un espressivo Peter Mullan e un intenso Gerard Butler, il cui impegno drammatico si nota, più nei silenzi che nelle parole. La storia vive di contrasti e presagi: la natura violenta e inarrestabile della natura, che si riflette in quella dell’uomo, ad esempio. Un uomo che tenta di imbrigliare entrambe ma a fatica, non senza forzature. Tutto ciò si incontra in una bella e attenta fotografia, in una misurata gestione degli spazi, ora sconfinati ora angusti, e in un copione che potrebbe sembrare inizialmente dispersivo per poi rivelarsi, invece, asciutto e ricco di simbologie e significati più o meno nascosti. Difficile esplicitare di più senza scendere nello spoiler, ma va riconosciuta una certa abilità nello scandagliare l’animo umano e le sue possibilità, messo alle strette.
Si potrebbe obiettare che la vicenda in sé è pretestuosa e i personaggi troppo archetipali: quel che conta però è il risultato, ovvero una pellicola in cui la tensione cresce inevitabilmente ogni minuto che passa e in cui si è profuso l’impegno di raccontare il molto nel poco.